Dopo vent’anni vissuti correndo in equilibrio precario alla ricerca di un limite elusivo, fermarsi non significa necessariamente tagliare i ponti col passato. Semplicemente, è un’occasione per interpretarlo sotto un’altra prospettiva. Come quando si sfoglia un album fotografico dimenticato su uno scaffale impolverato per qualche tempo. Le tinte delle immagini sembrano diverse, forse emergono dettagli ai quali non si era fatto caso, ma i contorni restano immutati e ben definiti.
Cosa resta di una carriera da pilota, dove tempo e spazio vengono compressi dalla velocità? Ce lo racconta Carlos Checa, di passaggio a Jerez nei panni di ambasciatore Ducati e, soprattutto, di sé stesso — uno dei personaggi più amati e rispettati della Superbike.
Cosa combini di questi tempi?
“Non sono ancora al 100% dopo l’infortunio all’anca – spiega – L’incidente è stato abbastanza grave, ed anche l’intervento chirurgico ha presentato qualche complicazione. All’inizio mi avevano detto che sarei tornato completamente a posto in quattro mesi. Comunque resto molto attivo, non mi annoio di certo. Faccio trekking, vado in bicicletta, giro con la moto da trial, e sto prendendo una licenza di volo. Sto facendo molte cose per me stesso. Finalmente ho tempo e la libertà di farlo”.
Nessun rimpianto a vedere gli ex-rivali correre?
“Quando ho detto basta, avevo già deciso. L’infortunio ha aiutato questo processo, ma era già un desiderio che avevo”.
Hai mai pensato di rientrare nel paddock in una veste differente? Recentemente Max Biaggi ha lanciato l’ipotesi di diventare manager in Moto2…
“Tutto è possibile (ride). Mi piace questo ambiente e questo sport, sicuramente posso ricoprire ruoli diversi, ma ancora non ho nulla in mente. Dopo vent’anni di corse, il mio primo obiettivo è quello di recuperare fisicamente e divertirmi. Faccio le cose in modo diverso ora che ho più tempo. Un giorno forse ne avrò abbastanza e vorrò concentrarmi solo su una cosa, ma quel momento non è ancora arrivato”.
Hai delle proposte concrete?
“Rainey mi ha chiamato per sapere se volevo aiutarlo con il campionato AMA. Mi ha detto che lo vuole riorganizzare e mi ha chiesto se fossi disponibile ad aiutarlo. Altri mi hanno chiesto di fare dei test. Dorna mi ha contattato. Ma ad oggi non mi vedo a fare un lavoro e soltanto quello. Se mi venisse fatta una proposta particolarmente interessante per me, forse. Ma per ora no”
Il momento più bello della tua carriera?
“Vincere il titolo ha chiuso il cerchio. Non per il titolo in sé, ma perché ho riscattato me stesso. Sono stato capace di essere un Carlos Checa migliore di quello che sbagliava, cadeva, sentiva la pressione. L’anno scorso l’obiettivo era quello di rimettermi alla prova con nuovo progetto, non è andata come speravamo, ma ho chiuso la mia carriera con la sensazione di aver fatto tutto nel miglior modo possibile, di essere stato il miglior Carlos possibile, soprattutto negli ultimi quattro o cinque anni”.
Cosa resta di questi vent’anni da pilota?
“Personalmente, una delle cose più belle sono i rapporti che ho mantenuto con il mondo delle corse. Sono stato a Silverstone ed ora qui a Jerez, ed ho incontrato tanti amici. Mi sono sentito apprezzato. È bello”.
Ultimamente sembra che molti piloti SBK vogliano andarsene in MotoGP…che ne pensi?
“La SBK ha bisogno di più ingredienti, di nomi di prestigio, di personaggi. L’anno scorso pensavo che sarebbe stato un buon momento per piloti come Nicky Hayden o Colin Edwards per venire qui, ma hanno preferito restare dov’erano. In passato, molti piloti del motomondiale hanno accettato la sfida SBK per vincere. Io, Melandri, Biaggi, Toseland, Haga, e tanti altri. Ma devi venire qui con la voglia di vincere. Comunque, sono tempi duri per le corse in generale”.
Che ne pensi del nuovo regolamento?
“Ridurre la tecnologia ha senso sotto diversi punti di vista, ma resta da capire quanto appeal abbia il campionato per piloti, sponsor, e soprattutto la TV”.
Il mercato, poi, sembra solo in leggera ripresa…
“Yamaha vuole correre qui con una nuova moto, ma le vendite rappresentano ancora un problema. Per le moto sportive non sono alte. Ho chiesto a Yamaha e Honda perché non fanno una vera Superbike omologata solo per l'uso in pista. La risposta è sempre quella: le vendite sono troppo basse. Ma sarebbe una bella possibilità per far crescere i campionati nazionali a basso costo, ed aumentare la sicurezza in strada, perché certe moto sono troppo impegnative anche per un pilota fuori dalla pista”.
Sembri sereno…
“Non sento più lo stress, ma il primo giorno di volo in solitario l’ho ripreso senza problemi (ride). Mi piace condurre uno stile di vita attivo, ma anche stare a casa a leggere un libro o guardare un film”.
Sei sempre stato lo scapolo d’oro della SBK. Hai intenzione di accasarti?
“Ora che non corro, è la stessa cosa. L'essere single non dipende dall’essere pilota. È una scelta di vita. Ancora non mi vedo in una casa con una famiglia. Forse tra qualche anno, ma per ora no, perché mi piace fare tante altre cose. Se decidessi di impegnarmi, lo farei al 100% e impiegherei la maggior parte del mio tempo in questo”.
Come definiresti il tuo “buen retiro”?
“Per ora vivo come in un parco giochi. Mi piace provare tutte le giostre. Sono a Disneyland, voglio usare i miei biglietti”.