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California, il sogno secondo Moto Guzzi

Da Pasadena a Malibu a cavallo dell'ammiraglia di Mandello, bisonte elegante dai modi gentili

Moto - Test: California, il sogno secondo Moto Guzzi

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L’inverno è distante, ma la California si può sognare anche d’estate. Luogo dell’anima, Eldorado di spensieratezza, tavole da surf e ragazze in bikini. Essendo motociclisti, ci mettiamo anche Laguna Seca e le colline che si affacciano sull’oceano con le loro strade che sembrano disegnate da un dio che ama le pieghe. La California è anche una moto, nata nel 1971, quella che usavano gli agenti del LAPD, la polizia di Los Angeles. Quarant’anni più tardi è ancora viva e vegeta, la anti-Harley per eccellenza, quella che dimostra – con una punta di orgoglio nazionalistico - che una cruiser con due pistoni grossi come un fiasco di vino non la sanno fare solo gli yankee.

CALIFORNICATION – Quando te la trovi davanti, con i suoi 337 kg appoggiati a una stampella di ferro, ti chiedi se il terreno riuscirà a sostenerla. La Moto Guzzi è una signora che da ferma chiede rispetto, eppure la sua linea fa girare la testa più di tante ragazzine. Quei due cilindri – inconfondibili – che entrano nel serbatoio, la gonna delle due valigie nella versione Touring la rendono ancora più aggraziata. C’è la giusta quantità di cromature che non ne rovinano l’eleganza e un occhio moderno che illumina la strada.

Non resta che accenderla, ed ecco che prende vita scotendosi come un bufalo nel recinto. Una vibrazione che scuote il manubrio, che la fa sembrare una bestia da domare. Eppure è comoda, con quel sellone che ti fa pensare a un Coast to Coast e il manubrio che – sulla Custom – sembra fatto apposta per le tue braccia. Tiri la frizione, neanche con troppa forza, e inserisci la prima con la leva a bilanciere. Il ‘clok’ ti dice che l’operazione è andata a buon fine. Puoi partire.

Moto Guzzi CaliforniaAUTOSTRADA PER L’INFERNO – Nei primi metri ti prende di sorpresa. Dove sono finite le vibrazioni che ti scuotevano fermo allo stop? Scomparse, merito del montaggio elastico del motore. La Highway ci attende, e con lei la possibilità – sfumata – di incontrare sulla nostra strada i CHIPs. Intanto Poncherello sarà già in pensione.  Le marce vanno dentro una dietro l’altra senza troppo sforzo e il bicilindrico di 1.400 dimostra di avere coppia da vendere (120 Nm a 2.750 giri, il dato dichiarato), che si dimostra ben più che gradita quando si vuole sorpassare senza scalare.

La strada dritta invita a giocare con il cruise control e le tante informazioni visualizzabili sullo strumento circolare, che garantisce buona visibilità. Il divertimento però dura poco perché Los Angeles non è famosa solo per Hollywood e le sue spiagge ma anche per il traffico. In America tutto è più grande, figuriamoci gli ingorghi. Mettiamo alla prova la frenata e i due grossi dischi (320 mm di diametro con attacco radiale) fermano il mastodonte con assoluta facilità e se ci fosse qualche problema l’ABS veglia su di noi.

Sei corsie tutte bloccate. La California non ha l’agilità di uno scooter, ma si destreggia inaspettatamente bene fra le colonne di auto bloccate. La frizione non indolenzisce le dita e il motorone fa il resto, facendola serpeggiare fra le colonne di veicoli. Il manubrio offre un buon controllo e solo il calore che arriva dai cilindri disturba il comfort. Le temperature non sono proprio californiane (poco sopra i 20°) ma il caldo sprigionato dal bicilindrico raffreddato ad aria e olio si sente.

MULHOLLAND DRIVE – Finalmente l’autostrada finisce e iniziano le colline. Los Angeles è un ricordo alle nostre spalle, mentre l’asfalto incomincia a salire e curvare, infilandosi dentro ai canyon. Mulholland Drive, David Lynch le ha dedicato un film, gli smanettoni della domenica infiniti video su You Tube. Mentre una replica accurata di Marquez su una supersportiva giapponese con un tubo al posto dello scarico ci supera, ci chiediamo come la Moto Guzzi si comporterà tra saliscendi e tornanti.

Bene, è la risposta che sorprende anche noi. Se si vuole un po’ di brio in più si può passare alla mappa Veloce (belli i nomi in italiano), ma la Turismo è perfetta anche in queste condizioni. La California affronta le curve veloci con stabilità di riferimento, entra ben piantata al suolo e ne esce fuori allegra. Dietro c’è un gommone da 200 per dare trazione e se non bastasse i controlli elettronici. In verità non se ne sente quasi il bisogno, ma è bello sapere che ci sono e che una disattenzione non significherà trovarsi a terra con più di tre quintali da rialzare.

Nemmeno i tornanti più stretti mettono in crisi la Moto Guzzi. Niente manovre da TIR, basta accompagnarla e il resto lo fa lei. La luce a terra è buona sulla Custom, un po’ meno sulla Touring che ha un posteriore più basso e il cavalletto striscia abbastanza presto. Il telaio è riuscito, sincero in ogni situazione, e le sospensioni (non regolabili) sono il giusto compromesso tra comfort e stabilità. I due ammortizzatori posteriori però galleggiano nel caso di buche o avvallamenti presi a medie velocità.

UN MERCOLEDI’ DA LEONI – La strada scollina e all’orizzonte si intravede l’oceano. O meglio, si dovrebbe. Perché la California non si risparmia in quanto a nebbia e umidità e negli ultimi chilometri – pardon, miglia – sono sull’asfalto bagnato. Poco male, la Moto Guzzi danza paciosa fra le curve e quando le nuvole scompaiono la vista lascia senza fiato. Ci godiamo la strada, con il motore che borbotta e l’aria salmastra che ci stuzzica le narici. La California si lascia guidare in completo relax e – per una volta – il panorama ha la meglio su di lei.

Parcheggiata sulla spiaggia di Malibu, a pochi metri da dove fu girato il capolavoro di John Milius, attira più di uno sguardo. Un paio di motociclisti si fermano a guardarla. Un asiatico in giacca e cravatta prima chiede di sedersi sopra e poi l’indirizzo di un concessionario. La sua linea mescola classico e moderno, piace a prescindere dai gusti personali. Ci godiamo un po’ di sole e pensiamo che forse un film se lo meriterebbe anche lei.

Per realizzare il sogno California vi servono poco meno di 20mila euro per la Touring, duemila più basso quello della Custom. Poi è tutto nelle vostre mani.

Per vestirci da veri biker abbiamo usato i seguenti capi Dainese e AGV.

AGV RP-60

L’RP60 rappresenta la proposta AGV dedicata allo stile retrò, riprendendo dalla propria tradizione quello stile inconfondibile che i suoi piloti (primo fra tutti Renzo Pasolini) hanno portato in pista nel passato. La calotta in fibra di vetro ACF (Advanced Composite Fiber) garantisce sicurezza e leggerezza. Il peso del casco è di appena 960 g (+/- 50 g nella taglia M - versione ECE 2205) e consente di limitare l’affaticamento e le sollecitazioni di collo e spalle, tipiche dell’utilizzo della moto.

Gli interni, removibili e lavabili, sono in Dry-Comfort con trattamento igienizzante che evita la formazione di batteri e previene le allergie. La dotazione di serie dell’RP60 include gli occhialoni da moto in puro stile retrò (solo nella versione ECE 2205) ed il tettuccio fumé trasparente. Il sistema di ritenzione ha la chiusura DD con doppio anello.

Stripes Evo

Dall’introduzione di nuove soluzioni tecniche, si rinnova uno dei best seller di Dainese, dando vita a Stripes Evo. Questo capo sprigiona un fascino ed uno stile inimitabile, mantenendo quei segni distintivi che l’hanno sempre contraddistinta: la pelle bovina trattata con resine e olii, per conferirle un look vintage, un taglio asciutto e moderatamente sportivo, i dettagli in pelle bovina crosta.

La versatilità di questa giacca è ancora migliorata, aggiungendo alla fodera termica removibile anche una nuova costruzione delle prese d’aria sul petto, in grado di mantenere un’apertura ottimale durante la marcia. Disponibile anche in versione estiva, con pelle con foratura piazzata, Stripes Evo è dotata di protettori compositi removibili e connessione con pantalone tramite zip.

Double Down

Ventilazione e comfort di marcia anche quando la temperatura sale, sono il concetto che ha portato allo sviluppo di questo guanto estivo dotato di tessuto mesh traforato sul dorso e sull’interno delle dita, per consentire al flusso d’aria di lambire le mani. Dotato di inserti in pelle di capra su nocche e dita, palmo rinforzato e regolazione dell’ampiezza del polso, Double Down si caratterizza da per un’ergonomia eccellente ed un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Street Biker D-WP

La Street Biker D-WP® è pensata per essere una scarpa giovane e alla moda impreziosita da dettagli tecnici che la rendono certificata CE – Cat II e perfetta per sfrecciare nel traffico cittadino. La realizzazione della tomaia in pelle bovina scamosciata con inserti in tessuto ad alta tenacità garantisce il miglior mix di fashion e resistenza. E’ dotata di paramalleoli in nylon e inserti rifrangenti che ne aumentano la sicurezza attiva e passiva. Il comfort di guida e la versatilità sono affidati agli interni in membrana D-WP® impermeabile e traspirante.

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