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SBK, Misano: il bello, il brutto, il cattivo

Sykes da vittima a carnefice. Melandri trova conferme, occasione sprecata per Giugliano

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Nonostante le maniere affabili e giocose, Tom Sykes scherza solo senza tuta e casco indosso. Nessuna commedia è andata in scena sul palcoscenico della Superbike a Misano, dove il britannico campione in carica, vittima a Sepang, si è trasformato in un carnefice chirurgico, insaziabile, spietato. Una sorta di sdoppiamento della personalità degno di una novella di Robert Louis Stevenson, che consegna al pubblico un Sykes finalmente più umano nonostante le doti fuori dal comune. Ha corso con rabbia e lanciato dardi verbali velenosi nei confronti del compagno di squadra. Il "killer instinct" agonistico mostrato dal pilota di Kawasaki (alla terza "doppia doppietta" del 2014 dopo Aragon e Donington) ha lasciato gli avversari a leccarsi le ferite.

IL BELLO – Lo spettacolo offerto da Sykes si addice di più ai palati fini che al pubblico generalista. Vederlo uscire di traverso dal Curvone non può che far battere forte i cuori, ma nella sua ricetta ci sono solitamente pochi sorpassi (ieri, poi, partiva dalla pole) e tanti giri veloci. Questo però non sminuisce il valore di Sykes. Al giro di boa del campionato, il vento gli soffia in poppa (39 punti su Sylvain Guintoli, 41 su Loris Baz) mentre i rivali sono costretti a remare controcorrente. A chi pensava che detenere il titolo fosse più difficile che conquistarlo, ricordiamo anche che ha già 6 vittorie in carniere, solo tre in meno dello scorso anno con ancora 12 manche da disputare.

IL BRUTTO – Se Superbike è sinonimo di manovre al limite e spettacolo, qualcuno si è dimenticato di spiegarlo a Sykes. Al di là della sua fuga in entrambe le gare, anche la relativa strettezza della pista di Misano di certo non ha favorito i sorpassi. A tenere alta l'attenzione degli spettatori (60mila dichiarati in tutto il week-end, si poteva sperare in qualcosa di più) ci ha provato Melandri, ma Baz ha chiuso saggiamente ogni porta. Menzione d'onore per gli innumerevoli sorpassi di Giugliano (leggi sotto) in Gara2, ma le telecamere inquadrano raramente le retrovie ed il pubblico a casa (quello a cui mirano gli sponsor latitanti) rischia nel frattempo di cambiare canale.

IL CATTIVO – A prescindere dai cambi regolamentari, Kawasaki ed Aprilia col passare del tempo restano indiscutibilmente le moto da battere. Lungi dal fargliene una colpa ma, degli ultimi 18 gradini del podio (tre gare), 16 sono andati a loro. Honda e Ducati sono cresciute, ma procedono a fasi alterne. Suzuki sembra aver perso la rotta dopo un inizio di stagione entusiasmante. MV Agusta aspetta il 2015, Bimota l'omologazione, EBR (nonostante gli sforzi) forse un miracolo. Le nuove specifiche tecniche dovrebbero, teoricamente, mischiare le carte. Servirebbero più protagonisti.

LA DELUSIONE – Quando dice che in Gara2 aveva il passo per scappare nei primi, gli crediamo. Peccato però che Giugliano abbia anticipato la partenza. Il romano è velocissimo e generoso, a volte all'eccesso. Dopo la "stecca" di Gara1 ad Imola, un'altro errore veniale pagato a carissimo prezzo. Un vero peccato, perché ne falsa la percezione dall'esterno. Il talento, forse ancora un po' da sgrezzare, c'è tutto. Lo scorso anno, con Aprilia, metteva spesso dietro gli ufficiali. La Panigale non gli concede ancora lo stesso margine. Miglioreranno, entrambi.

LA CONFERMA – Nonostante il divario da Tom Sykes in classifica sia aumentato (72 punti), Melandri e Aprilia sembrano finalmente aver fatto pace. A Misano, il ravennate ha conquistato il quarto podio consecutivo. In Portogallo, tra due settimane, avrà una buona occasione. Lo scorso anno vinse a Portimão su BMW, e la pista dovrebbe favorire sia l'Aprilia che il suo stile di guida. Quale migliore occasione per suggellare la fine di un periodo nero? Se non bastasse, a fine luglio diventerà papà.

Cambiando discorso, l'Italia va a gonfie vele nelle categorie minori: podio tutto azzurro nella Stk600 (Faccani, Caricasulo, Stirpe), Savadori torna al trionfo nella 1000 (terzo Massei), e…MV Agusta (con Cluzel) vince ancora nella Supersport. A Santa Monica, l'inno di Mameli si è ascoltato spesso.

L'ERRORE – Un caso insolito. Dopo essersi fratturato il piede nei test con la Suzuki MotoGP a  Phillip Island, Eugene Laverty lo ha rifatto in Gara1…spingendo sulle pedane. "Riesco a camminare senza problemi, ma l'osso è rotto proprio dove devo fare leva quando guido, e credo di aver fatto più danni che in Australia", ha detto l'irlandese.

LA SORPRESA – Più di una, nelle retrovie. Barrier, al rientro dopo un grave incidente d'auto, ha lottato da subito con i migliori della EVO. Goi, da wild-card su Ducati EVO, ha chiuso entrambe le gare a punti, e Russo (dopo il divorzio con Lorini in WSS), si è adattato subito alla Kawasaki EVO terminando Gara2 in quattordicesima posizione. Ben fatto.

IL SORPASSO – Non gli è valso la vittoria né tantomeno il podio, ma l'entrata di Rea ad Elias al curvone in Gara2 ha confermato semmai ce ne fosse bisogno il coraggio del pilota nordirlandese.

LA CURIOSITÀ – Le mansion della safety car si possono evincere dal nome stesso, ma spesso si tratta di auto dalle elevate prestazioni. A Misano, l'autista si è fatto prendere la mano – o meglio, il piede – prima della gara della European Junior Cup. Il risultato? Diverse ammaccature, e quasi sicuramente una sonora strigliata.

IO L'AVEVO DETTO – "Il polso infortunato mi ha tolto 3/4 decimi al giro", sentenziò Sykes al sabato. Le cose sono due: o ha trovato una medicina miracolosa per la gara, o ha fatto egregiamente pretattica. Propendiamo per la seconda...

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