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SBK, Imola: il mito di Senna contagia le 2 ruote

I piloti della SBK, tra pellegrinaggi al Tamburello e caschi dedicati, omaggiano il pilota brasiliano

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"Il mio nome è Ayrton, e faccio il pilota, e corro veloce per la mia strada", cantava Lucio Dalla. Quel nome, Ayrton, così esotico, diverso ma ormai familiare anche per chi non vive le corse (e magari nemmeno le ama), sembra echeggiare da ogni muretto, cordolo, o granello di asfalto dell'autodromo Enzo e Dino Ferrari. Che cosa rappresenti, tutti lo sanno e nessuno lo riesce ad esprimere fino in fondo.

Passione, dedizione assoluta, spiritualità, maestria, leggenda, sono alcune delle parole che vengono in mente, nessuna delle quali cattura la vera essenza del pilota brasiliano, scomparso troppo presto – vent'anni fa, proprio ad Imola – ma immortale nel ricordo. Chiunque abbia vissuto o viva la velocità sente ancora una fitta al cuore rivivendo il suo schianto, o magari libera un sorriso pensando alle sue imprese (Donington '93, forse, la più iconica), oppure semplicemente chiude gli occhi e corre, velocissimo, immedesimandosi in lui. Ayrton, un uomo sconosciuto ai più e probabilmente il pilota più celebre di sempre.

Il mito di Senna ha contagiato tanti sportivi, soprattutto piloti, ben oltre la sfera delle quattro ruote. Diversi assi della Superbike – la quale, ci piace pensare, il brasiliano ha seguito agli albori, da appassionato di moto (possedeva diverse Ducati) – hanno voluto tributare il proprio omaggio al campione nel luogo dove ha corso per l'ultima volta in un maledetto week-end di inizio maggio nel 1994.

Eugene Laverty, per esempio, ha portato dei fiori alla sua statua (al Tamburello). Niccolò Canepa e Lorenzo Zanetti ne hanno ripreso i colori del casco. Entrambi bambini quando Senna scriveva le sue pagine migliori, sono comunque cresciuti con i racconti e le immagini delle sue gesta, a testimonianza di una leggenda universale e senza tempo, che si tramanda da una generazione all'altra, come i racconti epici cristallizati da Omero. Il bresciano della Supersport è addirittura riuscito ad onorarne la memoria vincendo la sua prima gara nella categoria, dedicandola anche all'amico scomparso Andrea Antonelli.

"La mia prima, vera passione erano le auto, soprattutto Formula 1 e rally – ha confessato Zanetti – Mi sembrava giusto, a 20 anni dalla sua scomparsa, omaggiare in qualche modo Senna su questa pista. Avevo molta pressione addosso, anche perché correvo in casa ed il mio compagno di squadra aveva trionfato in casa sua ad Assen. Psicologicamente, poi, è un casco molto pesante da portare".

"Anche se qui non ci sono bandiere, anche se qui non ci sono sigarette e birra, che pagano per continuare, per continuare poi che cosa?", continuava la canzone. Lo spettacolo, potremmo rispondere, la ricerca del limite proprio e del mezzo, o forse, semplicemente, la vita. Ayrton…sembra quasi di sentire il suo nome, pronunciato dalla mamma Neide (dalla quale aveva preso il cognome) con quell'accento mellifluo che sapeva di affettuoso rimprovero, perché lui era vicino ma irraggiungibile.

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