C’era bisogno di una gara in cui alla fine non ci fossero musi lunghi e risposte politiche, mentre la mente pensava a tutt’altro. C’era bisogno che quei numeri incominciassero a riavvicinarsi allo zero invece che continuare a salire. C’era bisogno di un GP come quello del Qatar, non un weekend da far gridare al miracolo ma concreto, buono per capire che gli sforzi dell’inverno non sono stati fatti invano e avere una spinta per continuare.
La gara di Losail è stata quella della svolta per la Ducati, che dopo i test pre-stagionali ci sperava, ma allo stesso tempo sapeva che le indicazioni vere sul proprio lavoro le avrebbe avute solo in gara. Il quinto posto di Dovizioso sul traguardo – benché il migliore degli ultimi anni – conta poco, anche perché viziato da molte cadute. Ben più importante il distacco finale dal primo che è – quasi chirurgicamente – stato dimezzato rispetto a dodici mesi fa. Un piccolo riassunto lo trovate nella tabella qui sotto e sembra che la Rossa sia veramente riuscita a invertire quella spirale negativa di cui parlavo Dall’Igna a febbraio.
La scorsa domenica il Dovi e la Desmosedici sono riusciti a fare meglio di tre anni fa (quando si correva ancora coi motori di 800 cc) e a risalire una china che sembrava orami diventata così scivolosa da non fornire nessun appiglio. Il punto più basso era stato raggiunto nel 2012 ma era cambiato poco nel 2013 quando i 4 secondi in meno per portare a termine la gara potevano essere considerati un miglioramento ininfluente di fronte a un gap enorme rispetto ai primi.
La D16 ora è sembrata una moto non tanto più veloce sul giro secco – siamo nell’ordine dei due decimi in gara – quando nel ritmo di gara, l’unica cosa che fa la differenza. Del resto passi avanti in qualifica se ne erano fatti anche nel 2013 (quarto posto sulla schieramento anche in quel caso e un mezzo secondo tolto rispetto alla stagione prima) ma sulla distanza la Rossa continuava a soffrire. Nonostante la gomma morbida, quindi, il risultato delle ultime qualifiche è stato ben più veritiero.
Dovizioso ha fatto solo tre giri sopra il 1’57” e nell’ultimo passaggio è stato più lento di meno di tre decimi rispetto alla sua migliore prestazione in gara. Lo scorso anno, invece, aveva girato per 11 giri in 1’57 e per due addirittura sopra il 1’58”. Soprattutto il suo non è stato un caso isolato perché, se la prestazione di Crutchlow è stata limitata da problemi al trasponder, Iannone aveva un ritmo del tutto simile a quello dell’altro Andrea. Il pilota Pramac è arrivato al traguardo con 43 secondi di ritardo dal primo. Guardando i cronologici, si scopre che la caduta gli è costata all’incirca una trentina di secondi. Considerando che ha dovuto poi correre una gara in rimonta, rallentato dai sorpassi, è realistico pensare che anche lui avrebbe potuto giocarsela con Dovizioso e Aleix Espargaró.
Ipotesi a parte, un miglioramento c’è stato ed è difficilmente giustificabile solo da qualche litro di benzina in più. Dall’Igna è riuscito a rendere la Desmosedici più concreta, pur non avendone eliminato ancora tutti i limiti, come quello cronico del sottosterzo. Fatto il primo passo, ora bisogna completare la ricorsa, impresa non facile quando le lepri si chiamano Honda e Yamaha. Ci sono ancora 17 gare per farcela ma la partenza è stata – quasi – perfetta.