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MotoGP, Costa: lascio un sogno in buone mani

"Importante designare un successore. Zasa ha un cuore giovane e tanta voglia"

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Nella tradizione mitologica, storie e figure si ripetono, adattandosi a tempi e luoghi, con una funzione innanzitutto illustrativa. Attraverso le vicende di Dei ed Eroi, paradossalmente più facili da comprendere di quelle dell'esistenza quotidiana, l'Uomo dà più facilmente un senso al mondo ed alla vita nel suo incessante divenire. Accanto all'eroe, nel mito, c'è spesso una figura "di spalla" (che Propp definisce come aiutante magico o donatore), meno in luce del protagonista, ma fondamentale nella riuscita dell'impresa. Nelle moto, e non solo, questa figura è incarnata dal Dottor Claudio Marcello Costa.

Il "dottorcosta", epiteto con il quale viaggia da quasi quarant'anni tra i circuiti di tutto il mondo in qualità di medico, consulente, ma soprattutto amico dei piloti, è nato ad Imola nel 1941. Sempre tra le rive del Santerno, nel 1973, ha mosso i suoi primi passi in qualità di "angelo custode", soccorrendo Geoff Duke alle Acque Minerali, dove era presente in qualità di semplice spettatore di una gara organizzata dal padre Checco. Un gesto compiuto con il cuore prima ancora che la ragione, come tanti altri nel prosieguo della sua lunga carriera che, dal 1977, ha assunto i contorni più organizzati dell'ormai famosa Clinica Mobile. Un luogo dove vengono curati anima e corpo dei piloti, e che ora verrà custodito dal suo discepolo Michele Zasa.

"Provo una grande gioia al pensiero di aver fatto tutto questo", ha commentato Costa (non senza una lunga pausa nel suo respiro), guardando un filmato che ne ripercorreva la lunga e onorata carriera sulle piste. "Si è trattato di un sogno, di una storia con tanti capitoli. Il più brutto è rappresentato dalla scomparsa simultanea di Renzo Pasolini e Jarno Saarinen a Monza nel 1973. I più belli sono tutti quelli in cui il pilota è risorto dalle ferite. Ho deciso di designare il mio successore quando c'era ancora tempo. Zasa ha la stessa età che avevo io quando ho cominciato questo lavoro, il suo cuore è giovane e ha voglia".

Il cuore del dottorcosta non sarà altrettanto "fresco", ma batte ancora forte, ricordando le innumerevoli "partite a scacchi con la morte" (espressione a lui cara). Una delle prime risale al 1977, quando la Clinica Mobile debuttò nel paddock a Salisburgo. Un intervento di Costa, da lui stesso definito un "bacio", salvò la vita a Franco Uncini. Arrivare ad abbracciare il pilota marchigiano non fu però facile. Guardie austriache e pastori tedeschi non volevano lasciarlo passare, tanto che uno dei cani lo morse alla mano mentre l'amico e collega fidato Lello Rubbini cercava di guardargli le spalle.

Da lì in poi, il dottorcosta ha agito sempre con autorità, assumendosi responsabilità e rischi che spesso nessun altro voleva accollarsi, anche "rapendo" (con il loro consenso) i piloti dagli ospedali locali per poi curarli personalmente. Accadde a Mick Doohan, che soprattutto grazie a Costa evitò l'amputazione della gamba destra dopo un incidente ad Assen nel 1992. Nei cinque titoli consecutivi dell'australiano negli anni a seguire (1994-1998), ed in molte altre imprese, c'è dunque la mano invisibile di Costa.

"Claudio e tutti quelli della clinica sono come una seconda famiglia", sono le parole di Loris Capirossi. Secondo Andrea Dovizioso "è impossibile vivere senza" mentre, per Alex De Angelis, il dottorcosta è "l'unica certezza per i piloti". Dichiarazioni dalle quale traspare quella che, al di là delle iperboli e mitopoiesi a lui tanto care – "perché all'origine della spiegazione dei significati, dove la ragione non arriva" – traspare quella che è forse la dote più riconosciuta di Costa: l'umanità.

"Cerco di parlare all'anima. Per molti è muta, ma basta saper ascoltare ed il suo grido giunge forte e chiaro – ha commentato – Forse, senza di me, scomparirà un pizzico di questa 'follia manifesta'. Ma resta anche quando non la vedi, soprattutto grazie ai piloti. Tornerò al Mugello, per salutare tutti e continuare a vivere nel ricordo".

Come lui, comunque, nessuno mai. Tanto che Zasa ha tenuto a specificare "non sono il nuovo dottor Costa, ma cercherò di portare avanti al meglio questa sua creatura ed aggiungere il mio bagaglio personale. Quando ho iniziato a collaborare con lui, nel 2009 ad Imola, per me era un mito: in questi anni mi ha insegnato tanto, soprattutto l’amore incondizionato per i piloti, che in fondo sono tutti ragazzi normalissimi, ed il valore della medicina per guarire l’anima".

Il centro diagnostico europeo Poliambulatorio Dalla Rosa Prati, che ha ospitato la conferenza stampa di addio ed il passaggio di consegne a Zasa, si occuperà della gestione di questa nuova avventura, che continuerà a coinvolgere sia Motomondiale che Superbike.

"Conosco e stimo il dottor Costa – ha commentato Guido Dalla Rosa PratiHo sempre apprezzato e guardato con interesse nel corso degli anni il lavoro della Clinica Mobile sui circuiti. Mi è stato chiesto di fare ancora meglio, o per lo meno altrettanto bene, ma non è facile garantire continuità al sogno di un uomo che in tutti questi anni ha profuso dedizione, competenza ed amore… In questa nostra nuova impresa vogliamo impiegare gli stessi identici elementi accanto naturalmente alle migliori tecnologie, ricerca e innovazione".

Tutti elementi essenziali del successo di Costa, che lascia la sua creatura con un sorriso dolceamaro. "Vedo Wayne Rainey quasi tutti gli anni, un pilota che dalla luce più pura è stato scaraventato nell'abisso oscuro della sofferenza e del terrore, da dove è emerso con la grandezza nascosta dell'essere. Una volta gli domandai: 'ma tu, Wayne, sei felice?'. Mi rispose: 'io sì, ma tu?'". La risposta? "Non lo sono mai stato, perché non accetto i miei limiti".

Incalzato su quale personaggio mitologico si sente di accostarsi, risponde"Chirone", considerato il capostipite dell'arte medica e maestro del dio Asclepio. Una scelta non casuale: era un centauro (anche se in un senso differente) anche lui.

*photo credit: Marco Guidetti


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