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Ente proprietario della strada: deve pagare i danni!

Una sentenza a tutela dei motociclisti

Moto - News: Ente proprietario della strada: deve pagare i danni!

L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, pur non essendo custode dei fondi privati che la fiancheggiano, né avendo alcun obbligo di provvedere alla manutenzione di essi, ha tuttavia l’obbligo di vigilare affinché dai suddetti fondi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e, in caso alternativo, attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere. Lo dice la sentenza della Cassazione 22.330 del 22 ottobre 2014, che va a tutelare soprattutto gli utenti deboli come i motociclisti, i quali infatti sono esposti più di altri ai pericoli come sassi, pietrisco, detriti in generale.


L’Anas ne prende atto


La Suprema Corte è molto chiara: tutto ciò che può ripercuotersi sulla circolazione veicolare deve rientrare nella sfera di attenzione dell’Ente proprietario della strada il quale, giuridicamente, ne risponde. Anche quando si tratta di situazioni che originano da terreni appartenenti ad altri. La vicenda dedotta in giudizio partiva dal crollo di un grosso albero con il fusto da tempo indebolito, abbattutosi su una strada statale con gravissimi danni fisici per un automobilista di passaggio. Albero che si trovava a parecchi metri di distanza dal ciglio stradale, in un fondo scosceso di proprietà privata. La Corte d’appello aveva escluso la responsabilità dell’Anas, stabilendo che l’Ente proprietario della strada non può essere considerato “custode”, con tutte le conseguenze civilistiche che il rapporto di “custodia” comporta, di cose non sue. La Cassazione, invece, ha profondamente rivisto tale ragionamento. È vero, scrivono gli Ermellini, non è mai configurabile un rapporto di custodia rispetto a beni altrui; ma l’Anas, per il ruolo che ricopre, deve attenersi a delle regole di condotta: e regola di condotta non è soltanto la norma giuridica, ma anche qualsiasi doverosa cautela concretamente esigibile dal soggetto. Insomma, per fortuna, la Cassazione ha rimesso le cose a posto…


Lo dice la legge


D’altronde, il ruolo che l’Anas ricopre risulta dall’articolo 14 del Codice della Strada: garantire la sicurezza della circolazione e adottare i provvedimenti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade. Da queste premesse, pure se non deriva, ovviamente, l’obbligo di provvedere alla manutenzione dei fondi privati, e ne discende un obbligo di segnalazione delle fonti di pericolo ai proprietari confinanti, nonché un obbligo di attento e doveroso monitoraggio del territorio, che può imporre, quale extrema ratio, la chiusura della strada al traffico. Sentite la Casaazione: “L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito, pur non essendo custode dei fondi privati che la fiancheggiano, né avendo alcun obbligo di provvedere alla manutenzione di essi, ha tuttavia l’obbligo di vigilare affinché dai suddetti fondi non sorgano situazioni di pericolo per gli utenti della strada e, in caso alternativo, attivarsi per rimuoverle o farle rimuovere. Ne consegue che è in colpa, ai sensi del combinato disposto degli articoli 1.176 comma 2 e 2.043 Codice civile, l’ente proprietario della strada pubblica il quale, pur potendo avvedersi con l’ordinaria diligenza d’una situazione di pericolo proveniente da un fondo privato, non la segnali al proprietario di questa, né adotti altri provvedimenti cautelativi, ivi compresa la chiusura della strada alla circolazione”.

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