Addio a Romboni, il Rambo della 250

Se n'è andato in un incidente simile a quanto accaduto al Sic, proprio mentre lo ricordava

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Deciso, temerario, duro e puro, ma al contempo generoso, verace, schietto. L'epopea d'oro del motociclismo italiano negli anni '90 non ha narrato solamente le gesta di Max Biaggi o di Loris Capirossi, ma anche quelle di Doriano Romboni.

"Un talento cristallino che ha raccolto meno di quanto avrebbe meritato" questo il pensiero di Carlo Florenzano. Già perchè di classe, Doriano Romboni, ne aveva da vendere. Il destino, la sfortuna, il fato avverso - chiamatelo come volete - ha voluto però intromettersi fin troppe volte in quella scalata che, nonostante tutto, lo aveva portato tra i grande del motociclismo. Proprio quella sua generosità, in pista o nel paddock, lo avevano reso celebre con il soprannome di "Rambo".

Pronto a non arrendersi mai, esordì nel Campionato del Mondo, classe 125cc, in sella ad una Honda nel 1989. Solamente cinque gran premi disputati, utili per mettersi in mostra e rivelare il suo talento. L'ascesa e la consacrazione l'anno seguente, con la quarta posizione in classifica generale, e le vittorie in Germania ed in Olanda. Nel 1991 l'approdo in 250cc, la "classe di mezzo" che lo consacrò tra i grandi del Mondiale, con i duelli storici contro Max Biaggi e Loris Capirossi, tanto da contendere al Corsaro l'alloro iridato nel 1994.

Più forte delle avversità, della sfortuna, come quando, in uno storico duello sul circuito TT di Assen, a seguito di un contatto con Max Biaggi, la carena della sua Honda si andò ad incastrare proprio con il canotto dello sterzo, provocandogli una disastrosa caduta, che gli causò la frattura di tibia e perone. Rambo, anche in quell'occasione, si rialzò imperterrito, continuando a coltivare il suo sogno iridato. Nel 1996 il passaggio alla classe regina con l'Aprilia 500, e l'anno seguente, proprio ad Assen, ecco il terzo gradino del podio.

Sei le vittorie a livello mondiale, ma Romboni emozionava le folle e gli appassionati per il cuore e la grinta dati dall'amore per il mondo delle due ruote. La sfortunata parentesi nel mondiale delle derivate di serie, fermata in maniera brusca da un'ulteriore caduta, ed un'ulteriore frattura in sella alla Ducati. Nel 2003, dopo uno stop di tre anni, ecco il suo ritorno prima nell'italiano Superbike, poi nel 2004, anche nel Mondiale con due Wild Card. Più dei risultati, più delle statistiche, Romboni era l'esempio calzante di quella che è una passione, ancor prima che un mestiere.

Più che il destino, il suo talento prima, le sue conoscenze tecniche e la sua esperienza poi, lo avevano portato, una volta appeso il casco al chiodo, a ricoprire la carica di direttore sportivo del team Puccetti Kawasaki, e dal 2014 del Team Italia, giusta consacrazione finale per un pilota veloce quanto sfortunato, sempre in grado di rialzarsi. Come tutti i piloti, una volta abbassata la visiera, non poteva fare a meno di sentire quell'adrenalina e quelle sensazioni che solo ruotando la manopola del gas si riescono a carpire ed afferrare, anche sorridendo e scherzando ad un evento di beneficenza, in onore di un altro sfortunato campione.

Questa volta però, proprio quello stesso destino si è rivelato nella maniera più beffarda, con la stessa dinamica accaduta al giovane Marco. Rambo, così come Sic, caduto e investito, se n'è andato così, facendo quello che più amava.

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