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SBK, Jerez, Sykes: la mia gara più lunga

"Anni difficili mi hanno portato qui. Sono pronto, correre è un divertimento"

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A Jerez, Tom Sykes ha un appuntamento con la storia. Domenica, il 28enne di Huddersfield potrebbe centrare il suo primo titolo mondiale, e riportare la Kawasaki in vetta alla classifica iridata, dove manca dal 1993. Il suo linguaggio del corpo, tuttavia, parla di un pilota e uomo a suo agio. Pronto, non frettoloso. Fiducioso, non arrogante. Sykes ha aspettato a lungo questo momento, e pare assaporarne ogni istante. Due gare, 186 km, un'inezia nel lungo itinerario di un pilota.

"Ogni cosa è al suo posto – ha dichiarato SykesHo avuto sogni riguardanti tutti i migliori scenari possibili, ma voglio concentrarmi come in ogni altro fine settimana per continuare con il solito rendimento".

Come ti trovi su questa pista?

"Qui abbiamo fatto dei test, quindi partiamo già da un assetto di base. BMW e Aprilia partono avvantaggiate perché hanno passato più giorni qui a provare, ma in ogni caso le prove lasciano il tempo che trovano. Aragon è la nostra pista, eppure non ho vinto lì quest'anno".

Quest'anno hai già percorso 242 giri al comando…Dall'esterno sembra che la fuga ti piaccia particolarmente…

"Tutto nasce dalla qualifica. Se parto in testa, mi viene naturale. È una situazione nella quale sicuramente mi trovo bene, mi piace stabilire il ritmo e di solito riesco ad avere un passo costante, ma anche lottare corpo a corpo non è un problema. In Turchia ho lottato con Laverty, a Laguna Seca ero quarto ed ho vinto Gara 1".

Quale successo è stato più 'sudato' fin qui?

"Non visualizzo le mie vittorie, di solito. Quest'anno ho vinto nove gare, ma forse la più difficile è stata Magny Cours".

A proposito, come ti è venuto in mente di fare un burnout proprio davanti ai tifosi di Guintoli, per di più incitandoli a fare più rumore?

"(ride) Davvero ero sotto la sua curva? Non me ne ero proprio accorto, lo giuro. È stato un gesto totalmente casuale".

Ti sei arrabbiato per le bandiere rosse?

"No, ma inizialmente mi hanno lasciato perplesso. Capisco che Sylvain sarebbe tranquillamente rimontato in sella ed avrebbe chiuso al secondo posto. Ma hanno dato le bandiere perché la moto di Laverty era rimasta in mezzo alla pista, la sua posizione non avrebbe dovuto contare ai fini della classifica".

Quali sono stati i migliori momenti dell'anno fin qui, professionalmente e personalmente?

"Professionalmente, le doppiette di Donington, perché è la mia gara di casa, Imola, perché mi piace la pista, e Magny Cours, perché ero sotto pressione ed invece ho incrementato il vantaggio in classifica. Personalmente, l'arrivo di un bambino a novembre. Era una cosa che avevo pianificato insieme a mia moglie Amy, tenendo il calendario in considerazione. Ora che hanno cancellato l'India, tuttavia, mi dispiace che non ci siamo mossi in anticipo (ride)".

Come ti senti alla vigilia della gara più importante?

"Ci sono voluti anni difficili per arrivare a questo risultato. Dentro di me ho sempre avuto molta fiducia in me stesso, sentivo di poter lottare tra i primi, ma nelle prime tre stagioni ero ai margini della Top 10. Quelle stagioni, dure psicologicamente per qualsiasi pilota, mi hanno temprato. Ci è voluto molto lavoro duro per ottenere una moto competitiva e completa, tant'è che non ho più una pista preferita. Semplicemente, mi diverto a correre".

La leggerezza dell'essere non è mai sembrata così sostenibile.

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