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"La MotoGP ha bisogno di nuovi Paesi"

Ciabatti: "limite per nazionalità? Ingiusto per lo sport, giusto per l'economia"

MotoGP: "La MotoGP ha bisogno di nuovi Paesi"

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Il campionato MotoGP si è scoperto ‘ostaggio’ dei piloti spagnoli, cosa per altro evidente da tempo ma ieri a sollevare direttamente il problema è stato niente meno che il numero uno di Dorna. “Forse è il momento di mettere un limite per il numero massimo di piloti della stessa nazionalità in ogni categoria” ha proposto, preoccupato che un campionato iberico possa avere poca attrattiva nel resto del mondo. “E’ un problema difficile e quindi la soluzione non può essere semplice” ragiona Paolo Ciabatti, quest’anno direttore del progetto MotoGP di Ducati, ma fino allo scorso anno ‘dall’altra parte della barricata’, come direttore del campionato Superbike.

Cosa pensi del limiti di piloti basato sulla nazionalità proposto da Ezpeleta?

Capisco la sua preoccupazione e la condivido dal punto di vista di un promoter. Gli sport motociclistici in alcuni Paesi non hanno lo stesso seguito come in Europa e avere un pilota della di casa può aiutarli a crescere. Spagna e Italia stanno soffrendo dal punto di vista economico e il futuro si sta spostando verso nuove nazioni”.

Quindi è sbagliato limitarsi a quello che per tanto tempo è stato il cuore del motomondiale?

“Da un punto di vista prettamente economico sì. Bisogna spostarsi per trovare nuove risorse”.

Però mettere adesso un limite sarebbe un palliativo, il problema nasce da lontano.

E’ inevitabile che se crei una scuola, una struttura forte, in Spagna poi i campioni arrivano. Abbiamo Marquez, Lorenzo, Pedrosa e molti altri spagnoli forti in Moto2 e Moto3. E’ difficile limitarli solo per la loro nazionalità. Dal punto di vista sportivo una selezione basata su questi criteri è ingiusta”.

Pensi a delle selezioni come i Trial americani per le Olimpiadi?

E’ uno strumento magari ingiusto, ma giustificato da una decisione: non si vogliono i migliori atleti al mondo in assoluto, ma i migliori delle loro nazioni. Non è una novità assoluta nello sport, ma da purista storcerei anch’io il naso”.

Mettendoti nei panni del promoter, invece…

Capisco che un eccessivo nazionalismo possa essere un limite. Ma come fai a penalizzare un Paese perché ha lavorato meglio? Del resto anche Stoner si è formato in Spagna, anche se è normale che i piloti di casa possano approfittarne più facilmente. Ci sono dei motivi storici se si è arrivati a questo punto, oltre alla presenza di Dorna e Repsol”.

In Italia la cultura motociclistica c’è eppure mancano i rimpiazzi.

C’è stato un buco e l’iniziativa è stata lasciata troppo ai singoli. Non c’è stato un movimento organizzato”.

Quando è interessante per Ducati partecipare a un campionato dominato dalla Spagna?

Siamo in MotoGP perché è la massima espressione del motociclismo e vogliamo ottenere i migliori risultati possibili confrontandoci contro i migliori piloti e moto del mondo. Ma per prendere parte a un campionato mondiale bisogna reperire le risorse economiche per farlo. Quindi bisogna rivolgersi a quelle aree, come Asia e Sud America, dove l’economia è in crescita e le moto si vendono ancora. Bisogna sfruttare queste occasioni, oggi come oggi avere quattro GP in Spagna dice poco”.

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