Alessia Polita: il mio ballo è la moto

Parla l'unica donna in pista a Monza: "Un campionato femminile SBK farebbe fuoco e fiamme"

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"Le ragazze che vogliono correre in moto devono essere pronte a tirar fuori i c…osiddetti", osserva senza pochi giri di parole Alessia Polita, 28enne di Jesi impegnata nel CIV Superstock 600 e lo scorso fine settimana come wild-card a Monza in Supersport (caduta dopo la seconda partenza), dove era l'unica rappresentante femminile.

In effetti il mondo delle due ruote non sembra applicare il concetto di quote rosa. Una realtà con la quale Alessia ha sempre fatto i conti. "Ho corso contro i maschi tutta la vita – ha raccontato – Sono abituata alle 'carenate'. Accetto la sfida e vince chi rimane in piedi. Di favori certo non me hanno mai fatti i piloti. Anzi, spesso mi è arrivata qualche spallata in partenza, ma ho imparato a darle prima io".

La passione di Alessia è sbocciata in famiglia, assistendo alle corse del papà e del fratello, ma ha dovuto essere portata avanti con tenacia anche tra le mura di casa. Questo perché gli stereotipi culturali non mettono il motociclismo ai primi posti tra le attività "normali" per una ragazza.

"Di solito uno pensa a portare una bambina a lezioni di ballo, non in pista. Nonostante in casa mia ci fossero dei motociclisti, ho dovuto incassare parecchi rifiuti prima di poter fare una prova in circuito. Mi ricordo ancora: era il mio 16º compleanno, con una 250 SP. Non avevo neanche mai provato una minimoto, ma forse avevo carpito con gli occhi i segreti da bordo pista, e andai subito forte".

Da allora Alessia non ha mai smesso, passando dal Trofeo Challenge Aprilia al CIV, fino al debutto nel mondiale Supersport domenica scorsa sulla Yamaha del team VFT. Dopo una buona partenza prima della bandiera rossa, Polita è stata protagonista di una caduta al primo giro dopo la ripartenza che l'ha lasciata inerme a terra a guardare la sua moto in fiamme. Non ci è voluto molto tuttavia prima che si rialzasse, con la solita, granitica convinzione.

"Molte ragazze si arrendono prima ancora di cominciare. Ora mi concentro sul CIV. Vincerlo sarà difficile, ma vorrei almeno mettermi in mostra. Servono sacrifici e grinta, anche più di un uomo, perché di natura siamo fisicamente svantaggiate. Da giovedì a domenica, bisogna abbandonare la femminilità".

O quasi. Perché Alessia in fondo guarda nervosamente la partenza della Stock1000, dove milita il suo compagno (che rimarrà anonimo). Nella sua crociata, la Polita ha anche provato a raccogliere un piccolo esercito rosa.

"Credo che un campionato femminile possa nascere solo a livello europeo. Ci sono poche ragazze che corrono, e anche meno che vanno forte. Però siamo in una ventina e volevo riunirci per proporlo alla SBK, dove avremmo potuto fare tre o quattro tappe. Credo che a livello mediatico farebbe fuoco e fiamme, come il mondiale femminile di motocross che ha oltre 40 iscritte, invece le nostre gare sono sempre state relegate a contesti con poca visibilità e di fatto buttate via".

Parole solo apparentemente tristi, pronunciate con la classica scrollata di spalle accompagnate da un sorriso, prima che Alessia si rechi ancora una volta davanti ai monitor a seguire l'ennesima gara. Tutto sommato, la distinzione caratteriale fra "maschietti" e "femminucce" – con tutte le associazioni valoriali del caso, imposte dall'uomo – non è poi così chiara come sembra. Alessia è tosta, ha tante curve quanti spigoli, e soprattutto una mentalità più "pilotesca" di molti colleghi maschi, fighetti con la "sindrome del calciatore", che danno sempre la colpa alla moto e hanno paura di correre con pioggia e freddo. Perché in fondo il pilota nasce dall'anima, non dal sesso.

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