Dovizioso sincero: qui è anche colpa mia

"Jerez non mi piace. Ho guidato tutte e tre le MotoGP, la soluzione non è facile"

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A volte avere ragione non è per nulla piacevole e forse questa volta Dovizioso ha maledetto la correttezza della sua analisi della vigilia. “Sapevamo che qui sarebbe stata difficile e così è stato”, il commento sul 12° posto di giornata, solo la Ducati di Pirro alle spalle, un paio di CRT davanti e 1”332 da Lorenzo. Per fortuna Andrea non è il tipo che si abbatte facilmente, “non dobbiamo preoccuparci – afferma – le idee su quello che dovremo fare domani sono chiare. L’ultimo turno di libere sarà importante, perché dovremo riuscire a entrare nei primi dieci per accedere direttamente alle Q2”.

Dovizioso, inoltre, non è uno che si nasconde dietro ad un dito.

"La differenza fra me e gli altri piloti è che io non ho paura a confessare che questa non è una delle mie piste preferite. Magari qualcun altro darebbe la colpa a questo od a quello, ma forse sono solo più stupido io, ma è inutile incolpare la moto per una prestazione che io stesso giudico insufficiente".

Il toboga di Jerez non aiuta la Ducati, “è una pista lenta, è difficile fare quello che vuoi con la moto e mi riferisco a tutti gli aspetti – spiega – Abbiamo provato qualcosa di nuovo nel pomeriggio, ma non è andata troppo bene. Inoltre col caldo abbiamo trovato un grip dell’asfalto differente che ha complicato le cose”. Il pericolo è non riuscire ad entrare direttamente nel secondo turno di qualifiche. “C’è questo rischio – ammette il Dovi – L’importante è avere buone sensazioni sulla moto perché qui è poi difficile trovarlo, come è successo oggi. Le Honda e le Yamaha vanno forti e le CRT, grazie a una gomma più soffice, sono pericolose sul giro secco. Spero solo che non ci sia vento, altrimenti sarà difficile. Però sicuramente domani potrò essere più veloce di oggi. So di non avere guidato perfettamente, posso fare meglio. Non serve molto pensarci più di tanto”.

Come anche guardare alle prestazioni di Pirro, oggi alle sue spalle per 18 millesimi. “Non l’ho visto in pista e non ci siamo ancora parlati – dice – Ma l’abbiamo fatto nelle scorse settimane e le sue sensazioni sono simili alle mie quanto provai quel telaio in Malesia. Esteriormente le nostre due moto sono molto diverse e sono contento di potere usare l’evoluzione dei test, per capire se è cambiata dal primo prototipo. Comunque so già che il cambiamento non sarà troppo grande e soprattutto non nel punto in cui soffriamo di più”.

Andrea poi spiega nel dettaglio il comportamento delle tre moto che ha guidato: Honda, Yamaha e Ducati.

"La Honda la puoi fare girare col gas: quando sei all'apice basta un colpo di gas per far scivolare la ruota posteriore e 'chiudere' la curva. Attenzione però ad abusare di questa tecnica, perché alla fine se esageri ti rallenta, ed infatti non tutti quelli che guidano una Honda riescono ad essere veloci - un riferimento a Bradl e Bautista? Dovi non fa nomi, ma prosegue - la Yamaha si guida in modo completamente diverso, si può essere molto precisi perché gira molto facilmente. Con la Ducati è tutto molto più difficile perché quando lasci i freni tende ad allargare e bisogna tirarla dentro di forza. Una cosa comunque che non si può fare curva dopo curva, giro dopo giro per l'intera gara, perché ti distrugge. Inoltre io non penso che il motore c'entri nulla. E osservare le moto dall'esterno, in curva, non serve a niente, anche perché la Ducati ha un rumore molto più cattivo che può essere fuorviante. La stessa Honda ai bassi regimi è abbastanza aggressiva, la migliore sotto questo punto di vista, è la Yamaha che ha l'erogazione più morbida".

 

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