Spies: Ducati, una scelta di cuore

"Qui mi sento in famiglia e ho tutto per riscattare un anno orribile"


Per essere uno yankee, Ben Spies ama il Bel Paese. Ha corso, e vinto, il campionato SBK con un team italiano nel 2009, e risiede per buona parte dell'anno a Como. Quale migliore occasione per lui di rilanciarsi dopo un anno buio che entrare a far parte della Ducati?

"Essere un pilota Ducati è uno scenario perfetto per me – ha confessato Spies al Wroom di Madonna di Campiglio – Abbiamo entrambi una gran voglia di riscatto. Non ho scelto loro solo per la moto. La cultura aziendale ti fa sentire parte di una famiglia, e mi hanno fatto sentire desiderato. Poi hanno una SBK stupenda che mi piacerebbe guidare in futuro".

Meglio però concentrarsi sui problemi più immediati, leggi l'avantreno della Desmosedici ed il recupero dall'infortunio alla spalla rimediato a Sepang.

"È stata un'operazione complicata, con un recupero particolarmente lungo. Il tendine doveva essere guarito completamente prima di iniziare la riabilitazione. Ho perso molta muscolatura nella schiena, spalla e braccio. Sto tornando ora in condizione, ed ho una mobilità intorno al 90%. Però non salgo su una moto da ottobre. Sicuramente non sarò al top per i primi test in Malesia, ma abbastanza in forma per completare il nostro programma di test. Imparerò i segreti della moto ed il metodo di lavoro con la squadra passo dopo passo, senza prendere rischi o preoccuparmi troppo dei tempi".

Senza conoscere tutti i retroscena, abbandonare la moto campione del mondo per quella attualmente meno competitiva sembra una follia. Non è un mistero che Spies abbia avuto contatti anche con il team Gresini e quello BMW in Superbike, eppure non ha avuto dubbi nell'accettare questa sfida.

"Vengo da una stagione orribile, non ho mai vissuto niente del genere in 20 anni di corse. Ma un momento simile ci può stare. Per me è importante avere il supporto da pilota ufficiale ed un team competitivo. Il tecnico informatico, quello delle sospensioni e l'ingegnere di pista sono con me da tempo, e ne ho richiesto la presenza nel contratto. Come squadra siamo già a livello factory. Avere Iannone come compagno di squadra può essere un altro vantaggio, perché come rookie può offrire una prospettiva completamente nuova. La moto non cambierà dalla sera alla mattina, ma ho fiducia in un miglioramento progressivo. A parità di ingaggio sarei comunque venuto qui".

Nelle parole del texano non c'è comunque traccia di animosità nei confronti di Yamaha, Casa con la quale ha corso le ultime quattro stagioni, conservando un buon ricordo.

"Ci sono stati dei problemi, ma ho molto rispetto per loro. Ho ancora molti amici lì, il 95% sono ottime persone, e sia Jarvis che Nakajima sono sempre stati corretti con me. Ho avuto problemi solo con una persona ai piani alti, ma la cosa mi ha destabilizzato. La moto era indubbiamente competitiva, infatti ho preso la mia decisione prima dei problemi al forcellone, motore e frizione (rispettivamente a Laguna Seca e Indianapolis, ndr). Più volte mi sono messo io in una brutta situazione, esagerando in sella. Credo di essere caduto almeno il doppio delle volte che in qualsiasi altra stagione. Anche senza i problemi tecnici non avrei fatto un buon campionato, forse sarei finito ottavo. È stato un anno orribile sotto ogni aspetto. Peccato comunque finirlo con l'infortunio in Malesia, ma quasi me lo aspettavo a quel punto perché me l'ero cavata già tante volte senza farmi male".

Una confessione onesta, che ci riconsegna uno Spies finalmente sereno e pronto a ricominciare la sua personale scalata alla vetta. Il talento non è in discussione, resta solo da vedere se l'aria di casa rimetterà completamente in sesto questo atipico italiano d'adozione.

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