Tu sei qui

Lawson saluta la 'coppia perfetta'

Eddie ai suoi ex meccanici della Yamaha: "siete i migliori che abbia mai avuto"

Moto - News: Lawson saluta la 'coppia perfetta'

La coppia che vedete qui a fianco ha fatto la storia del motociclismo: quello alto è Fiorenzo Fanali, da ragazzino apprendista meccanico da corsa alla MV Agusta al fianco di Giacomo Agostini, quello a sinistra è Pierino Gagni, ex campione europeo di enduro, anche lui meccanico di lungo corso.

La coppia si è rincontrata in occasione dei test di Sepang. Entrambi sono...in pensione. Fanali ha lasciato la MotoGP dopo l'uscita di scena della Kawasaki ed oggi lavora in Rizoma, Gagni fino all'anno passato era con Bruno Leoni in HRC, al seguito di Casey Stoner. Anche Piero ha deciso che era tempo di fermarsi, e lo ha fatto. Solo che l'HRC lo ha chiamato per assistere il test team e lui non si è tirato indietro.

Questa foto qua, però, ha una storia: è stata scattata per essere mandata in California dal loro vecchio pilota, da entrambi considerato il più grande di sempre, un certo Eddie Lawson. Fiorenzo e Piero, infatti, erano la sua squadra.

Bene, questa  è solo per dire che Eddie 'Awesome' Lawson ha visto la foto, li trova magnificamente in forma entrambi e attraverso GPone gli vuol far arrivare un messaggio: "siete i migliori meccanici che abbia mai avuto!".

E se volete leggere di più perlomeno di uno di loro, ecco quanto ha scritto il nostro Nereo Balanzin di Gagni:

“Il difficile, arriva quando il pilota ti si siede alle spalle, e ti osserva mentre lavori. Se sei lento, sembra che non tu non sappia fare il tuo mestiere; ma se per far svelto mostri una indecisione, o peggio ancora sbagli, puoi cambiare aria: quello non si fiderà mai più di te”.

Piero Gagni, capomeccanico Ducati con Stoner, è bergamasco. “Ultimo di sette figli, e nato in un casale in cui vivevano sette famiglie”. Tutte contadine. Ed anche a Piero, nonostante avesse dimostrato rapidamente una vocazione diversa, all’occorrenza è toccato rastrellare il fieno, o mungere le vacche.

“Però, la mia passione è sempre stata fare il meccanico, e ci sono riuscito presto: dai quindici ai ventidue ho lavorato nell’officina del paese. Il posto me lo aveva trovato mia mamma, chiacchierano con la moglie del padrone. Avrebbe preferito che studiassi; ci ho provato. Ma anche quando ero fisicamente in classe, la testa era altrove”.

Da ragazzino, quanto poteva scippava la moto al fratello maggiore. “La sera, lui andava al bar con gli amici; io gli fregavo il cinquantino per andare nei campi. Poi lo lustravo per benino, perché non si accorgesse di nulla”.

A forza di andare per campi, ha imparato. E bene. “Nell’enduro, da pilota ho vinto due europei, tre italiani, una sei giorni. Quando non vincevo, ero sempre tra con quelli di testa. La prima moto l’ho comperata a rate: costava 120.000 lire; ne pagavo 7.000 a settimana; il rivenditore le segnava su di un quaderno. L’anticipo, me lo aveva prestato mia sorella. Mia madre, i soldi della paga non li ha mai visti”.

A dirlo adesso, non ci si crede. “La prima televisione la abbiamo comperata che avevo diciotto anni. Usata. Prima, per vederla, andavo al bar. Ero di quelli che si sedevano, e guardavano Carosello (che, per chi non lo sapesse, era pubblicità elaborata in brevi scenette, che cambiavano di serata in serata: una sorta di telenovela per sollecitare gli acquisti). Nel 74 sono diventato pilota ufficiale: non si guadagnava più di tanto, ma prendevo comunque più di un operaio. Ho vissuto di quello fin tanto che non è arrivata la crisi”.

A fare il meccanico nelle corse ha iniziato per convocazione di Agostini. “Ho lavorato con Lawson. Poi, via via, con Spencer, Harada, Gibernau. Baylle, Biaggi, Melandri, Checa, Bayliss, Stoner”. E, per non negarsi nulla, anche le Dakar: “Sette; ho servito anche Edi Orioli”.

Degli anni corsi come pilota, gli sono rimasti i riconoscimenti, ricordi, ed un vizio: “Ripeto adesso, da meccanico, quello che un tempo facevo quando ancora correvo: la era, prima di addormentarmi, chiudo gli occhi e rivedo il lavoro fatto nella giornata. Da pilota, ripassavo il tracciato. Oggi, le operazioni meccaniche”.

Come tutti coloro che riescono a sopportare i ritmi del garage della Motomondiale, è mosso da una passione che non ammette confini. “Mi piace talmente tanto, che non mi stanco mai. Due giorni di inattività mi uccidono”. A costringerlo a mantenere il contatto con le piste, anche quando è a casa, ci pensano gli amici: “Vogliono sapere ogni cosa. E siccome, da appassionati, leggono tutto, finisce che, di certe vicende, ne sanno più di me”.

Anche  Gagni, come molti, nel garage Ducati, ha la passione per la bicicletta. Bravo in salita: “Ho fatto il Gavia; anche il Mortirolo. Se vuoi, sulle montagne della bergamasca ti distruggi. Ci sono domeniche che arrivo a casa e mi stendo sul divano come un cocker”.

In famiglia, gli lasciano fare tutto. “Sono sempre stato il più piccolo; mi vedono girare per il mondo, sanno che lavoro con le moto, ogni tanto mi  vedono in Tv. Sono convinti che io stia ancora giocando”.

Invece, saranno 58 anni a novembre.

(2009)

Articoli che potrebbero interessarti