Il motomondiale si prepara a ricordare Marco Simoncelli sul circuito di Sepang, dove circa un anno fa il giovane pilota romagnolo è rimasto vittima di un incidente fatale. Da allora non abbiamo più potuto osservare i suoi riccioli uscire dal casco bianco e rosso, accarezzati dal vento della velocità. Ma, come ha narrato la puntata di Sfide di questa settimana, il retaggio sportivo e umano di 'Sic' accompagna sempre familiari, colleghi e tifosi come uno dei doni più preziosi.
CARISMA – "Al funerale è stata una sorpresa anche per me", ha raccontato Valentino Rossi. "Sapevo che in molti volevano bene a Marco, ma non mi immaginavo neanche io che fossero così tanti". Forse per la giovinezza, o l'immagine sincera da ragazzo di paese, eppure la scomparsa di Simoncelli ha trasceso i confini del motomondiale e dello sport. Il suo carisma lo ha reso un personaggio unico in un mondo di fenomeni, ed era alimentato da un approccio semplice e senza compromessi in pista come nella vita quotidiana.
AGGRESSIVITÀ – In gara 'Sic' non faceva sconti a nessuno. Anzi. Penalizzato da un fisico imponente, doveva spesso spingersi più spesso e più vicino al limite per non perdere il contatto con gli avversari. Fin da quando era piccolo. "Ai tempi delle mini-moto lo chiamavamo strike – ha ricordato con un sorriso Mattia Pasini – Perché era irruente, ogni tanto buttava giù tutti". Eppure la durezza nelle competizioni non gli ha impedito di trovare amici nel motomondiale. "L'ho conosciuto alla Cava quando era ancora ragazzino – ha detto Rossi – Ce la giocavamo più o meno sempre io e lui. Ci davamo delle belle sportellate. Ti riempiva molto la giornata, era vulcanico, sempre positivo e sorridente, cercava sempre di fare qualche casino e di portarti con sé. In pista era prima di tutto un avversario, ma siamo riusciti a dividere bene le cose". Forse perché, in fondo, non era il mestiere che faceva a definire Simoncelli, ma viceversa.
SEMPLICITÀ – Dalle narrazioni degli intervistati, emerge un ritratto di 'Sic' come persona semplice, genuina. Al punto che una volta portò la nonna a vedere il reparto corse di Gresini, e spesso si lanciava in interminabili partite a carte con i membri della squadra. Ma soprattutto, viveva lo sport come in famiglia, come ha raccontato lui stesso parlando del rapporto con il padre, compagno fidato dai tempi delle mini-moto. "Ogni tanto abbiamo i cinque minuti di sclero – spiegava 'Sic' col suo accento inconfondibile – Magari lui dice cose giuste ma per non dargli soddisfazione io dico il contrario. Se non faccio in tempo a scappare prendo anche due schiaffoni".
Sembra surreale che un ragazzo dal fisico e carattere così imponenti – in inglese, direbbero "larger than life" – abbia potuto perdere la vita in un incidente dalla dinamica così atipica. "Era ingarellato con Bautista, che lo stava puntando perché era in difficoltà con la gomma dura – il resoconto di Rossi – Essendo grosso è riuscito a tirare su la moto con il corpo appongiandosi a terra, ma questa mossa gli è stata fatale. La moto ci è arrivata contro come a un incrocio. Colin lo ha visto arrivare e ha frenato. Io ero impallato da lui, e quando ho visto che si alzava ho toccato la leva. Ho riconosciuto con la coda dell'occhio che era Sic che avevamo preso. Mi sono girato dietro e ho avuto subito molta paura".
A poco serve pensare che 'Sic' fosse felice, che stesse facendo ciò che più amava. Eppure i suoi compagni di viaggio lo hanno raccontato con molti più sorrisi che lacrime. Sorrisi che 'Sic' non smetterà di accendere. Potete guardare l'intera puntata QUI.