C’è solo un sole che splende nel deserto americano in salsa mediterraneo dell’Aragona ed è quello di Dani Pedrosa, che festeggia il suo compleanno con un giorno di ritardo e 25 punti. Per il resto, freddo e nuvole. Sulla Ducati che ridiventa di un rosso sbiadito dopo l’arcobaleno di Misano, per Lorenzo che sorride pensando al titolo ma mastica amaro per un’altra sconfitta, per la MotoGP che non riesce a emozionare per tutti i 23 giri, per l’Italia che vede fermarsi Fenati, e Iannone per un soffio fuori dal podio. Per fortuna ci rimangono Dovizioso e le classi minori, anche se per loro dovremo trovare un nuovo aggettivo. Maiuscole.
IL BELLO – Il dopo Stoner la Honda se l’è trovato in casa e bello che pronto. Pedrosa un “cancello” non lo è mai stato, ma adesso sembra definitivamente maturato. Mancano ancora quattro GP, ma Dani ha già raccolto più punti che in qualsiasi altra stagione in MotoGP e quattro vittorie le aveva centrate solo nel 2010. I numeri ci sono tutti.
IL BRUTTO – Meno male che c’è Tech 3. Senza il Dovi e Crutchlow a ravvivare la lotta per il podio, la gara della MotoGP sarebbe stata solo il sottofondo a una pennichella da digestione domenicale. Le uniche emozioni tutte in negativo, il capitombolo spettacolare, e senza conseguenze, di Hayden e gli errori di Rossi. Se poi a fare da contraltare si mettono due gare incerte e infuocate come quelle della Moto2 e Moto3 il confronto si fa ancora più deprimente. Urgono rimedi, si dice per il 2014. Meglio tardi che mai.
Il calcione di Maverick Vinales alla sua moto ammutolitasi nel giro di allineamento non è stato da cineteca. A farne le spese è stato soprattutto il cupolino. Va però perdonato, la rabbia era tanta e i 17 anni pochi.
IL CATTIVO – Gli standard di sicurezza delle piste del motomondiale sono alti, ma spazio per migliorare c’è sempre. La dinamica della caduta di Hayden è stata molto particolare, ma le conseguenza potevano essere tremende. Si asfalti, se risolverà il problema, e si metta un air fence. Dagli errori si deve imparare, non minimizzarli.
LA DELUSIONE – A volte è facile scordarsi che le Ducati in pista sono quattro, soprattutto quando Abraham e Barbera in procinto di passare su una CRT il prossimo anno approfittano della gara per ambientarsi fra le derivate di serie. Il ceco vince in volata su Espargaro, lo spagnolo si prende 15 secondi da De Puniet. Niente male, soprattutto quando si hanno una ventina di chilometri orari in più sul dritto.
LA SORPRESA – Per essere un rimpiazzo col doppio lavoro, Jonathan Rea sta dimostrando di imparare in fretta e di non lesinare col gas. Non sono bastate neanche le prove bagnate per fargli fare brutta figura. Al traguardo concede solo 4 secondi a Bautista, che in MotoGP c’è da un po’ di tempo. Peccato non vederlo per una stagione intera.
IL SORPASSO – Il prossimo anno si ritroveranno di nuovo come avversari in MotoGP e se riproporranno il repertorio della Moto2 verrà eretto loro un monumento. Iannone e Marquez hanno regalato un duello appassionante e pulito, con numeri di alta classe assortiti. Peccato per Andrea, si è meritato un podio ad honorem.
L’ERRORE – Una doccia fredda, si attendeva Aragon con speranza, ma la Spagna non è stata generosa come l’Italia per Valentino Rossi. Prima la pioggia nelle libere, poi il lungo al primo giro e il GP iberico si è chiuso con un anonimo 8° posto. La Ducati è rossa, come un gambero.
CONFERMA – Era due gare che mancava, ma Andrea Dovizioso in Spagna è risalito su quel podio che ormai sembra spettargli di diritto. Alla lucida follia di Cal, il Dovi risponde con intelligenza e frenate millimetriche, tirando fuori le unghie quando c’è da graffiare. L’unico rammarico è che manca veramente poco per vederlo un po’ più in alto, ma la stagione non è ancora finita.
LA CURIOSITA’ – La dea bendata bacia Jorge Lorenzo, la pista umida di Misano e Aragon costringe i piloti ai box. Tutti arrabbiati? Il maiorchino non completamente, ha risparmiato 300 km e avendo un motore in meno non è una brutta notizia.
IO L’AVEVO DETTO – Alvaro Bautista il giovedì: “voglio confermare le prestazioni di Misano”. Volere non è potere, non sempre almeno.