I maligni dicono che le CRT altro non sono che delle SBK travestite da prototipi. Difficile dare loro torto, a parte il telaio in traliccio della Ioda e quello in carbonio Inmotec montato su una BQR, le altre moto rispecchiano abbastanza fedelmente nelle soluzioni le controparti derivate dalla serie. Giusto un nuovo vestito – leggi carena – per non essere riconoscibili al primo colpo d’occhio. Che le CRT uscissero sconfitte dal confronto con le MotoGP era scontato - non bastano il doppio dei motori e qualche litro di benzina in più per rivaleggiare coi prototipi – e più di uno era anche convinto che non tenessero nemmeno il passo delle Superbike. La pista di Assen ha dato l’occasione per un primo confronto a distanza.
I dati devono essere presi con le pinze, le derivate di serie hanno corso ad aprile con temperature autunnali mentre il motomondiale a fine giugno ha trovato caldo e sole, ma qualche indicazione comunque la danno. La prima è che le SBK sono effettivamente più veloci delle cugine CRT: 1’35”399 il tempo della pole di Sykes sulla Kawasaki, 1’35”830 quello del 12° posto di De Puniet in qualifica con la Art. Per completezza bisogna però sottolineare come Tom abbia fatto il suo miglior giro con 8° sull’asfalto, mentre sotto le ruote del francese ce ne fossero 29. Anche la velocità massima raggiunta premia il britannico con 294 km/h, mentre Randy si è fermato 286,6.
Certi numeri non devono stupire troppo, la verità è che il regolamento delle derivate si serie è paradossalmente molto più “libero” di quello riservato ai prototipi. Innanzitutto le SBK sono più leggere (parliamo delle 4 cilindri) delle CRT di 2 kg, 165 a 167, ma soprattutto non hanno alcuna limitazione al numero di motori da utilizzare in una stagione. Se nel motomondiale si devono fare 18 gare con 12 motori, in Superbike se ne possono cambiare quanti se ne vogliono e un pilota di punta ne usa in un anno più del triplo di quelli concessi in MotoGP. Se si vuole garantire la necessaria affidabilità bisogna ridurre numero dei giri e prestazioni e si arriva all’assurdo di avere moto che sulla carta dovrebbero essere più performanti e alla resa dei conti sono più lente.
Anche le gomme giocano un ruolo importante, le SBK possono contare su coperture dedicate e continuamente sviluppate da Pirelli, che fornisce anche pneumatici realizzati espressamente per la migliore prestazione in qualifica. Le CRT invece si devono accontentare di quelle progettate per la MotoGP, a Bridgestone non è passato mai per la mente di realizzare gomme per le “sorelle minori”. A parità di temperature lo svantaggio sarebbe stato maggiore, ma in definitiva i semi-prototipi sono riusciti a difendersi, soprattutto perché la maggior parte di loro è ancora in pieno sviluppo, con ampi margini di crescita.
Andare all’attacco delle MotoGP è e sarà però impossibile ed è proprio sotto questo punto di vista che le CRT si prestano a critiche. Non basta avere più moto per allungare lo schieramento di partenza, bisogna avere dei mezzi competitivi e che rispecchino la filosofia del campionato in cui corrono. Se si vuole camuffare una SBK da MotoGP che almeno il risultato sia migliore del punto di partenza. Altrimenti basterà aspettare che Honda di la sua interpretazione di “prototipo di serie” e le CRT le ricorderemo solo come un'altra occasione sprecata.