Guareschi: Ducati, il volo della Fenice

Ad una settimana dal test di Jerez la GP12 rinasce partendo da zero

Operazione ‘Fenice’, così è stata ribattezzata la campagna MotoGP 2012 della Ducati dal gruppo di Jeremy Burgess, capomeccanico di Valentino Rossi. Dopo le delusioni della passata stagione, gli uomini in rosso sono concentrati esclusivamente sulla rinascita sportiva di una moto e un pilota che hanno fatto la storia, anche se mai insieme. Non ancora.

Grande assente al Wrooom, la GP12 è tuttora avvolta da un’aura di mistero. Senza timori reverenziali, il team manager Vittoriano Guareschi ha grandi aspettative per la nuova creatura. “Chiaramente, quest’anno dobbiamo fare il risultato – ha dichiarato – Forse non vincere subito, ma almeno lottare per il podio”.

Chiave di lettura, l’umiltà di sacrificare un progetto innovativo ma perdente. Come una fenice, la tanto attesa Ducati GP12 risorgerà dalle ceneri della sua problematica antenata, immolata sull’altare dopo una stagione disastrosa. “Bisognava ricominciare da capo – ha ammesso Guareschi – La GP12 è un prototipo puro. Abbiamo fatto tutte le prove possibili sulla GP11.1 e raccolto tantissime informazioni per progettare una moto completamente nuova”.

Una vera a propria rinascita a livello progettuale. “Eravamo arrivati a un punto delle regolazioni in cui bisognava andare oltre, apportare cambiamenti importanti. Ciò era possibile solo rifacendo la moto di sana pianta, non bastavano semplici modifiche come quelle fatte durante la stagione. Ad esempio, il telaio perimetrale ospitava il motore a disposizione in quel momento. Per garantire più libertà d'azione, c’era bisogno di rifare qualcosa sul carter. Stesso discorso per la posizione in sella, della quale Valentino si è lamentato per tutta la stagione. Per migliorarla, bisognava spostare cose importanti nella moto, non si poteva fare una semplice modifica”.

La fenice è pronta a spiccare il volo, destinazione Spagna, per il debutto in pista. “Sarò a Jerez per supervisionare i test con Battaini e Checa – ha confessato Guareschi – Il primo si occuperà dell’affidabilità e il secondo della prestazione. Franco farà dei long run per assicurarsi che la moto stia insieme e garantire che le temperature rientrino nei range di utilizzo corretti, mentre Carlos proverà diverse regolazioni a livello di ciclistica”.

A prescindere dal verdetto del cronometro, per il quale si dovrà ancora aspettare un paio di settimane, Guareschi promuove a pieni voti il gruppo di lavoro. “Fino alla scorsa stagione, Valentino e il suo gruppo erano i nostri nemici – ha scherzato – C’è voluto un anno di rodaggio per conoscerci meglio. Abbiamo attraversato tante difficoltà e siamo rimasti uniti e forti. Ne siamo usciti bene, nonostante il risultato”.

Valentino ha annunciato l’intenzione di chiudere la carriera in Ducati, possibilmente sigillandola con un titolo mondiale. Ma, visti i contratti in scadenza di Stoner, Pedrosa, Lorenzo, e lo stesso Rossi, la scacchiera della MotoGP potrebbe cambiare molte pedine. “Mi dispiacerebbe cambiare il gruppo – ha confessato Guareschi – In questo momento forse non siamo molto appetibili, ma, quando arriveranno i risultati, da nessuna parte ci sarà la volontà di cambiare la squadra”.

A scanso di equivoci, il team manager ha comunque gli occhi puntati su alcuni piloti emergenti. “Serve un ricambio generazionale, e la Moto2 ha alcuni giovani forti. Oltre a Marquez, a me piace molto Scott Redding. In Moto2 è penalizzato per il suo fisico, ma penso che sia in grado di andare forte su una MotoGP. Mi auguro anche che l’arrivo della CRT aiuti a far salire di categoria qualche giovane”.

A proposito delle CRT, Guareschi prende tempo. “Quest’anno, le prestazioni saranno inevitabilmente inferiori. I piloti di CRT, a eccezione di Edwards, prendono almeno un secondo al giro. Se consideriamo anche il divario tecnico, parliamo di oltre 2 secondi. La CRT può esistere, ma bisogna creare una formula che dia la possibilità a un team privato di lottare per il risultato. Ovviamente i piloti ufficiali saranno sempre i migliori, ma i privati dovrebbero essere in grado di togliersi delle soddisfazioni, magari in condizioni di gara particolari”.

Una possibilità concreta ai tempi delle 500, e tuttora in Superbike. “Forse dovremmo fare un passo indietro entrambi – ha riflettuto il team manager – Forse la Superbike dovrebbe avvicinarsi di più alle moto di serie. Sarebbe meno costoso per le case e per i team, permetterebbe di avvicinare più piloti alle corse e allargherebbe le possibilità di scelta dei team”.

Limitazione per evoluzione, insomma. “Pensiamo all’elettronica, che in tanti vorrebbero limitare. Si potrebbero comunque lasciare parametri personalizzabili, come i tempi di iniezione o gli anticipi. Oppure si possono limitare i giri. Il futuro della nostra categoria è un ritorno al passato, con una griglia affollata e prestazioni abbastanza simili. Ma senza togliere la possibilità di fare ricerca e sviluppo, perché siamo qui anche per questo. Servirebbe un regolamento che pianifichi di più le prestazioni e metta un tetto alle spese delle varie case”.

A prescindere dalla MotoGP del futuro, quella odierna presenta comunque diversi interrogativi. Su una cosa però si può essere d’accordo: la nuova Ducati ha tutti gli occhi puntati addosso.


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