Noriyuki Haga: Re senza corona

VIDEO La carriera di un pilota in grado di esaltare le folle

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Esiste una categoria di piloti che riesce ad entrare nel cuore degli appassionati senza potersi fregiare di un titolo mondiale. Dei re senza corona per chi li sostiene, degli eterni secondi per chi li vuol criticare.

Noriyuki Haga, è uno di questi. Un samurai capace di entusiasmare folle e tecnici, in grado di compiere imprese eccezionali, e vincitore solo morale (per lo meno, per molti tifosi e appassionati) di un titolo iridato.

Haga può essere visto come il pilota funambolo per eccellenza, capace di imprese come pochi. La sua storia resta legata indissolubilmente alla Yamaha. Con la casa di Iwata stabilì un feeling unico, che nemmeno negli anni Ducati riuscì a replicare.

GLI ESORDI - Il fenomeno di Noriyuki Haga si mostrò in maniera chiara per la prima volta nel 1996: il giapponese, in compagnia di Colin Edwards, vince la classica 8 ore di Suzuka, e conquista, da wild card, il primo podio iridato nel Mondiale a Sugo. Il talento c’è, è ben evidente, tanto che  la stessa Yamaha  contatta il nipponico per sostituire l’infortunato Colin Edwards per i round di Sugo e Sentul, in Indonesia. Il risultato? Una vittoria e tre podi complessivi.

Il ciclone-Haga si era abbattuto sul mondiale delle derivate di serie. E non aveva alcuna intenzione di placarsi: entrato in pianta stabile tra le fila del team ufficiale, domina i primi due round del 1998. Terzo e primo a Phillip Island, doppietta a Donington Park con la YZF 750 OW01. Il 5 aprile 1998 inoltre, il giapponese partecipa come Wild Card al Gp del Giappone, classe 500cc. Sul tracciato di Suzuka, conquista un eccellente terzo posto. Una prestazione incredibile, oscurata da quel capolavoro che fu realizzato dall’esordiente Max Biaggi in sella alla Honda del team Kanemoto, quando conquistò un hat-trick più unico che raro, alla sua prima gara nella classe regina.

Nonostante una stagione continuata in maniera altalenante – un podio ed altre due vittorie in mezzo a risultati non eccelsi – ed un 1999 in sella alla nuova YZF R7 condito da una sola vittoria ad Albacete, la stella di Haga risplendeva nel firmamento mondiale. Il Giapponese faceva parlare di se per il suo stile di guida particolare ed aggressivo, ma anche per il suo look e le sue…tinte ai capelli alquanto particolari.

Stagione 2000: per molti la sua più grande consacrazione. La Yamaha, venendo incontro alle richieste del giapponese, cambia coperture passando da Michelin a Dunlop. La moto paga un gap prestazionale evidente nei confronti di Ducati e Honda.

CAPOLAVORO A HOCKENHEIM - Il  Noriyuki Haga del 2000 è semplicemente più forte di tutto. Anche della squalifica per doping all’indomani della gara di Kiyalami in cui conquistò un secondo ed un primo posto. Una squalifica stupida, per una sostanza – l’efedrina – contenuta in un prodotto dimagrante che il giapponese utilizzò durante l’inverno. La comunicazione della conferma della perdita dei punti arrivò durante il week-end di Hockenheim. Haga rispose nell’unico modo che conosceva: mettendo a tacere tutti, compiendo uno dei sorpassi più emozionanti che il mondiale Superbike ricordi. Seconda manche, ultimo giro. Il gruppo di testa arriva al Motodrom, con Edwards che passa il giapponese. Dietro di loro, Chili e Bayliss possono solo assistere. L’americano si ritrova interno e chiude la traiettoria. Entrambi staccano al limite, arrivando leggermente lunghi, ma proprio in quel momento, Haga ha il suo colpo di genio, allargando quel tanto di più la traiettoria ed esitando con l’acceleratore per poter incrociare la traiettoria con la VTR di Edwards, infilandosi, ancora piegato, dove nessun altro pilota avrebbe mai pensato. Un capolavoro che lo porterà primo sotto la bandiera a scacchi. Al termine della stagione, il giapponese sfiorerà il titolo, ma per molti, il vincitore morale sarà lui.



Nel 2001 passa al mondiale 500cc con il team WCM di Peter Clifford e gomme Michelin. La stagione sarà deludente e, nonostante la proposta di rimanere (considerando anche il passaggio alle gomme Dunlop per il 2002), Haga torna tra le derivate di serie in sella all’Aprilia. La stagione – contraddistinta dal duello tra Bayliss ed Edwards – vedrà Haga lottare strenuamente per il podio, conquistando 278 punti, ma nessuna vittoria. L’Aprilia decise di premiare la sua stagione riportandolo nel circus del motomondiale. E’ il 2003, l’anno del boom della Motogp, ed il team di Noale schiera un team di tutto rispetto con Edwards come team-mate del giapponese. Peccato però che la moto, la RSCube, risultò fin troppo avveniristica per quel tempo (motore a tre cilindri con valvole pneumatiche) ma anche poco affidabile.

L’ennesimo ritorno tra le derivate di serie avvenne nel 2004. Senza clamori mediatici, senza velleità proclamate. Semplicemente con una piccola compagine proveniente dal British Superbike: il team Renegade. Una stagione che avrebbe potuto regalare il primo titolo al rider di Aichi, grazie ai suoi sei successi. Peccato però che le esigue risorse del team, limitarono le revisioni del propulsore della 999. Risultato? Ben 6 ritiri per rotture e guasti tecnici.

SECONDA VITA IN YAMAHA - L’anno seguente le case giapponesi decisero di porre fine all’embargo in Superbike grazie anche all’apertura per le 4 cilindri alla piena cubatura. Torna la Yamaha con la YZF R1, e Haga torna a casa. La stagione comincia in ritardo per gli uomini di Iwata: la moto è ancora troppo acerba e consuma troppo le coperture Pirelli. Haga sembra in crisi con moto e con le forche pressurizzate della Ohlins. Ma come un’araba fenice, a metà stagione arrivano i capolavori che hanno contraddistinto la carriera del pilota: le vittorie a Brno e Brands Hatch. In Repubblica Ceca si esalta; parte sedicesimo, e nel giro di pochi giri sorpassa Troy Corser e si invola in solitaria verso la prima vittoria per la casa di Iwata al suo rientro.

Nori Haga nel 2005 a Brands HatchIn Gran Bretagna, esalta le folle sorpassando Corser – si, sempre lui – all’esterno, sul rettilineo d’arrivo, con tanto di spallata nei confronti dell’australiano. Gli anni in Yamaha sono la perfetta cartina di tornasole della carriera dell’asso giapponese. Risultati incredibili, alternati a prestazioni anonime o scivolate inattese. Nel 2007 l’ennesima occasione mancata. Una lotta a tre con Toseland e Max Biaggi, e con prestazioni di esemplare bellezza. A fine anno, solamente due punti divideranno il giapponese dall’alloro iridato conquistato da Toseland.

La batosta è grande. Per l’ennesima volta il titolo sfugge di un nulla. Una botta che lo limita all’inizio della stagione seguente, quando qualche caduta di troppo, e prestazioni non esaltanti, lo sbattono fuori dalla lotta per il titolo in poco tempo. Haga però è grande anche nella sua unicità, recuperando posizioni in classifica generale ed offrendo prestazioni di classe rara. E’ la storia che si ripete. A Vallelunga offre un duello spalla a spalla, carena contro carena insieme a Bayliss di rara bellezza. Una lezione di guida che nemmeno l’australiano sarà in grado di fronteggiare, tanto da essere indotto all’errore al Tornantino.


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IL PASSAGGIO IN DUCATI - Il giapponese vuole il titolo. E’ disposto a tutto pur di conquistarlo. Decide quindi di cambiare e passare in Ducati per il 2009. La moto è potente e affidabile, il team è quello campione del mondo. Bayliss si è appena ritirato. Tutto sembra presagire ad una stagione da vero dominatore. Ci sarebbe però quel nuovo arrivato, quel Ben Spies proprio in sella alla Yamaha, che potrebbe infastidirlo. In Yamaha volano basso, mantenendo un profilo basso che trae in inganno tutti. Il mondiale 2009 parte da Phillip Island. Pronti via, ed ecco subito la prima vittoria del giapponese con la 1098R, mentre l’americano arranca chiudendo 16esimo. Quanta paura potrebbe fare la sua nemesi, colui che ha preso le sue redini a Iwata? Tanta in realtà, e la conferma arriva subito in gara 2, quando il texano svernicia il rider Ducati all’esterno della curva uno, andando a vincere la seconda manche.

E’ fenomeno-Spies. La Superbike impazzisce per il ragazzo taciturno venuto dall’AMA. Ad Assen arriva la seconda vera batosta per il samurai, passato all’esterno del curvone all’ultimo giro. Tra inconvenienti tecnici e qualche caduta di troppo però, Haga si trova a metà stagione con un vantaggio di ben 88 lunghezze sull’americano. Il destino però è sempre in agguato e presenta il suo primo conto a Donington Park quando, durante la seconda manche, Haga cade malamente alla Coppice fratturandosi una vertebra. Il vantaggio si assottiglia pericolosamente. A Portimao l’ennesima resa dei conti. Haga ha 10 punti su Spies. Gli basterebbe amministrare, ma il giapponese è ombroso, insicuro. Qualcosa sembra non quadrare nel box del #41. Al termine della Superpole, DavideTardozzi è chiaro “le altre Ducati sono davanti. Evidentemente il problema non è la moto”.

Il problema evidentemente è nella testa del giapponese che non regge la pressione, ed in gara 1 scivola malamente. L’ennesima occasione gettata alle ortiche. Ben Spies conquista la vittoria e amministra nella seconda manche conquistando un titolo già nelle mani di Haga. E’ l’ennesima batosta che mortifica un re senza corona. Le stagioni 2010, sempre in sella al team Xerox Ducati, e 2011 con il team Pata Aprilia, vedono sempre più spegnersi la luce di un pilota emozionante, impulsivo, veloce, divertente come Nori-chan, fino alla conclusione di questo 2012. A poco più di un mese dall’inizio della stagione iridata, il re senza corona, si ritrova ancora senza una sella.

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