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Honda NS 125 F: la piccola saetta

Capostipite delle ottavo di litro hi-tec degli anni 80 e 90, la NS 125 F era la più amata dai sedicenni

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La Honda NS 125 F era dotata, per l’epoca, delle più recenti sofisticazioni tecniche, e la sua fisionomia ricordava quella dei bolidi da Gran Premio della marca dell’Ala dorata. Per essere una 125 cc andava forte e non era troppo assetata di benzina. Le sue uniche pecche durante la guida erano delle fastidiose vibrazioni e la carenza di sostanza ai bassi regimi. Rimane comunque al top fra le 125 sportive stradali della metà degli anni Ottanta del secolo scorso.

LA STORIA

La Honda-Italia, dopo aver esordito, nel 1977, con una due ruote economica stradale quattro tempi (la CB 125), ha dedicato ogni suo sforzo per emergere nel mondo delle tutto-terreno con la serie XL.
La NS 125 F viene presentata alla fine del 1984, periodo nel quale la Honda-Italia diventa ancora di più la protagonista del settore motociclistico stradale presentando, per la prima volta, la nuova e bella arrivata con un motore due tempi.
La graziosa italo-nipponica, ricca di belle speranze, viene commercializzata nella primavera del 1985 ed ha tutte le carte in regola per far invaghire anche i sedicenni più smaliziati, essendo molto compatta e snella proprio come fosse anch’essa un’adolescente.

LA TECNICA

Il gruppo propulsore, verniciato in nero, sembra un piccolo ritaglio sito sotto il bel serbatoio, dove l’"ala dell’Honda" resta sedimentata.
Il motore è monocilindrico due tempi inclinato di 15º30' sulla verticale, raffreddato ad acqua, con cilindro al Gilnisil ad 8 luci e: pacco lamellare con petali al carbonio, contralbero di bilanciamento, accensione elettronica, sul lato destro del blocco propulsore pompa per l’acqua di raffreddamento, lubrificazione separata sul lato sinistro ove spicca anche il volano per l’accensione elettronica e l’ATAC allo scarico.
Quest’ultimo è l’acronimo di Automatically Controlled Torque Amplification Chamber, ovvero la camera di amplificazione della coppia a controllo automatico, che ha un funzionamento di tipo meccanico-centrifugo, legato esclusivamente al numero di giri del motore: con l’aumentare del numero di essi, le sfere, che si muovono radialmente, si spingono sempre più verso l’esterno sollecitando la chiusura della valvola che regola l’accesso delle colonne gassose alla camera di risonanza. Intorno ai 7.000 giri, la valvola sbarra completamente la strada ai gas di scarico costringendoli ad incanalarsi nel tubo di scarico; l’alimentazione è affidata ad un carburatore Dell’Orto PHBH 26 FS e la frizione è multidisco in bagno d’olio ed il cambio è a sei rapporti con ingranaggi sempre in presa.

Nonostante la complessità meccanica, il motore ha dimensioni iper-compatte ed il telaio, che lo protegge e lo supporta, è un solido doppia culla in tubi quadri con la triangolatura centrale molto ampia e dotato di tubi superiori, molto divaricati tra loro, che sostengono il serbatoio e sono utili ad aumentare la rigidità torsionale: l’ispirazione a tale geometria è venuta direttamente da quella delle "VF" sportive, sorelle maggiori della piccola "NS"; la trasmissione primaria è ad ingranaggi a denti dritti, mentre la secondaria è a catena.
L’avantreno della piccola "corsaiola" può definirsi una "co-produzione italo-nippo-teutonica" perché è composto da una forcella Marzocchi telescopica alla quale, sul lato sinistro, è supportata una pinza a doppio pistoncino che rallenta la corsa di un singolo freno a disco forato, per migliorarne il raffreddamento e l’efficacia sul bagnato; i cerchi, verniciati di nero, sono in lega con razze a forma di boomerang; i pneumatici sono i tedeschi Metzeler o, in alternativa, potevano essere montati gli italianissimi Pirelli Mandrake.

Al retrotreno invece, spicca un solido forcellone a sezione quadra che, per mezzo del noto sistema a leveraggi Pro-Link, agisce su un mono-ammortizzatore regolabile. Il freno posteriore è a tamburo centrale da 86,4 mm, mentre di forte impatto visivo infine, è il "minacciosissimo" terminale di scarico.
La verniciatura impeccabile e le scelte cromatiche azzeccatissime, fanno di questa motocicletta un mezzo nel quale ogni particolare è curato e ben rifinito. Sotto il serbatoio della benzina è posto quello dell’olio per la lubrificazione separata ed il manubrio è un due pezzi in lega pressofusa, mentre il rubinetto della benzina a manopola tonda rotante è nel puro stile "VF" e l’accattivante espansione ha il terminale lucidato.

Le fiancatine sono montate a pressione e, dietro quella di destra, si trovano la piccola batteria ed il vaso di espansione del circuito di raffreddamento; dietro quella di sinistra, invece, c’è la camera di aspirazione con il filtro rigenerabile in spugna.
La strumentazione, montata elasticamente, è composta da tre elementi circolari il cui disegno richiama molto quello dei modelli di cilindrata superiore: sono molto leggibili anche di notte, ma gli "scarti" sono piuttosto sensibili. Il blocchetto per la chiave di contatto è sito al centro del cruscotto in basso; la fattura delle piastre forcella realizzate in lega di alluminio pressofusa e dei due semi-manubri sportivi regolabili in ampiezza, è molto pregevole. L’unica chiave di servizio apre anche la serratura del comodissimo supporto casco, situato però in una posizione poco felice.

COME SI COMPORTA

La "belvetta" ha una personalità grintosa e corsaiola. La posizione di guida è prettamente sportiva ma non pregiudica il comfort di marcia; l’imbottitura della sella non è abbondantissima, purtuttavia è accettabile ed essendo creata per una moto sportiva, al passeggero è offerto solo l’ultimo spicchio della seduta, quasi un posto di fortuna.
Le sospensioni garantiscono senza dubbio un buon assorbimento delle asperità stradali; i comandi al manubrio ed a pedale sono comodi, morbidi, ergonomicamente razionali e molto precisi. La molla di ritorno del cavo del gas è un po’debole è ciò comporta un rilascio non proprio immediato della manopola.
Il motore si avvia con estrema facilità e, pur non avendo l’avviamento elettrico, non ne fa avvertire la mancanza, ma richiede un periodo di riscaldamento prima di poter essere utilizzato a pieno regime. La meccanica e lo scarico non sono molto silenziosi, ma offrono sensazioni entusiasmanti agli alti regimi, quando si avverte il rabbioso urlo duetempistico della piccola Honda dalle prestazioni di alto livello.

La personalità del propulsore è quella tipica dei motori spinti: vuoto, regolare nell’erogazione, che accetta incondizionatamente la piena apertura del gas solo a partire dai 4.000 giri mentre, successivamente, dai 7.000 ai 10.500, esplode con vigorosa energia. Il risultato di tutto è una guida decisamente impegnativa nel traffico cittadino, aggravata dalla particolare rapportatura del cambio, con la prima molto corta e la seconda e la terza spaziate eccessivamente tra loro.
Il misto veloce, dove si può spremere tutta la potenza con molta soddisfazione, è il terreno fertile dove emergono le qualità della giovane Honda: tenendo sempre in coppia il motore infatti, si raggiungono rapidamente velocità molto elevate ed è facile tener testa anche a moto con cilindrate più sostanziose.

Su fondo stradale sconnesso, nei repentini cambi di traiettoria e nei veloci curvoni affrontati a pieno gas, si accusa qualche leggera imprecisione dovuta: ai pneumatici dalla mescola un po’dura, alla debolezza della forcella ed alla leggerezza complessiva del mezzo. La forcella, particolarmente in frenata, ha un affondo eccessivamente brusco, mentre la sospensione posteriore è completamente a punto.
La frenata è molto potente: il tamburo posteriore, infatti, è modulabile e non si blocca, mentre il monodisco anteriore si dimostra perfettamente adeguato alle doti velocistiche della "NS".
I consumi sono contenuti e gravitano in un buon livello di economicità, con differenze limitate nei diversi usi (cittadino ed extraurbano). Il giudizio non può quindi che essere positivo, ricordandosi sempre però che, nella guida di questa motocicletta, vanno tenuti ben presente i suoi limiti e soprattutto vanno rispettati.

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