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SBK: Il Mondiale "resiste" al mercato

Pro e contro l'attuale minimo di produzione per l'omologazione Superbike

SBK: SBK: Il Mondiale

Le supersportive sono in pesante crisi di vendita, praticamente in tutto il mondo. Prendendo come esempio l'Italia, nel 2000 la 600 più venduta era la Yamaha R6 con 5.825 pezzi; nel 2011 la più venduta dello stesso segmento è stata la Kawasaki ZX6-R con 409. In pratica il 7% di venduto rispetto a dieci anni prima! E la 1000 non sta molto meglio: la Yamaha R1 ha venduto nel 2000 2.362 pezzi, mentre nel 2011 di BMW S 1000 RR (leader della classe) ne sono stati immatricolati e venduti 552.

Questi dati potrebbero far pensare all'opportunità di una rivisitazione (al ribasso) del numero minimo di moto prodotte necessario per l'omologazione in Superbike. Anche perché Case che vorrebbero entrare - tipo MV Agusta e Bimota - devono affrontare questo primo scoglio.

"E' una cosa di cui si è parlato - ci ha detto Paolo Ciabatti, Direttore della Superbike - ma devono essere le Case a chiederlo. Ai Costruttori giapponesi avevamo garantito che il regolamento sarebbe stato per moto di "grande serie" ed avevamo previsto 1.000 moto prodotte entro la fine del Campionato. Nel frattempo è cambiato il mercato ma l'episodio più importante è stata la riunione dell'MSMA che chiedeva 2.000 moto minimo e noi pur non avendo rapporti diretti abbiamo ritenuto opportuno accogliere questa richiesta. Abbiamo accolto anche quella che prevedeva 2.000 moto in Paolo Ciabattidue anni da produrre entro 15 giorni prima della fine del Campionato per le nuove entrate. Questo permette di sfruttare due "model year". Dal 2012 il termine viene portato al 31 dicembre favorendo le produzioni di fine anno. C'è anche da considerare che nessuna Casa industrializza un modello pensando di farne meno di 2.000. E' chiaro, però, che in questo momento in cui le supersportive stanno soffrendo siamo disponibili ad ascoltare ogni proposta".

Che non sia così semplice trovare una soluzione - ammesso che sia necessario cercarla - lo dimostrano anche le parole di Ernesto Marinelli, responsabile del progetto Superbike in seno alla Ducati: "E' un aspetto difficile da affrontare - ci ha detto l'ingegnere modenese - perché presenta due aspetti critici. Il primo è la possibilità di dare ad alcune Case l'opportunità di produrre un certo lotto di moto "racing oriented" che favorirebbe solo chi può permetterselo . Il secondo riguarda il mercato che si è praticamente dimezzato. Ci sono obiettivamente Case in difficoltà e, per fortuna, non siamo tra queste".

E tra le grandi Case c'è senza dubbio la Honda: "Riteniamo che il numero attuale sia adeguato. - ci ha detto Carlo Fiorani, responsabile racing della Honda Europe - Il mercato sicuramente non è più quello di una volta come dimostrano i nostri dati che vedono alcuni modelli supersportivi passati da 15-10.000 pezzi di qualche anno fa ai diecimila attuali ma stiamo parlando di numeri ancora importanti. Ed anche le Case più piccole sono sicuramente sopra le 2.000 unità. La situazione, però, va monitorata con grande attenzione. C'è di contro il pericolo che abbassando il numero minimo sia aprano scenari che vedono moto troppo costose, come accaduto in passato".

In parziale controtendenza l'opinione di Gigi Dall'Igna, responsabile dell'attività sportiva del Gruppo Piaggio: "Quando è stato fissato il numero minimo il mercato era completamente diverso. - ci ha detto l'ingegnere veneto - Potrebbe essere il caso di rivederlo. Deve essere mantenuto lo spirito del regolamento ma bisogna tenere conto della realtà attuale del mercato. E non bisogna pensare che arrivino le edizioni speciali: non stiamo parlando di una ipotesi di abbassamento a 100-200 pezzi ma a 1.000. E chi farebbe una special edition con questa quantità?"

Rimane, quindi, ancora aperta la questione che pur non essendo nelle prime pagine dell'agenda del management della Superbike è, comunque, presente vista la persistente crisi del mondo delle Supersportive.

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