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Il Design della Ducati 1199 Panigale

I nostri esperti valutano il progetto formale della nuova Superbike bolognese

Moto - News: Il Design della Ducati 1199 Panigale

Torniamo oggi a parlare di Ducati 1199 Panigale, la moto che sta facendo scorrere fiumi di inchiostro sulle pagine di tutti i giornali, cartacei o elettronici che siano.
Nel mare magnum delle centinaia di articoli che stanno fioccando sulla nuova bicilindrica bolognese, abbiamo voluto proporre qualcosa che sul web ancora nessun magazine ha mai offerto. Ci siamo rivolti ad un esperto di design contemporaneo, affidandogli il complesso compito di condurre un’analisi formale critica del design della 1199 Panigale. Il risultato lo potete leggere qui sotto a firma dell’ing. Aldo Vanini, che speriamo possa continuare a collaborare con noi in futuro.
Lasciamo quindi a lui la tastiera e vi invitiamo a seguire con noi questo interessante viaggio nell’impianto formale estetico che a Borgo Panigale, nell’ufficio di Ducati Design, hanno concepito per questa pietra miliare della produzione bolognese.

RAPPRESENTARE LA TECNOLOGIA

Non deve stupire che siano i più giovani, spesso, ad avere un atteggiamento conservatore nei confronti delle cose. La memoria corta fa ritenere che il mondo sia sempre stato come lo hanno conosciuto negli ultimi dieci, vent'anni. Così, l'architettura di base delle Ducati sembrava non essersi mai scostata dallo stereotipo traliccio di tubi d'acciaio-distribuzione desmodromica. Chi, come me, ha fatto i primi chilometri sulla sella delle Ducati monocilindriche, sa che le cose stanno diversamente e che la storia della fabbrica di Borgo Panigale passa per una serie di innovazioni tecnologiche delle quali le scelte per la 1199 non sono le prime e non saranno, spero, le ultime. Prima della distribuzione desmodromica abbiamo avuto convenzionali valvole richiamate da molle e la distribuzione a coppie coniche sembrava l'elemento di riconoscimento, anche visivo. Prima del traliccio d'acciaio, abbiamo avuto telai a culla o con bretelle che collaboravano con il motore. Prima, e dopo, la configurazione bicilindrica ad L, monocilindrici, bicilindrici fronte marcia e anche quattro cilindri. Perché il vero landmark di una azienda come la Ducati é proprio la capacità di rappresentare quanto di meglio la tecnologia e la cultura del momento offrano nel campo delle massime prestazioni, anche con scelte non allineate a quelle degli altri costruttori.

GIANANDREA FABBRO:
"LA MOTO E’ DISEGNATA DALL’INTERNO VERSO L’ESTERNO"

Non é fuori tema riferirsi alle scelte ingegneristiche, anche analizzando dal punto di vista formale una motocicletta. Gianandrea Fabbro, che prima della 1199 aveva firmato la 1098 e la 1198, reclama la sua stretta dipendenza formale dalla meccanica. Molto correttamente, rifiuta ogni ingenuo riferimento a forme naturali, sostenendo che: "Ciò che mi ispira é più la meccanica, la bella meccanica, la moto é, sì, un bel vestito, ma non deve tradire o nascondere quello che c'é sotto, la moto é disegnata dall'interno verso l'esterno".
E aggiunge. "La moto é fatta di componenti, si compone un po' come un puzzle". Infatti, da un punto di vista formale, oltre che funzionale, il concetto della Panigale si scompone secondo sottoinsiemi differenti da quelli che hanno caratterizzato gli ultimi decenni di progettazione Ducati.
La Panigale, pur sotto una apparente immagine di evoluzionaria continuità, rappresenta un nuovo punto di partenza, simile all'introduzione della 916, molto più di quanto non lo fosse la 1098, che sotto un disegno di superficie più aggiornato, riprendeva il concetto formale generale e i sottosistemi della più bella superbike di tutti i tempi.

L'abbandono del telaio a traliccio e degli scarichi sotto sella ha fatto riconsiderare radicalmente il concetto che Massimo Tamburini impostò circa vent'anni orsono, proseguito nella meno felice 999 di Pierre Terblanche. Nella 916, e nella 999, l'elemento generatore di tutte le componenti formali era rappresentato dalla diagonale e dalla triangolatura del telaio. Ad esse si adeguavano tutte le altre componenti, che mantenevano una elementare riconoscibilità. Serbatoio, airbox, carena, tubi di scarico, sella, si combinavano insieme in un risultato che, con termine gergale e tutt'altro che negativo, definirei "ignorante". Le cose erano "come dovevano essere", senza alcuna apparente ricerca stilistica, che é cosa molto più facile a dirsi che a farsi, quando si ha a che fare con le leggi dell'ingegneria, dell'aerodinamica e della produzione.

In venti anni la Ducati é cambiata radicalmente. Dalla piccola azienda i cui risultati, quando c'erano, erano una piacevole sorpresa, ma da cui non ci si aspettava più di tanto se paragonata ai colossi giapponesi, si arrivati a una realtà, se pur non competitiva in termini numerici, dalla quale si pretende sempre il massimo in termini di risultati e di qualità. Un prodotto che si é collocato nella nicchia più alta del mercato, con un'utenza esigente e non disposta a sacrificare comfort, qualità percepita e raffinatezza di design sull'altare dell'immagine corsaiola. Tutte queste caratteristiche devono esser fatte convivere, e senza compromessi.

PANIGALE: UN GRANDE PROGETTO INTEGRATO
La Panigale ha raggiunto questo livello di qualità e di integrazione, diventando un progetto assai più complesso di ogni esperienza precedente. Sin dall'inizio ogni componente é stata pensata anche formalmente come parte integrante del tutto e non come fattore isolato da integrare successivamente. L'esempio più evidente é proprio il cuore del sistema, quel motore Superquadro che, in modo spettacolare e inconsueto, diventa il baricentro formale di una motocicletta carenata, grazie a un proporzionamento che ne consente l'esposizione quasi trionfale, oltre la timida allusione che si era vista nel progetto di Terblanche. E' la sua forma, chiaramente pensata all'origine per essere messa in bella mostra, e quella dei suoi ancillari, a condizionare tutto quello che le sta intorno.

Qui tutto combacia, tanto per la necessità di mettere insieme la grande quantità di cose indispensabili in una motocicletta del ventunesimo secolo, che per comunicare la raggiunta maturità di ingegnerizzazione di un'azienda che ha lasciato alle spalle il carattere semiartigianale. Così i due barilotti della 916 e della 1098 lasciano il posto a uno scarico modellato tridimensionalmente per integrarsi in una forma compiuta con la carena, liberando la sella, minimalisticamente trendy, dall'incombenza di accoglierlo, e lasciando al tratto di collettore in bella vista il compito di esprimere l'idea della potenza termodinamica. Esposizione che lascia nell'osservatore il dubbio se si tratti di una necessità termica o di un vezzo stilistico, probabilmente entrambi...

La carena, non più vincolata dalla diagonale del telaio, si distende all'indietro, ridefinendo le linee dinamiche visuali della Panigale e creando, anche qui il presupposto per un processo di integrazione, unendosi visivamente al serbatoio, che non é più un elemento appoggiato, ma filante e dinamico.
Dove la 916 definiva il suo carattere nei pieni delle grandi superfici, la Panigale articola dialetticamente pieni e vuoti, che contribuiscono a determinarne la sveltezza percepita. Vuoti che non sono 'buchi' piazzati a caso, ma che si inseriscono in un disegno complessivo, convergendo in un punto prestabilito. Paradossalmente all'accorciamento dei dati geometrici, benefico per la dinamica del veicolo, si accompagna un allungamento visivo dell'anteriore, che é la parte che meglio contribuisce a comunicare slancio e aggressività, in quanto posizionata davanti al pilota.
Lo spostamento delle prese d'aria dell'airbox, che già nella 1098 si erano spostate sotto i fari, qui si compie in modo maturo e definitivo, lasciando libera la fiancata da ogni protuberanza e determinando due grandi, drammatici vuoti assetati d'aria, in cui la presenza dei fari diventa secondaria, a cui fanno da pendant le due omologhe prese d'aria ai lati della sella. Gli specchi, allargati per un'esigenza funzionale, ancora una volta non sono risolti brillantemente e non mi accontenta la giustificazione che questa motocicletta nasca per girare dove gli specchi é bene che vengano rimossi. I vecchi specchi disegnati da Tamburini forse non davano il massimo di visibilità, ma risultavano certamente meglio integrati.

La prova del nove del processo di integrazione é costituita, come sempre, dalla vista dall'alto, poco rilevante per lo spettatore, ma determinante per verificare la bontà complessiva del progetto, oltre ad essere il punto di vista più gratificante per pilota e proprietario. E dall'alto il serbatoio si rivela un piccolo capolavoro, con una modellazione che riesce a controllarne le dimensioni importanti. Ogni linea si raccorda con tutte le altre; serbatoio, sella, parabrezza, si fondono in un disegno unitario, pronto ad accogliere con straordinaria naturalezza la sagoma del pilota.
La Panigale é un oggetto tecnologicamente e formalmente complesso, che non ha più nulla da invidiare, sotto questo aspetto, alle più sofisticate motociclette giapponesi e tedesche e che, probabilmente, a queste ha molto da insegnare, costituendosi come un punto di riferimento per molti anni ancora.

Borgo Panigale, località che vorremmo rimanesse il luogo di nascita di questo e di futuri capolavori, ha trovato in Gianandrea Fabbro il nuovo interprete della propria filosofia di eccellenza, che auguriamo possa continuare qualunque siano gli sviluppi proprietari dell'azienda.

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