Rossi: il Sic lo ricordo con un sorriso

Vale: "Ho perso un grande amico, un casco speciale in suo onore"

E’ difficile per Valentino Rossi tradurre in parole tutti i pensieri e i sentimenti che scorrono impetuosi nella sua testa e nel suo cuore. Sono passate meno di due settimane dall’incidente che si è portato via Marco Simoncelli e nulla sembra come prima nel paddock di Valencia. “E’ inutile negare che non sia un momento difficile, è un fine settimana strano, ma correre è il miglior modo per ricordare Marco – ammette, cercando di controllare emozioni che vorrebbero esplodere – In questi giorni ho cercato di passare più tempo possibile con la sua famiglia, ho perso un amico e questo vuoto è impossibile da cancellare”.

Negli occhi di tutti sono ancora impresse l’immagine del funerale, l’abbraccio della gente, il calore di chi aveva imparato ad amare Marco anche senza averlo mai incontrato. “In tantissimi hanno dimostrato il loro affetto – dice Vale – e anche in un momento così terribile si respirava una bella atmosfera. Ne ho parlato anche con suo padre, Paolo, la reazione della gente è stata un qualcosa di emozionante e commovente. Ti rendi conto di quanti gli volevano bene, Marco era uno che ti faceva divertire sia in pista che fuori, uno di quei piloti che ti fanno appassionare a questo sport. Si meritava questo tributo”.

Il Sic che a Rossi manca di più è quello intimo, privato “quello con cui si andava a girare sui kart o sulla moto da cross. Non c’è un solo ricordo che non mi strappi un sorriso, perché Marco era uno con cui era facile divertirsi”. Gli occhi gli si illuminano un istante, pensando a quel ragazzo con l’aspetto del fumetto e la grinta di un supereroe. Valentino ha "un solo rammarico, non essere riuscito a fare una bella bagarre con lui in MotoGP. L’anno scorso ero io ad andare più forte e questa stagione lui, a Misano avevo avuto un assaggio, ma lui era più veloce”.

L’incidente che lo ha visto coinvolto insieme a Edwards lo ricorda bene: “è successo tutto in un attimo, io ero dietro a Colin – spiega – ci ha praticamente tagliato la strada ed è stato impossibile per noi evitarlo. Marco aveva una guida molto fisica, anche per la sua corporatura, quando la moto è scivolata lui è rimasto attaccato e ha cercato di non farla cadere. Purtroppo il suo corpo ha agito da perno e al posto di andare verso l’esterno della curva è andato all’interno”.

Domani sarà il momento di tornare in sella, di ricacciare tutti i fantasmi in un luogo chiuso e irraggiungibile, di continuare a fare un mestiere che a volte è capace di fare dimenticare in un attimo tutti il bello che sa offrire. “Non ho mai pensato di smettere – afferma Rossi – non penso che questa possa essere la risposta a quello che è successo. Sono risalito in moto negli scorsi giorni, in fondo noi piloti cresciamo facendo questo ed è quello che ci rende felici. Le sensazioni sono state buone, magari sulla MotoGP sarà diverso”. Un pensiero va anche al suo fratellino, Luca Marini, che sta incominciando a fare i primi passi in questo mondo: “lui deve continuare a fare quello che vuole – dice Vale – sappiamo che certe tragedie possono succedere, è inutile nasconderselo”.

Domani i motori si accenderanno un’altra volta, per l’ultima gara, tutti meno uno, quello della Honda numero 58 che rimarrà immobile nel suo box. “Siamo tutti scossi e salire in moto sarà difficile – ammette Rossi – ma dobbiamo farlo per Marco, bisogna andare avanti”. Per rendere omaggio all’amico, il Dottore da sabato indosserà un casco specialenon vi svelo niente, lo vedrete fra due giorni”.

E lo vedrà anche il Sic, che ascolterà dal cielo la musica dei motori che suonerà solo per lui.


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