Marco veloce? Era sempre in ritardo

Paolo Simoncelli racconta la contagiosa ironia di Marco

Marco veloce? Era sempre in ritardo

La mattina che ha preceduto il funerale di Marco Simoncelli, la casa dove il pilota viveva assieme ai genitori, la sorella minore, e la fidanzata aveva le porte aperte. Con grande coraggio e disponibilità, la famiglia del pilota accoglieva amici, giornalisti, e ammiratori del “Sic” in una sorta di abbraccio collettivo.

Con gli ospiti radunati nel salotto, seduti intorno ad un tavolo guarnito di caffè e pasticcini, Paolo Simoncelli ha condiviso aneddoti e pensieri sul figlio prematuramente scomparso. Nel dolore di una ferita ancora troppo fresca, la sua mente è tornata agli istanti successivi all’incidente sul circuito di Sepang. Momenti interminabili, durante i quali la speranza e l’amore lottano contro la ragione. “Sono salito sul motorino per raggiungerlo – ricorda – Ma andava pianissimo. Ci avrò messo due minuti. Forse per egoismo, durante il tragitto continuavo a sperare che non si trattasse di Marco”.

Nella disperata ricerca di un perché, il padre ha criticato le gomme Bridgestone, esasperate nelle prestazioni e soprattutto troppo lente ad entrare in temperatura. Ma immediatamente, con naturalezza, affiorano i ricordi più felici. Come la passione e la competitività di Marco, partite da una semplice videocassetta su Gilles Villeneuve. “Avevo comprato la raccolta di VHS usciti dopo la sua morte – racconta Paolo Simoncelli sorridendo – Marco ne era rimasto affascinato. Le guardava sempre, tant’è che a un certo punto la mamma gliele ha sequestrate perché stava diventando un’ossessione”.

In quello che ora sembra uno scherzo del destino, il padre racconta di aver piantato una rosa al momento della scomparsa del pilota canadese. La pianta era cresciuta rigogliosamente, resistendo anche a un trapianto tra il giardino di Riccione e quello di Coriano, salvo poi seccarsi proprio quest’anno.

Di Gilles, Marco aveva imparato la determinazione e la capacità di dare spettacolo, entusiasmando anche persone che solitamente non seguono il motociclismo. “Lo incitavo sempre a non mollare – dice Paolo – Nelle prime gare di minimoto gli dicevo che, anche se era ultimo, doveva sforzarsi per passare quello davanti”.

Da qui la generosità di un pilota che non era avvezzo a risparmiarsi, né dentro alla pista né nella vita di tutti i giorni. Il padre ricorda come Marco si recasse spesso in una comunità per ragazzi meno fortunati poco distante dal paese natale, prestandosi volentieri ad abbracci, fotografie, e chiacchiere. “Sic” aveva anche fatto una generosa donazione alla Clinica Mobile, evocando lo stupore del solitamente compassato dottor Claudio Costa.

Il padre sorride al ricordo di come allora gli sembrasse di non avere il tempo né la capacità di accompagnare il figlio anche in queste attività. Ora invece c’è la volontà di creare una fondazione di beneficenza che prosegua questo percorso nel nome e nello spirito di Marco.

Ironicamente, la velocità di Marco Simoncelli era strettamente legata alla pista. Come ha eloquentemente illustrato la madre Rossella in un profilo per le maestre delle scuole medie, “Sic” amava affrontare ogni aspetto della propria vita con una calma a tratti snervante per la maggior parte di chi gli stava attorno. In particolare, il bonario affresco dipinto dai genitori illustra un Simoncelli particolarmente creativo nel trovare espedienti per presentarsi fuori orario“Una volta andammo a Bologna per firmare il contratto con la Honda e arrivammo stranamente in tempo – racconta il padre – Ma una volta in albergo, Marco si fece indicare il bagno e riuscì a presentarsi con un quarto d’ora di ritardo”.

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