Ci sono poche persone al mondo a riuscire a radunare una folla oceanica nel loro nome, Marco Simoncelli era una di queste. Coriano, il suo paese natale, sulle colline della romagna, non ce l’ha fatta a contenere tutti quelli che volevano portargli il loro ultimo saluto. I suoi amici, i suoi tifosi, sono troppi, troppa la gente che aveva imparato ad amare quel pilota dalla zazzera bionda e il sorriso sincero.
I palloncini rossi con il numero 58 volano alti nel cielo mentre la bara di Marco entra nella chiesa parrocchiale. Ad aspettarlo i suoi avversari e amici, Valentino Rossi, Loris Capirossi, Andrea Dovizioso, Mattia Pasini, Simone Corsi, Jorge Lorenzo, Marco Melandri, Raffaele De Rosa, Manuel Poggiali, Sete Gibernau, il popolo del motomondiale, Lucio Cecchinello, Filippo Preziosi, Claudio Domenicali, Giacomo Agostini, Livio Suppo, Shuhei Nakamoto, Franco Uncini, Vittoriano Guareschi, Mauro Sanchini, il presidente della Federazione Internazionale Vito Ippolito e di quella Italiana Paolo Sesti. Tutti uniti nell’ultimo saluto al Sic, stretti intorno alla sua famiglia, il padre Paolo, la madre Rossella, la sorella Martina e la fidanzata Kate.
Davanti a tutti Marco, nella bara ricoperta da fiori bianchi, con a fianco i suoi due gioielli. La Gilera 250 con cui aveva vinto il titolo mondiale nel 2008 e la Honda MotoGP che guidava quest’anno, due amiche che lo accompagneranno anche in questo ultimo viaggio.
A ricordare il Sic, nell’orazione funebre, è il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi: “ti ho visto solo una volta – ha detto rivolgendosi a Marco – in occasione della cresima di tua sorella e ora che conosco quanto sia grande la tua bontà ho il rimpianto di non aver provato a diventarti amico. So che non mi avresti respinto, anche perché sono anziano o perché sono un vescovo, e con te avrei potuto parlare e anche litigare, quelle belle litigate che solo due amici possono fare. La sera prima dell’ultimo Gran Premio avevi detto che volevi vincere per salire sul gradino più alto del podio, dove ti avremmo potuto vedere meglio. Oggi proviamo gioia e speranza nel vederci inquadrati da te dal podio più alto che ci sia”.
Una cerimonia raccolta, intima, tanto nella chiesa quanto nelle strade, dove i maxischermi rimandano le immagini della celebrazione. Il silenzio avvolge l’aria, si fa ricordo, immagini, dolore, speranza, prima di tramutarsi in un rombo, nell’applauso finale quando Marco esce dalla chiesa. Dagli altoparlanti si diffonde la voce di Vasco Rossi, canta “Siamo solo noi”, il brano preferito dal Sic. I membri della sua squadra appoggiano il feretro su un tappeto, in mezzo alla piazza, in mezzo alla sua gente.
Paolo, il padre, si mette a sedere di fianco, insieme alla figlia Martina e a tanti amici. Si gode l’ultima canzone insieme a Marco, come fosse su un prato per un concerto. La fidanzata Kate vuole ricordarlo: “lui era perfetto, e le persone troppo perfette non possono vivere con noi comuni mortali”.
Le ultime parole sono del dottor Costa, medico e angelo dei piloti: “dentro la bara c’è un viso che sta ridendo, che dice che questo è l’ultimo scherzo che vi ha fatto. Questa sera lui tornerà a casa con la sua famiglia e con ognuno di voi, diventerà uno di voi nel vostro cuore. Oggi qui si celebra la vittoria sulla morte di Marco Simoncelli”.