Schwantz: "Sic futuro campione"

Kevin Schwantz, tra aneddoti e riflessioni, saluta l'amico Marco Simoncelli

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Pochi istanti dopo che Marco Simoncelli si è spento al termine di un’ultima, disperata battaglia per la vita, Kevin Schwantz ha mandato un sms al cellulare del ragazzo. Il testo recitava: “Riposa in pace, ciccio”. Proprio quest’ultimo era il soprannome affettuoso con il quale la giovane promessa e l’ex-campione si chiamavano reciprocamente. Più tardi, Schwantz ha avuto occasione di articolare i suoi sentimenti e ricordi del “Sic” in un commovente epitaffio sulle righe di Superbike Planet.


LA PASSIONE DI MARCO – Di “Sic”, Schwantz ricorda innanzitutto il sorriso. Contagioso. Sempre presente sulle labbra del giovane. “Era felice di correre – ha scritto – Per molti di noi, ad un certo punto, correre era diventato un lavoro. Non ci divertivamo più. Non riuscivamo a compensare tutte le aspettative e i carichi di lavoro per l’ora di puro piacere alla domenica durante la quale cercavamo di dare la paga a tutti gli altri. Ma Simoncelli, fino all’ultimo istante, sembrava capire ed accettare questa realtà meglio di chiunque altro”.


PERSONAGGIO UNICO – L’allegria, l’esuberanza e la genuinità di Simoncelli, unite al talento puro, l’hanno reso un’icona. Impresa rara nel motociclismo odierno, portato alla ribalta nel segno del talento innato alla comunicazione – oltre che alla velocità – e della straordinaria presenza mediatica di Valentino Rossi. Cresciuto nel mito di quest’ultimo, Simoncelli lo approcciava al contempo con ammirazione e mancanza di timori reverenziali. Da pari a pari, ma anche da gemelli diversi, entrambi hanno portato il motociclismo alle masse, entusiasmando generazioni di appassionati. Tanto che molti tifosi del “Dottore” si erano avvicinati a “SuperSic” con altrettanto affetto. “Probabilmente farò storcere qualche naso dicendo questo – preannuncia Schwantz – Ma credo che ci siano tre personaggi, ora due, al di sopra della media nel motociclismo odierno: Maverick Viñales, Marc Marquez, e Marco Simoncelli. Questi ragazzi sono un ottimi ambasciatori per lo sport. Sembra che si divertano sempre. Ci saranno sempre dei Pedrosa e degli Stoner, ma il ritiro di Valentino marcherà la fine della personalità in questo sport”.


CONTINUO PERFEZIONAMENTO – I detrattori di Simoncelli lo hanno spesso tacciato di eccessiva aggressività in pista, citando a propria difesa le sue frequenti cadute. “Sic”, invece, ne sapeva vedere il lato migliore, come parte integrante di un disegno più grande: diventare campione. “Aveva sempre qualcosa di positivo da dire, e lo faceva sempre col sorriso – ricorda Schwantz – Diceva: 'Non ho corso con queste moto per dieci anni. Non so esattamente cosa fare. Sto facendo errori. Sto imparando'. Era un pilota “vecchia maniera”, mi ricordava me stesso: non completo quando salì in moto per la prima volta, abbastanza grezzo, ma che stava davvero imparando cosa servisse in questo sport. E non solo per la curva successiva, ma per il risultato alla fine della corsa”.


TALENTO INDISCUSSO – A testimonianza della voglia di Simoncelli di imparare e vincere, Schwantz cita un aneddoto che risale ad una gara di motocross organizzata da Valentino Rossi per beneficenza nel 2009. “C’era anche Simoncelli – scrive – Era evidente che non avesse girato molto su una moto da cross prima di allora. Quindi io, che comunque avevo fatto parecchio cross, gli ho dato qualche rapido consiglio su cosa stesse facendo e come dovesse farlo. Al termine del fine settimana, era l’unica cosa che potessi fare per non perdere contatto con lui in pista. Era come una spugna. Assorbiva qualsiasi cosa lo potesse aiutare come pilota. Voleva sempre imparare. Ti ascoltava, mostrando sempre un grande interesse. Glielo leggevi in faccia: 'Questa cosa potrebbe aiutarmi, devo ascoltare'. E ogni volta che ero anche solo lontanamente vicino casa sua, mi invitava a trovarlo".


AMICO SINCERO – “Con Marco mi sentivo anche più spesso che con Spies – racconta Schwantz – Usavamo entrambi il soprannome ’ciccio’. Credo che in italiano significhi 'grasso', ma lui mi ha detto che significa soprattutto ’amico’. Gli mandavo messaggi prima e dopo ogni corsa. Prima della gara in Australia gli avevo scritto di fare una buona partenza e restare con Stoner nei primi giri per mettergli pressione. Dopo la corsa, mi ha risposto: ’Ah Kevin, non avevo il passo per stare con Casey. Ma sono contento del risultato, ho lottato fino all’ultimo’. Poi mi ha chiesto se venissi a Valencia e mi ha detto: 'Ci vediamo lì'. Ogni volta che ci vedevamo, mi invitava a cena. Una volta mi ha portato a fare delle sgommate su alcune strade di campagna deserte che lui e Graziano Rossi conoscevano a menadito. Ha sorriso a trentadue denti per tutto il tempo”.


FUTURO CAMPIONE – Al primo incontro con Simoncelli, durante una cena con Valentino Rossi dopo il gran premio di Barcellona nel 2003, Schwantz espresse alcuni dubbi sulle potenzialità di Marco vista la sua corporatura imponente. A prenderne le difese fu niente meno che Rossi in persona, che disse: “No, è veloce, è davvero forte”. Il resto della storia è noto. “Aveva una grande gioia di vivere – scrive l’americano – È una tragedia che sia finito tutto così presto. Aveva un futuro brillante alle porte. Non so esattamente come, ma sono sicuro che a Valencia faranno di tutto per pagargli il giusto tributo, perché era davvero il futuro della MotoGP per i prossimi cinque o dieci anni”.


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