Rossi, un uomo solo non più al comando

Agli avversari di Vale (convocato da Ezpeleta) manca il coraggio per decidere su Motegi. Sono usciti alla spicciolata dal motor home di Valentino Rossi attorno alle sette e mezza di ieri sera


Sono usciti alla spicciolata dal motor home di Valentino Rossi attorno alle sette e mezza di ieri sera. Lo sguardo chino, la bocca cucita, appena un sorriso accennato prima di andarsene per la loro strada, Jorge Lorenzo e Casey Stoner. Fuori c'era Uccio a fare gli onori di casa, scherzando sul fatto che, fosse stata la vera casa viaggiante del Dottore, nessuno di loro sarebbe entrato senza prima togliersi le scarpe.

Atmosfera distesa, dunque, per un incontro importante. Argomento all'ordine del giorno, anzi della serata, Motegi, ovviamente.

La posizione di Valentino ormai è chiara: non vuole andare. Vorrebbe non andare perché la situazione non è chiara, ma soprattutto perché è l'intero paddock a chiederglielo. Ci saranno comunque defezioni importanti in tutte le categorie, sia fra i piloti che fra tecnici di peso. Inutile fare nomi, perché l'atmosfera è quella dello stato di polizia. Lo stesso Valentino ieri è stato convocato da Carmelo Ezpeleta per parlare di Motegi.

Alcuni meccanici sono stati avvertiti: siete liberi di decidere, ma il prossimo anno potrebbe non esserci più il posto di lavoro. Questo perché, per coloro che non lo sanno, i contratti in questo mondo di "professionisti" sono per la maggior parte annuali. Sei in discussione per l'intera stagione e verso la fine sei debolissimo, perché per quanto bravo tu sia la fila dietro la porta è lunga.

Rossi, Stoner, LorenzoPotremmo fare nomi e cognomi: ognuno si riconosca. E' un movimento che ha una base larghissima quello che non vuole andare a correre a Motegi, ma è un partito che se ha volti non ha voce e, soprattutto non ha peso politico.

Del resto 125 e Moto2, qui ad Indianapolis, sui giornali sono etichettate come "gare di contorno". Ma come, i loro piloti non partecipano anch'essi al Campionato del Mondo?

Comunque sia, l'incontro nel motorhome di Rossi c'è stato, ma poiché ogni soluzione - come diceva Totò - ha il suo problema, è difficile che il fronte dei no, ancorché vastissimo, vinca.

La pressione della Honda sui suoi piloti, infatti, ha costretto a piegare le ginocchia e la schiena persino al coriaceo Casey Stoner, che a Brno ha accettato di perdere la faccia facendo un dietrofront che chi lo conosce bene pensava impossibile. Peraltro con una scusa risibile: la gravidanza della moglie Adriana. Come se la sua presenza fosse necessaria allo svolgimento della gara.

Per quel che precede Valentino Rossi davanti a sé ha un'unica possibilità: decidere egualmente di non andare. Così facendo si guadagnerebbe un sorriso da parte degli uomini della Ducati, e l'abbraccio metaforico dell'intero paddock. Tornerebbe leader, se mai non lo è stato, e dimostrerebbe una volta di più la sua forza. Purtroppo però in questo momento non lo farà. E' debole in pista e questa debolezza, che coinvolge la Ducati, gli toglie forza. E la sua Kriptonite. Nel chiuso del suo motorhome i piloti leader del campionato sono stati d'accordo con le parole del nove volte iridato, ma nessuno oltre Valentino Rossi ha abbastanza coraggio per metterci la faccia. United we stand, dividerd we fall. Siamo in America, no? Uniti si vince, divisi si perde.

Ma cos'è questa lotta? La paura irrazionale dell'ignoto che si nasconde dietro Fukushima? Le radiazioni invisibili? Macché, questa è il combattimento atavico che l'uomo combatte da sempre per una parola: libertà. Libertà di scegliere. Libertà di decidere.

Quella che allo stato attuale delle cose nella MotoGP - con un solo potere e nell'assenza totale di una controparte, la FIM - non esiste più.

Per questo Valentino perdente, ed a 32 anni, non ci metterà, da solo, la faccia e qualcos'altro - come peraltro ha detto già a Brno - perché in questo paddock è un attimo "essere persi". Lo spettro dell'ostracismo di cui fu vittima Max Biaggi è lì ancora che aleggia nell'aria.

Sei contrario? Sei fuori! E allora, inevitabilmente, Fukushima mon amour.

 

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