Sognavo di essere come Schwantz

Prima vittoria in MotoGP per il texano della Yamaha


Non c’è cosa peggiore che scoprire che i propri eroi sono solo uomini e che il mito è solo una faccia della realtà. I sogni scompaiono, dimenticati dietro alle spalle con il finire della fanciullezza e l’entrare nell’età adulta. Spies oggi, conquistando la sua prima vittoria in MotoGP è diventato uomo, per la seconda volta.

La prima è stata quando correva ancora negli Stati Uniti, nel campionato AMA Superbike. Si ritrovò come compagno di squadra il suo idolo, Mat Mladin. Gli arrivò davanti, per due anni di fila con la stessa moto, vincendo la devozione che aveva per lui. E riportandolo dall’Olimpo sulla terra.

La seconda è stata oggi quando sui maxischermi ai lati del circuito Assen ha visto la sua immagine, e non più quella di Schwantz o Rainey che erano ancora scolpite nella sua memoria. “Non ci credo, è stata la vittoria più importante della mia vita” sono state le sue parole dopo essere sceso dal podio, con un sorriso a disegnarli una curva sul volto solitamente serio e impassibile.

Si è avvicinato al mondiale con rispetto e convinzione. Prima una stagione in Superbike, vincendo il titolo al debutto senza avere mai visto le piste su cui correva. Poi un anno di apprendistato nel team satellite Tech3, insieme al connazionale Colin Edwards, e due podi. Quando Valentino ha lasciato la Yamaha ufficiale è stato subito chiamato al fianco di Lorenzo. Ha accettato e si è presentato col suo stile: pochi proclami e tanta concretezza. Un inizio di stagione difficile e poi Assen.

Ben, soprannominato Elbowz per il suo stile di guida a gomiti larghi, ce l’ha fatta. Ha battuto Stoner infliggendogli lo stesso distacco che solitamente l’australiano rifila ai suoi avversari. E ha ricevuto, via Twitter, i complimenti di uno dei suoi miti: quel Kevin Schwantz per cui tifava dalla sua casa in Texas.

“Quando sono partito, per i primi due giri il feeling con la moto era talmente perfetto che ho spinto più che potevo per accumulare vantaggio. Casey spingeva forte ma avevo ancora margine”. Commenta la gara con tono pacato, come se non si rendesse ancora conto che da oggi anche il suo nome sarà a fianco di quello dei suoi miti, nell’albo d’oro del Motomondiale.

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