Paolo Pirozzi ha trent'anni; è nato a Napoli, al confine tra Capodimonte e Sanità. Un paio di settimane or sono ha festeggiato 400.000 chilometri in sella ad una moto. Sta effettuando il giro del mondo. Lo avevamo incontrato lo scorso autunno a Melbourne, nei giorni del GP d'Australia. La sua strada ha nuovamente incrociato quella del Motomondiale all'Estoril, a metà maggio. Partito nell'estate del 2010, ha attraversato Europa, Asia, Australia, l'America del Sud e del Nord, per tornare adesso nel vecchio continente. E' nuovamente in Italia. Un po' preoccupato: l'avventura è quasi finita. Non ha voglia di affrontare una vita stanziale, senza i chilometri quotidiani da macinare, senza imprevisti da superare, senza vivere storie così strane da sembrare raccontate da altri.
Perù; America latina. Il deserto è dappertutto, ai lati della Panamericana. Un paesino piccolo: un solo gommista.
“Io, con il mio pneumatico forato, perché lo riparasse. Lui, il meccanico, del tutto indifferente: non mi guardava neppure. Solo ogni tanto, con la mano, mi faceva cenno: togliersi dai piedi. Perché? Pensavo: è il suo mestiere. Insistevo. Lui: via, via. E' passata un'ora. Io ogni tanto gli mostravo la gomma, e lui: via. Aveva un bel da dire: via. Non c'erano altri gommisti. Gli ho mostrato di nuovo il pneumatico”.
Dal meccanico, un sibilo: 'hijo de puta”.
Hijo vuol dire figlio; puta... in italiano la parola è un po' più lunga, la t è doppia, ma il significato è chiarissimamente lo stesso.
“E lì, mi sono arrabbiato. Ho buttato il pneumatico. L'ho afferrato per il collo”. Come se non avesse aspettato altro, il paese all'improvviso è accorso. “Si è diviso in due schieramenti: metà alle mie spalle; metà, alle sue spalle”.
“Io ero ricoperto di polvere. Lui era ricoperto di polvere. Ho urlato: non mi vuole aggiustare la gomma!”
Il pacchetto di mischia di Paolo (apostrofando il meccanico): “Perché non vuoi?”
Il pacchetto di mischia del meccanico (rivolto a Paolo): “Per non avere responsabilità”.
“Ho capito: non considerava strade da moto, quelle che avevamo attorno. Aveva timore di far un brutto lavoro; con il deserto tutt'attorno, se fosse successo qualcosa avrebbe potuto essere grave. E colpa sua”.
“Stava calando la sera. Sono corso allo spaccio; ho comperato due birre. Sono tornato di corsa, riuscendo ad infilarmi sotto la saracinesca mentre calava. Ho aperto una bottiglia; ho aperto l'altra”.
“Senti, stronzo” gli ho detto. “Quella è tua; questa è mia. Io di qui non mi muovo”.
L'altro ha allungato la mano. Ha esitato. L'ha afferrata; ha appoggiato le spalle al muro e, come in un cartone animato, si è lasciato scivolare a terra. Ha portato la bottiglia alle labbra.
“Cin-cin” ha esclamato Paolo, scuotendo la propria.
“Cosa significa?” ha chiesto il peruviano.
“Che domani mi riapri la gomma”.
Di nuovo un testardo gesto di diniego.
“No”.
Sospiro. “No. Te la riparo adesso”.
Mentre la riparava, hanno chiacchierato. “Su tanti argomenti la pensavamo allo stesso modo. Andarmene, mi è dispiaciuto”. Così racconta Paolo. Il cielo minaccia pioggia e lui pensa che forse, proprio in quel momento, anche il meccanico, in Perù, sta ricapitolando a qualcun altro la stessa storia.
Nella memoria, Pirozzi ha più immagini di quante se ne possano contenere. Le strade povere dell'Argentina, dove la gente, sul marciapiede, balla il tango. L'autovelox appena fuori dal deserto del Gobi. Il Dragon Tail, tratto di strada negli Stati Uniti con 322 curve in undici chilometri. Il terremoto, che lo ha svegliato in Cile (e sì che, come quasi sempre, dormiva in tenda). Un poliziotto che voleva “fare un favore all'Italia” (e scucirgli qualche dollaro, che Paolo però non possedeva). Las Vegas, dove il sindaco ha proclamato l'8 novembre “Paolo Pirozzi day”. Il mondo alla fine del mondo, in Terra del Fuoco: “L'unica foto in cui la moto guarda verso di me: in tutte le altre, per sottolineare il progetto – sempre avanti - la riprendevo da dietro, mentre puntava oltre. Oltre quel punto, però, non c'è nulla”.
Più di una volta hanno tentato di rubargli la moto: “vengono sempre in gruppo; ne scegli uno, e te la prendi con lui. Gli altri vedono che reagisci, e si fermano: anche loro hanno paura”. E quella volta in cui, di notte, ha visto i vampiri: “era appena successo un incidente. Moto per terra; lui di qua. Una gamba, di là. Attorno, gente sporca del suo stesso sangue, che lo stava derubando”.
La moto di Paolo è una Multistrada 1200. Nel viaggio, ha toccato 80 Ducati Club qui e là per il mondo. A tutti, in cambio della ospitalità, ha raccontato le sue storie.
(per leggerle raccontate da lui: www.paolopirozzi.com)