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Motor Show Bologna 2011: Agostini, ieri, oggi e domani

"Con 30 anni in meno sfiderei Valentino"

Moto - News: Motor Show Bologna 2011: Agostini, ieri, oggi e domani

Alla fine della scorsa settimana, l'ospite d'onore di una delle giornate del Speciale Motor Show 2011 Live è stato Giacomo Agostini: il 15 volte campione del mondo di motociclismo è salito sul palco allestito dalla Gazzetta dello Sport al padiglione 36, dove ha risposto alle domande dei tanti appassionati vogliosi di sapere tante curiosità su di lui. Come per a href="/magazine/8423/motor-show-di-bologna-2011-e-cairoli">Tony Cairoli, ecco una selezione di tutte le domande più interessanti:

Chiariamo una cosa: le tue vittorie sono 122 o 123? In ogni caso ora Valentino non sembra più in grado di venirti a prendere...
"Anche io ero convinto di aver vinto 122 Gran Premi, poi un amico spagnolo mi ha chiamato e mi ha detto che secondo lui erano 123. A quel punto sono andato a verificare ed è saltata fuori una gara di campionato del mondo 750, nella quale avevo vinto in Germania ad Hockenheim e quindi il conteggio è salito a 123. Per quanto riguarda Valentino, è abbastanza vicino, ma quest'anno purtroppo per lui non è riuscito a vincere. Comunque è ancora giovane, ha tanti anni davanti, quindi potrebbe anche riuscire a battere i miei record, anche se non è facile".

Cosa ti aspetti da lui e dalla Ducati nel 2012?
"Io sono convinto che alla fine la Ducati non sia una moto così malvagia, è solo un po' diversa da guidare rispetto alla Yamaha, quindi Valentino ha bisogno di conoscerla meglio per sfruttarla a dovere. Probabilmente lui avendo una grande sensibilità, sente subito i piccoli difetti che una moto può avere e che magari questo non lo limita un po' nel fare quello che vorrebbe. Anche perché io sono convinto che non può aver perso la sua bravura in un inverno. Certamente i suoi avversari sono molto agguerriti e anche dal punto di vista anagrafico le cose non volgono a suo favore, ma sono sicuro che nel 2012 farà vedere qualcosa in più".

Tu hai fatto il percorso inverso, dall'italiana MV Agusta alla Yamaha...
"Io ho vinto 13 Mondiali con la MV, che era una grande casa, ma poi ho visto che i motori a due tempi stavano avanzando e quelli quattro tempi stavano sparendo. Per questo ho deciso di cambiare e andare alla Yamaha, dove ho vinto altri due titoli Mondiali. In quel frangente i motori quattro tempi sono spariti e non a caso non si è più parlato di loro per oltre vent'anni. Passare alle due tempi comunque è stata una scelta giusta, altrimenti non sarei più stato in grado di vincere".

Qual è stata la gara più combattuta della tua carriera?
"Ne ho vissute tante, ma forse quella che ricordo più volentieri è una gara che non ho vinto, al Tourist Trophy. Ho lottato fino all'ultimo giro con Mike Hailwood. Lui correva con la Honda e io invece con la MV: all'ultimo giro ero in testa con otto secondi di vantaggio e sognavo già la vittoria, ma poi si è rotta la catena e mi sono dovuto ritirare. Lui mi ha portato comunque a festeggiare sul podio perché era un grande sportivo, dicendomi che la gara moralmente era mia, anche perché lui era praticamente imbattibile al TT. Avrei pagato veramente qualsiasi cosa per riuscire a batterlo".

Rispetto ai tuoi tempi le cose sono cambiate molto a livello di sicurezza? E allora il pilota contava di più rispetto ad oggi?
"Riguardo alla sicurezza è stato fatto tanto fortunatamente. Le piste erano pericolose perché erano strade aperte al traffico, quindi quando si cadeva spesso si moriva. Non avevi le tute, non avevi i caschi che ci sono oggi, l'air bag non esisteva. Quando al Tourist Trophy è morto l'italiano Gilberto Parlotti, perché ha sbagliato una curva ed è finito in un burrone, come piloti abbiamo iniziato a contestare questi circuiti molto pericolosi, ed è grazie a questo che oggi le piste sono diventate molto sicure, con spazi di fuga adeguati. Dopo le cadute i piloti si rialzano come se niente fosse, poi ogni tanto ci può essere una fatalità, ma ormai capita ogni vent'anni. Riguardo alla tecnologia, credo che oggi ci sia troppa elettronica. Io mi ricordo che ai miei tempi mi dicevano che avevo un gran polso, perché facevi tutto con quello. Oggi invece fa tutto l'elettronica, anche se rispetto alla Formula 1 ritengo che il pilota sia ancora più importante. Ai miei tempi comunque penso che il pilota potesse fare maggiormente la differenza".

Com'è il tuo rapporto con Valentino?
"Io l'ho conosciuto che aveva ancora due anni, perché suo papà Graziano correva per il mio team. E' un ragazzo simpatico, ha un grande talento ed è riuscito a rendere il motociclismo più mediatico con le sue trovate nel dopo gara e le sue interviste. E' un grande, anche se tanti magari pensano che non sia così perché non si fa vedere tanto pubblicamente o perché magari non si ferma a firmare gli autografi. Dobbiamo però anche capire che se si fermasse a firmare gli autografi a tutti non si libererebbe più. Io comunque lo stimo tantissimo ed è un amico".

Come mai hai scelto questa carriera?
"Non c'è una spiegazione particolare. Da quando sono nato ho iniziato a pensare alle moto: io volevo correre in moto e i miei genitori non volevano, ma evidentemente era nel mio DNA. Ai miei tempi per iniziare a correre era necessaria la firma di un genitore e io sono riuscito ad ottenerla grazie ad un notaio che era un amico di famiglia. Lui convinse mio padre a firmare, ma solo perché aveva capito che volevo correre in bicicletta. Quando si è accorto del suo errore però ormai era troppo tardi".

Preferisci le quattro tempi o le due tempi?
"Io ho nel cuore il quattro tempi, il rumore che fa e come si guida. Con il due tempi ho avuto grandi soddisfazioni, ma preferisco senza dubbio le quattro tempi".

Qual è stato il tuo titolo più combattuto e sentito?
"Ce ne sono stati di più facili e di più tirati, ma quello che mi porto nel cuore è il primo, che ho ottenuto nel 1966 a Monza davanti a 150.000 persone. E' come il primo amore, non si dimentica mai, anche se ogni campionato del mondo è una cosa unica che ti rimane nel cuore".

Secondo te qual è stata la causa della morte di Marco Simoncelli?
"Direi una grande fatalità. Quando lui è scivolato, la moto non è caduta completamente. Se fosse stato così, la moto sarebbe andata verso l'esterno e non sarebbe successo niente. Invece la moto ha continuato la curva perché ha ripreso grip e quindi trazione. Purtroppo dietro di lui arrivavano altre due moto che non hanno potuto fare nulla per evitarlo. Fortunatamente di incidenti di questo tipo non ne succedono molti".

Marco però ha lasciato un grande vuoto...
"Marco era un ragazzo amato da tutti, perché era molto semplice. Un mese prima di morire mi aveva detto che mi sarebbe venuto a trovare a Bergamo, visto che la sua fidanzata è di quelle parti, per andare a mangiare una pizza. Questo fa capire quanto fosse un ragazzo semplice ed è per questo che era amato così tanto".

Con il vuoto lasciato da Simoncelli, vedi una promessa italiana per il futuro?
"E' dura, abbiamo dei ragazzi giovani, ma per arrivare dove è arrivato Valentino bisogna aspettare qualche anno. In Italia prima avevamo una grande scuola, poi è stata un po' abbandonata. Fortunatamente la Federazione ha capito che bisogna fare qualcosa per aiutare i giovani perché da soli non ce la possono fare ad arrivare. Prima noi eravamo i più presenti nel Motomondiale, ma ora la Spagna ha preso il sopravvento, perché la Federazione spagnola ha saputo lavorare bene, lanciando tanti giovani di valore".

Chi è il rivale più agguerrito che ricordi?
"Ne ho avuti tanti di rivali forti, ma se devo fare un nome solo direi Mike Hailwood, uno capace di vincere quattro gare al Tourist Trophy nella stessa edizione, tanta roba a quei tempi".

Secondo te Andrea Dovizioso può ambire al titolo mondiale ed essere una nuova promessa per il motociclismo italiano?
"Dovizioso lo seguo da diversi anni perché è un pilota molto bravo, che usa la testa e che guida con grande professionalità. Ora deve cominciare a vincere, ma io direi di dargli ancora una chance l'anno prossimo, perché magari la Yamaha potrebbe essere la moto adatta a lui. Speriamo in bene".

Quella del Tourist Trophy è ancora la pista più difficile?
"Guidare sulla pista del TT è sempre una grande emozione, però devi farlo senza pensare troppo perché altrimenti è impossibile andare forte. Tre anni fa sono stato là con Valentino Rossi e abbiamo fatto un giro insieme. Lui ne è stato entusiasta ma mi ha detto: qui non correrei nemmeno se mi danno un milione di euro".

Dei piloti attuali, chi ti piacerebbe sfidare in un duello "corpo a corpo"?
"Potendo togliermi trent'anni d'età, sicuramente Valentino".

Cosa ne pensi del fatto che vogliano regolare maggiormente i duelli "corpo a corpo"?
"Il duello ci vuole perché è in quello che uno dimostra la sua classe e il suo coraggio. I motociclisti poi non vogliono vedere i trenini come accade ogni tanto in Formula 1. E' chiaro però che ci vuole anche un po' di rispetto tra noi piloti, perché altrimenti può succedere un patatrac. Più che contro i duelli, io sono contrario a queste gomme molto dure che sono state utilizzate negli ultimi anni, che durano per tutta la gara con la stessa performance. Per me basta dare una gomma che si uguale per tutti, ma che cali anche un po' il suo rendimento negli ultimi dieci giri di gara. Se tutti siamo alla pari, è un bel modo per far emergere la bravura del pilota e la sua sensibilità nella guida".

Cosa ne pensi di Max Biaggi?
"Biaggi è sicuramente un campione. Ha vinto tanto nel Motomondiale e poi si è ripetuto nella Superbike, dimostrando di avere ancora tanto da dare a 40 anni. Lui forse paga questo suo modo di porsi un po' brusco che lo fa apparire presuntuoso. Tanti lo amano, ma non tutti, forse proprio per questo. Anche se credo che con il passare degli anni sia maturato e migliorato da questo punto vista. A me comunque piace molto vederlo guidare perché lo fa con grande tecnica e precisione".


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