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Yamaha M1: genesi di una MotoGP

L'ingegner Tsuji ha raccontato l'evoluzione della 800 vittoriosa con Rossi e Lorenzo

MotoGP: Yamaha M1: genesi di una MotoGP

Il Gran Premio di Valencia non è stato solo l’ultimo per i motori a 2 tempi, con l’addio delle 125 e l’arrivo delle Moto3, ma anche il canto del cigno delle MotoGP di 800 cc, introdotte appena cinque anni fa e già destinate ai musei o ai garage dei collezionisti. Il prossimo anno debutteranno le 1000 con l’intento di riportare in pista quello spettacolo che è mancato nelle ultime stagioni.

Yamaha, capace di vincere due titoli mondiali con Valentino Rossi e uno con Jorge Lorenzo, ha voluto in Spagna raccontare le evoluzioni che hanno interessato la M1 nell’ultimo lustro, attraverso le parole del responsabile al progetto MotoGP Kouichi Tsuji.

Le prestazioni cronometriche e velocistiche della M1 dal 2006 al 2011REGOLAMENTI – Il 2007 non è conciso solo con la riduzione della cilindrata dai precedenti 990 cc ma anche a quella dei serbatoi, passati da 22 a 21 litri, mentre il limite al numero massimo di propulsori utilizzabili in una stagione, fissato a 6, è stata introdotto nel 2010. Dal 2009 si è dovuto fare i conti anche con la limitazione di pneumatici utilizzabili nel weekend di gara 8 all’anteriore e 12 al posteriore, diminuiti ulteriormente a 8 e 10 nell’anno seguente. Nel 2011 un’altra novità: con la pressione massima della benzina negli iniettori fissata a 10 bar. Tutti problemi con cui gli ingegneri hanno dovuto fare i conti per riuscire a realizzare motori e ciclistiche il più performanti possibile. Nonostante tutto, i tempi sul giro si sono abbassati costantemente e le velocità massime raggiunte sono state molto vicine, quando non superiori, a quelle realizzate con le 990.

Il telaio della M1 2007 e quello della 2011LA CICLISTICA – I tre punti in cui si è intervenuti sono stati la ciclistica, il propulsore e l’elettronica. Per quanto riguarda il telaio “gli obiettivi sono stati quelli di avere una sempre maggiore velocità in curva e di aumentare la maneggevolezza – ha spiegato Tsuji – Per raggiungerli abbiamo agito sulle diverse rigidezze, diminuendo quelle torsionale e laterale e aumentando quella verticale, che è importante nella fase di frenata”. Una ricetta che ha consentito un miglioramento in tutte le condizioni di guida senza stravolgere il progetto originale, come è possibile vedere dal disegno a fianco in cui sono rappresentati il telaio 2007 e quello 2008.

I frontali delle M1 a confrontoAllo stesso tempo si è agito sull’aerodinamica della moto, sulla forma delle carene e del cupolino: “uno studio attento in questo campo – ha sottolineato l’ingegnere giapponese – è fondamentale non solo per un aumento della velocità massima, ma anche per migliorare quella in curva e per il raffreddamento del propulsore”. Anche in questo campo non ci sono stato stravolgimenti, ma continui perfezionamenti.

Le curve di potenza e coppia dal 2007 al 2011IL MOTORE – Sui propulsore i tecnici Yamaha hanno dovuto lavorare su più fronti, da una parte l’aumento delle prestazioni e della guidabilità, dall’altro la riduzione dei consumi. “Passare ai 6 motori a stagione ha significato portare la vita di un propulsore dai precedenti 600 km agli attuali 2.400 - ha affermato il progettista – Ci siamo riusciti perfettamente, tanto che quest’anno non abbiamo avuto nessuna rottura. Questo risultato ci ha anche permesso una riduzione dei costi di circa un quarto rispetto agli anni precedenti”.

Le prestazioni sono aumentate, anche se i valori non sono stati dichiarati, di un 16% per quanto riguarda la potenza e di un 12% per la coppia. Di pari passo si è cercato di rendere meno assetati i motori, riducendo al minimo gli attriti delle varie componenti interne e migliorando la combustione nella camere di scoppio.

Lo sviluppo dell'elettronica sulla M1L’ELETTRONICA – Un’altra componente è stata fondamentale per rendere più guidabile l’M1, la regina del motomondiale del XXI secolo: l’elettronica. “L’importante è riuscire ad utilizzare la potenza offerta da motore al massimo” ha dichiarato TSuji, illustrando come il passo in avanti fondamentale sia stata quello fatto passando da un sistema di un controllo passivo a uno predittivo. “Se l’elettronica interviene solo al presentarsi del problema, per esempio di un’impennata,  è già troppo tardi – ha continuato – Per avere un sistema ottimale bisogna prevedere queste reazioni della moto e riuscire ad agire prima che si inneschino”. Gli sforzi dei progettisti si sono focalizzati proprio su questo obiettivo, riuscendo a raggiungerlo. Le attuali M1 sono equipaggiate con due centraline, la prima è incaricata di raccogliere i vari (inclinazione della moto, slittamento delle ruote, etc.) per trasmetterli alla principale che sulla base di queste informazioni, oltre a quelli della posizione della moto sul tracciato, riesce a calcolare quale sia la potenza ideale da scaricare a terra in quel momento.

Jorge Lorenzo e Ben SpiesMa l’evoluzione elettronica non ha coinvolto solo la moto, ma anche tutta la sua progettazione. “A partire dalle simulazioni al computer delle varie componenti per passare a quelle dei tempi sul giro – ha affermato l’ingegnere – Per esempio abbiamo simulato a inizio 2010 le nostre prestazioni sul circuito di Silverstone su cui non avevamo mai corso e ne abbiamo ottenuto delle indicazioni molto affidabili, tanto che il tempo poi realizzato era di pochi decimi diverso da quello simulato. Con questo sistema possiamo anche capire le differenze cronometriche variando, per esempio, la potenza a disposizione nelle varie curve”.

Sembra che proprio dall’elettronica possano arrivare i maggiori sviluppi nei prossimi anni: “non sarei d’accordo all’introduzione di una centralina unica in MotoGP – ammette Tsuji – forse si ridurrebbero i costi lo sviluppo in pista, ma aumenterebbero quelli per migliorare le prestazioni delle moto”.

Infine il progettista riassume la filosofia di Yamaha in una sola parola: kando. E’ un termine giapponese che è difficilmente traducibile, indica l’emozione profonda che abbiamo quando ci troviamo davanti a qualcosa di bello, esclusivo e appagante.

Come una moto e, forse, anche una vittoria.


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