Come eravamo: Jon Ekerold, Toni Mang

Come l'ex pugile divenne da privato campione del mondo della 350 al Nurburgring

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Portò la sua faccia col naso schiacciato da ex pugile sulla linea di partenza senza tradire la benché minima emozione. Sul volto la solita maschera col labbro inferiore così  increspato da tirare giù anche il sopracciglio.

Poteva essere il volto di un cecchino appostato nascosto fra le macerie in attesa del nemico. Non c'era alcuna luce, o lampo, visibile nei suoi occhi. Solo determinazione.

A fare contrasto con questa immagine lo seguiva la moglie con in braccio un bambino piccolo. Lui si sedette sulla Bimota-Yamaha rossa e bianca e la scritta Solitude che occupava l'intera carenatura era la concisa didascalia della scena, mentre Jon Ekerold abbracciava, con un unico abbraccio circolare moglie e figlio. Poi rimase solo  sulla linea di partenza. Mang ed Hansford da una parte, Baldé e Cecotto dall'altra. Fu allora che gli vedemmo fare una cosa che, poi, nessun altro mai ha più fatto sulla linea di partenza di una gara capace di assegnare un titolo mondiale: si accucciò sul serbatoio ed iniziò a dondolare la moto da una parte all'altra. Destra sinistra destra sinistra senza fermarsi per un tempo che apparve lunghissimo. Poi, come se non fosse mai accaduto, fu al fianco del la sua Bimota 350 nella posizione classica della spinta in un silenzio sempre irreale, il corpo atletico leggermente arcuato, già pieno di energia.

E il Gran Premio di Germania partì nel crepitio improvviso dei motori e nel fumo preceduto solo dal rumore del drappo scosso nel silenzio dallo sbandieratore che nessun semaforo potrà mai eguagliare.

Nurburgring, l'inferno verde. Ventidue chilometri ed ottocentotrentacinque metri da percorrersi sei volte per scoprire chi fra Toni e Jon, fra Mang ed Ekerold meritasse in quel  1980 il titolo di campione del mondo della 350.

Jon, con gli amici, era stato chiaro e nel suo tipico humor aveva detto di non aspettarsi che alcun altro se  lui uscisse per primo dall'ultima curva. "Se non sarò io, io non ci sarò". Ma forse è solo una leggenda. Ma non pare essere una leggenda che durante la corsa Ekerold in più di una staccata decisiva non guardò davanti ma al suo fianco Mang per frenare una frazione di secondo dopo che questi avesse artigliato la leva del freno.

P2

8:32.27

-0 Toni

Lap 3

Segnalarono a Jon dal suo box a metà gara.  Poi fu

P1

8:27.48

+1 Toni

Lap 5

Quindi infine

P1

8:26.88

+2 Toni

LL

Non sono molti due secondi su più di 22 Km di tracciato e per questo Jon Ekerold tremò ed ebbe paura per l'intero, lunghissimo, giro mentre Toni Mang sfruttando la migliore accelerazione della sua Kawasaki gli mangiava decimi in ogni curva. Ma c'erano sempre le staccate per recuperare e comunque un ex pugile non sarebbe andato giù all'ultimo round  dopo esser rimasto in piedi fino a quel momento. Così, con una parte della mente che gridava vedendo il suo sogno di ragazzo vicino a realizzarsi resistette fino all'ultimo al desiderio di girarsi per guardare dove fosse il rivale. Doveva farlo, per evitare che Toni magari gli prendesse la scia ma tirò sino alla quinta marcia prima di voltare la testa e avendolo fatto troppo tardi poi frenò troppo presto tanto da essere costretto a far slittare la frizione per riportare il suo bicilindrico 350 a regime.

Quel giro, nonostante l'errore, Jon lo fece in 8:25.93. Sarebbe partito in prima fila accanto a Randy Mamola nella 500, davanti a Kenny Roberts. Il mondiale era suo.

Mang, ancorché amareggiato, andò a fargli le congratulazioni, colto di sorpresa dal fatto che Jon non esplodesse dalla gioia. Ma Jon non poteva. Aveva invece l'amaro in bocca, in un misto di eccitazione e orgoglio represso che lui stesso in quell'attivo trovò difficile da comprendere. Solo dopo, nel relax della consapevolezza di aver raggiunto il suo obiettivo capì: il suo viaggio, iniziato molti anni prima da pilota privato era finito.

 

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