Rossi: Ducati o Ferrari? La scelta

La sconfitta di Alonso ad Abu Dhabi spiega perché Vale rimane nelle moto


Nei giorni scorsi si è parlato (e scritto) molto del titolo perso dalla Ferrari ad Abu Dhabi.

Scriviamo "dalla Ferrari" perché nessuno ha osato criticare Fernando Alonso , pure rimasto incollato agli scarichi di Petrov (!) senza riuscire a sorpassarlo. E' stato un errore della squadra che l'ha fatto rientrare nel momento sbagliato, è stato detto. Ed è stato anche trovato un capro espiatorio, naturalmente, o meglio: capri, la triade Dyer-Smedley-Stella.

Singolarmente tutto questo can-can sul titolo perso da Alonso nel 2010, che ha fatto dimenticare che Vettel e Weber sono stati altrettanto bravi ed anche loro "sciuponi" perché mentre la Rossa impazziva con le strategie (GP di Germania) loro si buttavano fuori pista per primeggiare l'uno sull'altro, ci ha fatto capire di più perché Valentino fra una Rossa e l'altra, fra la Ferrari e la Ducati, abbia preferito quest'ultima.

Oh, intendiamoci: siamo fra quelli convinti che il salto dall'altra parte della barricata sarebbe stato molto difficile, se non impossibile. Forse addirittura non se ne è mai presentata l'occasione. Vera, intendiamo. Però è anche innegabile che forse Rossi ha capito, prima ancora di impelagarsi in un tentativo dall'esito incerto dal punto di vista pratico, che non ne sarebbe valsa la pena dal punto di vista umano.

Che sport è, infatti, quello che demanda delle decisioni vitali per la vittoria ad altri? Quando ai mondiale di calcio vince la Spagna, o l'Italia, il titolo è della nazione. Certo, poi individualmente ogni giocatore è "Campione del Mondo", ma nessuno, singolarmente, si prende il merito della vittoria. Ciò è esattamente quanto invece accade oggi in Formula 1. Non è esecrabile: è un dato di fatto. Ed è forse per questo che Valentino Rossi, che avrebbe avuto vita dura sulle quattro ruote, ma avrà egualmente vita dura nel 2011 con la Ducati contro Jorge Lorenzo, Casey Stoner e Dani Pedrosa e, forse, Ben Spies e l'amico Marco Simoncelli, ha scelto di rimanere di qua e di non passare di là.

Nel motociclismo, infatti, le strategie non ci sono. O al massimo si riducono a una serie di decisioni che si prendono ai box. Poi si spengono le luci dei semafori, e ognuno per  sé e Dio per tutti. Ecco, siamo convinti che questa cosa sia stata considerata accuratamente da Vale e valutata. Nel motociclismo la squadra è fondamentale, la moto conta, contano persino i singoli uomini nei box. Però alla fine, con quello che si ha in mano - la moto, frutto del lavoro dei singoli - quello che fa il risultato è il pilota. C'era Valentino sulla Yamaha quando ha sbagliato le Biondetti, al Mugello. C'erano solo lui e Lorenzo a Motegi.

Certo, ai box si lavora. Ma è più un lavoro preparatorio. Come quello dell'allenatore o del massaggiatore per un atleta. Quando si vince si vince assieme, se si perde si perde tutti, ma si tratta di emozioni diverse perché a partire per la gara - 100 metri o maratona - è sempre uno solo. Gli altri, quelli che l'hanno aiutato, stanno a guardare. E questo ci piace e, probabilmente, piace anche a Valentino. Leggete cosa ha scritto Alex Briggs, uno dei suoi meccanici su twitter:

"Salve ragazzi. Sono completamente sfondato, non ho lavorato così duro come in questo test da alcuni anni. Abbiamo ottenuto molto. Ma il risultato è stato merda, ma non rappresentativo di ciò che abbiamo imparato. Il povero vecchio pilota era completamente farcito. Gran parte del problema è stata la sua condizione fisica. Ma abbiamo continuato a girare e provare. Il risultato finale è che i tecnici hanno una lunga lista di cose da fare per noi! Ma sono ottimi ragazzi. Sarà divertente. Credo che in Yamaha, alla fine,  mi sentissi come uno che fa solo regolazioni. In Ducati mi sembra che stiamo davvero lavorando. Sarà bello vedere il risultato finale. Che la forza sia con noi".

Fra questo e quello, fra il motociclismo e la F.1, come si poteva dubitare di cosa avrebbe scelto Valentino Rossi?

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