Motomondiale: Italiani, rara gente

Noi sempre meno, spagnoli sempre più. Italia: un triangolo dalla base fragile


Per quanto banale, è difficile sfuggire alla tentazione di definire la Spagna “Invincibile Armada”, dopo il risultato de l GP che si è corso ieri a Jerez de la Frontera, in Andalusia (in lingua visigota “Landahlauts”, terra del destino). Gli iberici hanno monopolizzato il podio della 125 (Espargaro, Terol, Vasquez) hanno vinto la gara della 250 (Elias) e conquistate le prime due posizioni in MotoGP (Lorenzo e Pedrosa). Non è una esibizione muscolare sporadica: come la Invincibile Armada, che con 138 navi e 24.000 uomini rappresentava la macchina da guerra più potente del proprio tempo (seconda metà del 1.587), così la Spagna, con (calcolati domenica) 26 piloti, 15 squadre e mezzo, quattro circuiti in calendario, nel Motomondiale si schiera con una presenza senza pari, che a medio termine sposterà gli equilibri.

Noi gli diamo una mano.

L'Italia è ancora, in buona parte, la potenza di riferimento. Soprattutto per merito di Valentino Rossi e della Ducati. Aggiungete Capirossi, Dovizioso, Simoncelli, Melandri, con contorno di De Angelis, Pasini, e qualcun altro a cantare nel coro. Sommate i tecnici (soprattutto in 250/Moto 2 siamo stati e siamo ben rappresentati) e ricordate che, fino all'anno scorso, con Aprilia controllavamo efficacemente i valichi di accesso alle categorie più piccole. Tanto che, nel 2007, le Case italiane hanno conquistato il titolo in tutte le categorie (Aprilia, Aprilia, Ducati). Nei calendari appesi ai muri delle meeting-room dei colossi giapponesi della moto, la pagina è stata strappata.

Stiamo scivolando lungo una china che ci porterà fuori gioco. Siamo fortissimi in MotoGP, siamo forti (almeno in teoria) in Moto2, stiamo sparendo dalla 125. La nostra presenza è è strutturata in modo esattamente inverso a quello che, per natura, dovrebbe essere: tanti piloti in 125 a sgomitare per farsi largo; un numero minore (ma ancora importante) in Moto2, selezionato tra i pulcini che stanno diventando galletti; un numero ridotto (ma di alta qualità) in MotoGP, dove i piloti portano gli speroni. Invece, accade il contrario. Siamo ancora forti per la presenza dei soliti noti, e con merito crescente man mano che ci si avvicina alla categoria maggiore. Luccichiamo sotto la luce dei riflettori perché sono puntati quasi esclusivamente sulla MotoGP. Però di pulcini, in batteria, ce n'è pochi.

Ieri, in 125, solo quattro italiani, contro 9 spagnoli. E con classifiche nemmeno lontanamente paragonabili. Tre iberici nei primi tre; il migliore dei nostri è risultato diciassettesimo, il secondo ventiduesimo. Su ventidue qualificati. Gli altri due fuori. Forse è un caso, e nei prossimi GP sarà altra musica. O no?

Non pare profilarsi un'inversione di tendenza. Nelle squadre che collaborano con l'organizzazione per allevare giovani talenti, si vedono norvegesi, malesi, ceki e quant'altro.

Siamo spacciati?

Al tempo. Se è vero che la storia è maestra di vita, allora è il caso di ricordare che la Invincibile Armada è stata sconfitta. Con l'aiuto di un paio di tempeste: una verso metà agosto, l'altra a metà settembre di quell'anno lontano. I giorni, ai tempi nostri, dei Gp della Repubblica Ceca e di Aragona.

Occhio al vento ed alle correnti.

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