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Dakar 2010: vis à vis con Franco Picco

Abbiamo incontrato il "mito" dei raid a pochi giorni dal ritorno alla Dakar

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Un vero mito delle corse "sahariane" sta per tornare a calcare i tracciati della Dakar per la 17esima volta in 25 anni: parliamo naturalmente di Franco Picco, che solamente pochi giorni fa ha sorpreso tutti annunciando il suo ritorno al più popolare dei rally-raid motociclistici in sella ad una Yamaha WR450F ufficiale.

Molto disponibile, il 54enne vicentino ci ha accolto nella sua officina alle porte di Vicenza a pochi giorni dalla partenza per Buenos Aires, città da cui prenderà il via la sua seconda esperienza nella Dakar "sudamericana", la prima da pilota dopo aver svolto un ruolo tecnico nel corso dell'edizione 2009. Di certo la motivazione non è quella di vincere, ma visto e considerato che quest'anno ha ottenuto un terzo posto di categoria al Faraoni, da uno come lui è lecito aspettarsi di tutto...

- Picco come Schumacher...un gradito ritorno nella massima serie
"I ritorni sono diventati di moda, evidentemente (sorride...), anche se nel mio caso si può dire che dalla Dakar non mi sono mai separato: questa è per me la seconda edizione sudamericana, dato che lo scorso anno l'ho corsa, se così si può dire, con il ruolo di tecnico per un mio cliente. Per quanto riguarda quest'anno, la mia decisione di risalire in sella è dettata dall'amore per le corse ma anche dalla possibilità di conoscere posti nuovi, che in futuro potrebbe essere funzionale alla mia attività di tour-operator motociclistico. Tra l'altro, quest'anno, c'è una concomitanza particolare: cade infatti il 25esimo anniversario dalla mia prima Dakar...e così ho pensato di provare a mettermi nuovamente alla prova nel contesto di una corsa che ha cambiato le sorti della mia carriera."

- Come vivi questa Dakar rispetto alla prima?
"In realtà nemmeno allora lo spirito era quello di vincere. Ero andato più che altro per allenarmi sulla sabbia, anche perchè il mio mestiere era il pilota di motocross e non avevo molta esperienza su fondi sabbiosi. Poi, in realtà, mi sono trovato bene ed ho cambiato la mia prospettiva di pilota. Oggi, come dicevo prima, le corse le vivo più come esperienze personali, così da poter rendere più speciale l'esperienza di tutti quegli appassionati che vengono in viaggio con me. Quindi ti posso tranquillamente dire che non andrò "alla disperata", ma è anche vero che quando sei in gara l'appetito vien mangiando..."

- In effetti con il gas ci sai ancora fare...
"Quest'anno al Faraoni sono arrivato 25esimo assoluto, terzo di categoria, ma poteva andare meglio se non avessi avuto il compito di fare da tutor ad alcuni miei clienti, senza considerare che mi sono fermato un'ora a riparare una Aprilia..."

- Ma guarda un po': la moto con cui avresti dovuto correre quest'anno...
"Già. Sono fiero di correre con Yamaha, sia chiaro, ma nel corso dell'anno ho avuto alcuni incontri con i vertici dell'Aprilia, legati soprattutto al fatto di organizzare viaggi per i loro clienti off-road in Africa e Sudamerica. Poi da cosa è nata cosa e mi è stata offerta la possibilità di correre con una RXV: io ho chiesto solamente una cosa, quella di avere una moto affidabile, in grado di portarmi a fine corsa. La mia richiesta dev'essere poi stata travisata, perchè oggi sento dire da più parti che io "avrei chiesto" moto ufficiale e trattamento da ufficiale: non c'è nulla di più falso. Ti dirò di più: se fosse stato per il Team Giofil - a cui è affidato il programma Aprilia Rally Raid - oggi alla Dakar non mi sarei nemmeno potuto presentare, visto che ho ricevuto per ben due volte il classico pacco: prima al Faraoni e poi recentemente nel corso della definizione del mio programma dakariano. La cosa buffa è che ho girato loro un mio pilota cliente, il quale correrà la Dakar con una loro moto..."

- Cosa ne pensi delle nuove regole che limitano la cilindrata?
"A mio parere è una limitazione per KTM piuttosto che per la sicurezza, perchè a dire il vero è molto più pericolosa una 450 spinta al limite rispetto ad una moto più di sostanza come la 690. Di fatto con l'introduzione di questa limitazione sperano di coinvolgere altri costruttori, perchè i rally raid erano diventati ormai un monomarca austriaco: anche quest'anno, nonostante la limitazione, le moto arancioni occupano più della metà della griglia. Ora hanno due anni per mettere in piedi un'altro progetto: la moto, volendo, ce l'hanno e la struttura che seguirà i clienti quest'anno, naturalmente, è utilizzabile indipendentemente dal tipo di moto impiegata."

- Le modifiche hanno guardato bene alla sicurezza, insomma...
"Certo, dal divieto dell'utilizzo del GPS come strumento di navigazione a tutte le altre regole introdotte in questi anni le regole hanno guardato di buon occhio alla sicurezza, anche se ribadisco che una limitazione sulla cilindrata non cambia poi molto le carte in tavola in termini di sicurezza. Io penso, invece, che siano più pericolose le auto: sono dei veri mostri, che viaggiano a velocità incredibili."

- Dakar o Africa Race?
"Ho deciso di tornare alla Dakar per svariati motivi ed uno di questi, anche se potrà sembrare incredibile, è il fatto che in Argentina è estate: conosco bene la Dakar africana e se te la prendi comoda, come è possibile che io faccia quest'anno, arrivi alle cinque del pomeriggio al buio ed al freddo. Quindi devi smanettare se non vuoi congelare o viaggiare notte: visto e considerato che non parto per vincere, pur facendo del mio meglio, non voglio correre il rischio di ritrovarmi in situazioni "difficili". In Argentina parti col caldo ed arrivi col caldo, senza considerare che c'è luce fino alle nove di sera."

- Questa Dakar è superiore alla vecchia?
"E' tutta un'altra cosa, ma ti assicuro che il freddo ed il buio sono due problemi grossi. Se però chiedi la stessa cosa ad altri piloti ti diranno che il freddo ed il buio non sono un problema a differenza della polvere e della tipologia di tracciato, che per forza di cose è meno sahariano. E' una questione di gusti. Di fatto questa Dakar è una Dakar: forse in futuro si tornerà in Africa, anche se prima bisogna risolvere i problemi di terrorismo, che non sono una cosa da poco."

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