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Anche la Polizia di Stato rischia sulle strade

Secondo l'ASAPS, il 68,9% dei decessi tra gli agenti avviene in incidenti stradali

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Controllano, sorvegliano, intervengono, proteggono e, qualche volta, muoiono. Le morti bianche non avvengono solo nei cantieri o nelle fabbriche, a lasciarci la pelle sono anche, a volte, gli agenti della Polizia di Stato. Il primo pensiero va subito ai conflitti a fuoco, è l’idea che anni e anni di film, telefilm e telegiornali ci hanno inculcato trasferendoci l’immagine di poliziotti cow-boy sempre pronti ad impugnare l’arma per rendere inoffensivi malviventi e balordi.

La verità è ben diversa. Lo rivela un’indagine dell’ASAPS (Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale) pubblicata su "Il Centauro" di giugno - l’organo di informazione ufficiale dell’associazione, secondo la quale - dal 2000 al 1° maggio del 2009, su 74 caduti in servizo tra le fila della Polizia di Stato, ben 51 sono deceduti in seguito ad incidenti stradali. Di questi, sono ben 28 quelli coinvolti direttamente in sinistri in auto, 11 in motocicletta e 12 travolti e uccisi sulla strada mentre erano operativi per soccorrere persone o effettuare i rilievi relativi ad un sinistro.

Il dato è allarmante perché, alla luce di alcuni dati oggettivi, come le automobili di servizio vetuste, i corsi di guida sicura sempre più rari, gli organici a volte sottodimensionati e l’incremento del livello generale di criminalità e di allarme sociale legato ad alcolismo e uso di stupefacenti, sono proprio gli agenti della Polizia a rendersi "colpevoli" di comportamenti non del tutto corretti. Parliamo del non uso delle cinture di sicurezza, in particolare, e di comportamenti di guida disinvolti non sempre legati a reali esigenze di servizio.

Lungi da noi l’idea di colpevolizzare una categoria di lavoratori che, diciamo la verità, a fronte di stipendi tutt’altro che soddisfacenti, si trova a dover fronteggiare difficoltà di giorno in giorno crescenti con mezzi tecnici ed economici limitati. È lo stesso Giordano Biserni, presidente dell’ASAPS, ad affermare che "certi aspetti operativi, connessi con gli incidenti stradali in servizio, comuni a tutte le forze di polizia, debbano essere investigati e risolti". È con questo obiettivo che nasce l’Osservatorio il Centauro-ASAPS, dedicato al monitoraggio del rischio per chi è preposto a garantire la sicurezza stradale ma che, purtroppo, trascura o sottostima per primo le regole del Codice della Strada, quelle riportate nelle disposizioni operative o, semplicemente, i più scontati precetti di prudenza.

A questo proposito, aggiunge Biserni, "prendiamo il caso di uno spericolato inseguimento: è sempre necessario correre a rotta di collo per fermare un sospetto?". Il dubbio è senz’altro lecito ma, ci chiediamo, se il rischio corso nell’inseguimento porta alla cattura del soggetto in fuga, non è in ogni caso un risultato migliore rispetto al rischio che il fuggitivo investa persone inermi o causi un incidente ancora peggiore? Domande in realtà senza risposta, perché il limite tra cosa è giusto e cosa non lo è in questi casi è sempre molto, troppo variabile.
"Abbiamo scelto la strada più scomoda per noi – aggiunge il presidente dell’ASAPS – perché mette a nudo gli operatori di polizia, che risentono secondo noi di un calo delle attività addestrative e motivazionali.".

Certo non fa piacere sapere che i nostri tutori dell’ordine non sono messi in condizione di svolgere le proprie funzioni con la massima efficacia. Se infatti un’auto o una moto di servizio non perfettamente efficienti possono essere ripristinate o sostituite, il "recupero" di un agente demotivato o male addestrato è senz’altro una questione più delicata, se non altro nell’ottica della sicurezza del cittadino.


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