Il nuovo corso Bimota parla la lingua del bicilindrico Ducati. Niente più motori giapponesi dentro ai telai riminesi ma solo tanta voglia di creare moto uniche, totalmente italiane, dove la produzione industriale cede il passo alla cura artigianale di ogni singolo dettaglio. Componentistica di eccellente qualità, design inconfondibile e qualità dinamiche straordinarie esaltate dall’estrema leggerezza, fanno delle Bimota moto da sogno destinate purtroppo a una élite di facoltosi appassionati. Sul circuito di Adria abbiamo provato la DB7, top di gamma dotata del bicilindrico desmo da 1.099 cc che equipaggiava la Ducati 1098.
RICAVATA DAL PIENO
Pressofusioni? No, grazie. Sulla DB7 tutte le parti in alluminio sono ricavate dal pieno con lavorazioni di precisione realizzate con macchine a controllo numerico. Una scelta dovuta senz’altro agli esigui numeri di produzione, ma che tuttavia impreziosisce le moto costruite in via Giaccaglia. La lista di queste componenti è lunga e le più importanti sono le piastre inferiori che vanno a comporre il telaio, una struttura mista in cui la parte che scende dal cannotto di sterzo è in tubi ovali di acciaio al cromo-molibdeno. Gli altri dettagli realizzati in alluminio sono le piastre di sterzo, i piedini della forcella, i semimanubri, le pedane (non regolabili), i supporti del perno ruota posteriore e le relative slitte per tendere la catena di trasmissione, nonché le leve al manubrio (regolabili) e il complesso sistema di leveraggi tramite i quali lavora il monoammortizzatore privo di infulcraggio superiore sul telaio. Anche il forcellone è a traliccio in tubi ovali, proprio come la porzione superiore del telaio, all’interno del quale, ricordiamo, il motore bicilindrico è elemento stressato. E visto che si parla soprattutto di alluminio la DB7 sfrutta ruote forgiate leggerissime, caratterizzate da un design made in Bimota ancor più estremo che le renderebbe addirittura più leggere delle migliori ruote forgiate in commercio. Sono ovviamente da 17 pollici e calzano pneumatici 120/70 e 190/55.
PLASTICA NO, CARBONIO SÌ
Qual è una delle prime cose che l’appassionato di tuning fa per alleggerire la propria supersportiva? Mette il carbonio al posto della plastica e il titanio al posto di altri metalli meno nobili. Beh chi progetta le Bimota deve essere allora un appassionato di questo tipo perché sulla DB7 l’unica parte in plastica è l’airbox con i relativi condotti dinamici. Tutto il resto delle sovrastrutture e dei dettagli estetici, serbatoio escluso (che però è un complesso elemento in nylon), è in pregiata fibra di carbonio. Per il codone si tratta addirittura di un componente strutturale, privo cioè di un sottostante telaietto reggisella, una "chicca" che solo le moto da competizione, e nemmeno tutte, possono vantare. Del resto parliamo di una moto dal prezzo di quasi 27 mila euro, ed è quindi giusto che la Casa riminese voglia offrire ai suoi clienti solo il meglio sotto tutti i punti di vista.
SOSPENSIONI E FRENI, TRIPUDIO ITALIANO
Anche il reparto sospensioni è tutto italiano. All’avantreno troviamo una forcella Marzocchi con steli da 43 mm e riporto superficiale al nitruro di titanio, al retrotreno un monoammortizzatore Extreme Tech con serbatoio piggy-back. Entrambi gli elementi sono ultraregolabili, con quello posteriore addirittura per alte e basse velocità di sollecitazione sia in compressione che in estensione e dotato, nell’infulcraggio superiore, di regolazione ad eccentrico per modificare l’altezza del retrotreno . Della stessa marca anche l’ammortizzatore di sterzo, per il quale facciamo notare un posizionamento scomodo nel caso in cui si voglia intervenire sul registro.
L’impianto frenante si fregia di quelle che ormai sono un must sulle supersportive che montano materiale Brembo: pinze radiali monoblocco e dischi flottanti da 320 mm con pompa radiale (e radiale è anche la pompa del comando frizione). Al posteriore c’è invece un disco da 220 mm con pinza a due pistoncini contrapposti. Intanto vi anticipiamo qualche misura geometrica della ciclistica, tanto per darvi un’idea di quelle che sono le doti dinamiche della DB7: l’interasse è di 1.435 mm e l’inclinazione dello sterzo è di 25° per un’avancorsa di 100 mm. Misure quindi agili ma certo non radicali.
CUORE DUCATI, CERVELLO BIMOTA
Il motore che spinge la DB7 è il V90 Ducati da 1.099 cc, raffreddato a liquido e a 4 valvole per cilindro con comando desmodromico, che equipaggiava la 1098, oggi divenuta 1198 grazie al nuovo motore da 1.198,4 cc. Di montare quest’ultima unità sulla DB7 per ora non si parla ma il "vecchio" 1.099 cc fa comunque parte della generazione "Evoluzione" del Testastretta Ducati. La Casa riminese non dichiara né il dato di potenza massima che, sulla 1098, era di 160 CV a 9.750 giri, né quello di coppia massima, pari a 123 Nm a 8.000 giri per la moto bolognese. Il propulsore tuttavia è assolutamente identico, compresa la frizione a secco e priva di antisaltellamento, ciò che cambia è la conformazione dell’airbox, del sistema di scarico e la centralina elettronica. Collettori e terminali sono realizzati dalla Zard in titanio mentre il "cervello", dell’americana Walbro (azienda con una importante filiale in Italia), governa il sistema di alimentazione con iniettori a 12 fori.
AMORE A PRIMA VISTA
Entrare nel box del circuito di Adria e trovarsela davanti è stato un tuffo al cuore. La DB7 è bellissima, esile ed essenziale come le supersportive italiane di una volta, rude ma al tempo stesso raffinata ed elegante come solo i prodotti artigianali sanno essere. Enrico Borghesan, il designer che ne ha curato lo stile, può davvero andarne fiero.
Appena sali avverti immediatamente un peso inferiore alla media (170 kg dichiarati a secco), sicuramente più basso della già leggera Ducati 1098 da cui ha ricevuto il trapianto di "cuore". All’apparenza non è nemmeno tanto estrema perché quando parti trovi semimanubri non troppo in basso e abbastanza aperti. La sella certo è dura e l’assetto da racer concede ben poco al confort, ma questa è una moto da godersi in circuito e da questo punto di vista bastano pochi giri per innamorarsene. In certi frangenti, come quando in piega cerchi l’appoggio dell’avambraccio al serbatoio, ti rendi conto che ha una silhouette quasi troppo esile, ma le doti di agilità e maneggevolezza sono tali che le si perdona volentieri una piccola mancanza.
Il motore conquista per pulizia dell’erogazione e tiro ai medi regimi. La mappatura messa a punto dai tecnici Bimota è davvero buona e a parte un po’ troppo freno motore non si può non apprezzare la quasi totale assenza di effetto apri-chiudi. Eccellente anche la frenata, non solo per la qualità dell’impianto ma anche per il ridotto peso che deve rallentare, anche se bisogna fare un po' i conti con un retrotreno che tende ad alleggerirsi molto, innescando coreografiche spazzolate da tenere sott'occhio. Per chi guida pulito, può essere un elemento di disturbo.
La distribuzione dei pesi è abbastanza caricata sull’anteriore e non c’è la frizione antisaltellamento, ma basta "pelare" la leva scalando le marce per far sì che il posteriore in staccata resti coerente e in linea con la traiettoria ideale per impostare la curva. Gli pneumatici di primo equipaggiamento sono i Continental Race Attack, garanti di ottimo grip ma di un feeling con l’avantreno migliorabile.
La DB7 è davvero una sportiva di razza della quale non è difficile innamorarsi. Di veri difetti noi non ne abbiamo trovati. Magari qualche pignolo può aver da ridire sulla strumentazione, già vista sulle Suzuki, ma a noi la DB7 è piaciuta sotto tutti i punti di vista.
Costa cara, 26.880 euro f.c. , ma è una Bimota, e finché a Rimini non arriveranno standard produttivi industriali e quindi numeri di vendita importanti, è inevitabile che sia così. Fino a quel momento… tanto di cappello!
TKS TO:
Adria International Raceway, info turni 0426/941411
Marco Campelli, Milagro - foto dinamiche
IN QUESTO TEST
Tuta Dainese Gran Premio
Stivale Dainese Axial Race
Guanti Dainese Ignition
Casco Dainese Performance