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Trent'anni di Honda V4

Seconda parte: dalla VFR 750F al V4 Concept

Moto - News: Trent'anni di Honda V4

Nella "prima puntata" abbiamo ripercorso con parole e immagini la nascita del motore 4 cilindri a V Honda, con l'incredibile NR500 a pistoni ovali destinata ai Gran Premi, spingendoci poi fino alla mitica RC30, vincente all'esordio nel neonato Campionato Mondiale Superbike del 1988. In questa seconda parte della nostra retrospettiva ripartiamo dalla sport-touring per antonomasia, la VFR750 del 1990, capostipite di tutti i successivi modelli con monobraccio.

VFR750F 1990: IL MITO DELLA VFR MODERNA
E' opinione comune che la prima "vera" VFR, come la intendiamo noi oggi, ovvero una sport-touring ad alte prestazioni, sia la versione del 1990. Il modello precedente aveva definitivamente "sdoganato" il motore V4 da 750 cc come il miglior propulsore per uso misto sportivo e turistico; la versione del 1990 amplificava il piacere di guida su strada con un'erogazione ancora più piena ai medi regimi, una posizione di guida perfetta anche per i lunghi viaggi e un bilanciamento dei pesi più grintoso, con il motore ricollocato nel telaio in posizione più avanzata. E poi introduceva, per la prima volta sul modello stradale, il monobraccio al posto del forcellone e gli indicatori di direzione inseriti al posteriore nel codone e all'anteriore nella carenatura, un "leit motiv" che ha accompagnato tutti i modelli VFR fino ad oggi.

NR750 '92: IL MITO, TERZA PUNTATA
Mentre nel Mondiale Superbike l'RC30 cominciava a subire l'assalto della Ducati, si faceva spazio nelle menti "perverse" dei progettisti Honda l'idea di stupire di nuovo il mondo con una moto dalle caratteristiche tecniche sensazionali. A dire il vero non ci volle nemmeno tanta fantasia, fu "sufficiente" riaprire l'album dei ricordi alla voce "pistoni ovali" per rimettersi al lavoro e dare vita a quella che ancora oggi è probabilmente la moto costruita in serie più speciale del mondo: la NR 750. Rimase in vendita per un anno e mezzo e il prezzo era superiore ai novanta milioni di lire. Pesava parecchio, circa 230 kg in ordine di marcia, ma con il suo V4 a 32 valvole e 8 bielle, era in grado di sviluppare 130 CV a 14.000 giri e di superare i 270 km/h. Immancabili il telaio perimetrale in alluminio e il monobraccio, con la bellissima ruota a sbalzo in magnesio. La linea era da sogno, e anticipava temi estetici che per tutto il decennio successivo, e ancora oggi, sono stati ripresi anche da altri costuttori. La carenatura, "sigillata", occultava alla vista quel gioiello tecnologico che era il motore, il cupolino ospitava il sottile faro sdoppiato, le prese d'aria dinamiche confluivano nell'airbox con due tubazioni in carbonio passanti sopra al manubrio, e gli specchi retrovisori avevano indicatori di direzione incorporati. Dal codone monoposto, massiccio e dotato di prese d'aria simili a quelle di un caccia, sbucavano i terminali di scarico, anch'essi completamente "carenati". La NR 750 paradossalmente non servì a nulla, né dal punto di vista sportivo né da quello commerciale, quasi fosse stata pensata come esercizio di stile e ingegneria applicata, una sorta di bandiera tecnologica che la Honda produsse in serie limitata al ritmo di circa tre esemplari al giorno. Oggi giacciono, ammirate e custodite gelosamente, nei garage (e a volte nei salotti) di pochi danarosi collezionisti che, forse per propria soddisfazione personale, di tanto in tanto ascoltano la sinfonica melodia prodotta dal "V4 oval piston" Honda.

RVF750R-RC45: PER VINCERE ANCORA
Nel 1994 era evidente che il ciclo di vita della RC30 era giunto al termine. Nel Mondiale SBK si affacciava la nuova esotica Ducati 916 e per Honda era giunto quindi il momento di rilanciare il guanto della sfida. Attingendo a piene mani, tranne che per i pistoni ovali, dalla tecnologia applicata alla NR750, il V4 Honda da 750 cc fu sviluppato spostando sul lato destro la cascata d'ingranaggi che comandava la distribuzione. Le misure caratteristiche del motore divennero ancor più superquadre e all'alimentazione comparve il sistema di iniezione elettronica. Aveva la forcella rovesciata come la NR750 e furono ulteriormente sviluppati sia il telaio perimetrale in alluminio che il monobraccio. Con 120 CV a 12.000 giri, che diventavano 150 con il kit HRC, la RC45 cominciò a dominare subito le gare del TT dell'Isola di Man e dell'Endurance, ma dovette attendere fino al 1997 per far tornare Honda campione nel Mondiale Superbike con John Kocinski. La versione stradale costava molto meno della NR 750 ma era comunque cara. Per acquistarla occorrevano oltre quaranta milioni di lire.

VFR750F '94: DESIGN NR E AFFINAMENTO TECNICO
Il successo del modello del 1990 fu tale che, per rimanere al vertice della categoria sport-touring, Honda mise mano alla VFR750F, apportando alcune modifiche estetiche e tecniche che ne tenessero elevata la desiderabilità da parte del pubblico in cerca della vera sportiva tuttofare. La linea richiamava elementi della NR750 (come il gruppo ottico anteriore e gli sfoghi per l'aria calda sulla carena) e la nuova strumentazione elettronica, più leggera, era imponente e davvero molto completa. Il peso scese di circa 10 kg, il motore ricevette affinamenti a livello di testate e alimentazione, e fu migliorata l'autonomia aumentando la capacità del serbatoio benzina. Ma questa versione è ricordata anche per essere la meno brillante della serie 750, perché i progettisti vollero rimarcarne l'indole da macina chilometri con un'erogazione molto corposa ai bassi e medi regimi, che andò ad inficiare però la potenza agli alti, tanto che il dato dichiarato dalla Casa era di "soli" 91 CV a 9.800 giri.

VFR '98: UN NOME UNA GARANZIA, E CON QUASI 800 CC
Nel 1998 la VFR è già da tempo la sport-touring per eccellenza e con il nuovo modello Honda vuole mettere ancora più enfasi sulle doti di elasticità di marcia. La cilindrata aumenta così fino a 781 cc, grazie a un incremento di 2 mm nella misura dell'alesaggio. Le novità tecniche risiedono anche nei carter motore, derivati da quelli della RC45, nell'alimentazione, ora ad iniezione elettronica, e nell'impianto frenante, con il famoso Dual-CBS che proprio in quegli anni muove i primi passi sulle moto Honda di grossa cilindrata. Inoltre l'impianto di raffreddamento si avvale di inediti radiatori laterali, posti a ridosso della carenatura, una caratteristica che si ritrova anche sul modello attuale. La potenza dichiarata è di 110 CV nel 1998 e 106 CV nel 2000, quando le normative antinquinamento impongono l'adozione del catalizzatore.

VFR 2002: V-TEC SI', CASCATA NO
L'ultima rivoluzione per il V4 stradale più famoso del mondo arriva nel 2002. La cilindrata rimane di quasi 800 cc ma dal mondo delle auto Honda travasa sulla sua famosa sport-tourer la tecnologia V-Tec, un meccanismo che agisce a livello di distribuzione e fa sì che fino a un certo regime (7.000 giri nel caso della VFR), il motore funzioni come un 2 valvole per cilindro, quindi con un'erogazione di coppia corposa ai bassi e medi regimi. Superata tale soglia il V-Tec trasforma il motore a tutti gli effetti in un "4 valvole", mutandone completamente l'indole e permettondogli di allungare con decisione fino all'intervento del limitatore. Una "chicca", il V-Tec, che non tutti gli amanti della VFR apprezzarono, perché a farne le spese fu, probabilmente per motivi di costi di produzione, la distribuzione a cascata d'ingranaggi, che lasciò il posto a due più tradizionali catene. Ma il V-tec non fu l'unica innovazione: il telaio divenne del tipo "pivot-less", ovvero con il monobraccio infulcrato direttamente sul carter motore, e la linea divenne davvero "spaziale", con il frontale caratterizzato dal gruppo ottico sdoppiato e il posteriore dai doppi scarichi sottocodone. Da allora, fatti salvi gli ovvi aggiornamenti necessari a mantenere le emissioni inquinanti entro i limiti di legge, la VFR non è più cambiata e gli appassionati di questo modello attendono ormai da qualche anno il nuovo rivoluzionario modello. Quanto assomiglierà al "V4 Concept" visto ai saloni di fine 2008?

MOTOGP: DA 5 A 4
Lo sviluppo del motore Honda 4 tempi a V è ricominciato nel 2000, nell'ottica del rientro agonistico che era stato programmato per il 2002. Chiusa l'era del 2 tempi, i Costruttori si sono gettati a capofitto nella progettazione dei motori a 4 tempi da 990 cc. La Casa dell'Ala, per non smentirsi, scelse la strada a cui nessuno aveva pensato, un motore a V, ma a 5 cilindri anziché 4. Perché? Semplice, il regolamento non penalizzava, in termini di peso minimo della moto, i motori con oltre 4 cilindri, così i progettisti pensarono di sfruttare il vantaggio di potenza massima ottenibile con un 5 cilindri rispetto a un 4. La RC211V si rivelò infatti potentissima e vincente da subito. Ma alla fine del 2006 le MotoGP avevano già raggiunto un tale livello di prestazioni che il regolamento cambiò ancora: la cilindrata doveva scendere da 990 cc a 800 cc. Presto detto, Honda "trasformò" il 5 cilindri a V in un nuovo V4 (l'ultima versione del 2008 prevede la distribuzione a valvole pneumatiche) ed è probabilmente sulla base delle esperienze che continuano ad essere accumulate su questo motore che la progettazione della futura V4 Concept" sta procedendo.

A noi non resta che aspettare, per vedere con quali "magie" il più grande Costruttore di moto del mondo vorrà stupirci.


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