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Marquez fa paura: il sorriso è la sua corazza

Impossibile destabilizzarlo. Incidenti e polemiche non lo turbano. Marc in pista è sempre 'Magic'.

Marquez fa paura: il sorriso è la sua corazza

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Sui social è una frase che va parecchio e fa ridere, così la ripeto qui: Marquez ha un bidone di spazzatura al posto del cuore. Non ha avuto pietà né della Direzione di Gara, che ad Austin gli ha inutilmente imposto di retrocedere tre posizioni per una disattenzione in qualifica che in altre occasioni non sarebbe stata nemmeno discussa, né di Valentino Rossi mettendo fine alle polemiche innescate a Rio Hondo con una vittoria nel GP del Texas da lasciare senza fiato.

La realtà, poi, è che la superiorità di Magic Marc era stata imbarazzante anche in Argentina, al netto di tutti gli errori, indiscutibilmente, commessi.

I suoi rivali, e i loro tifosi, invece di girare per il mondo chi parlandone male, e chi fischiandolo sotto il podio, dovrebbero porsi qualche domanda e magari ringraziare il dio della velocità di aver creato un campione sprecone ed esagerato come lo spagnolo della Honda. Che ha vinto il mondiale l'anno passato con due zeri in più di Dovizioso, ricordiamolo.

Ha detto bene Carlo Pernat, manager di grande esperienza che in Argentina non ha avuto peli sulla lingua nel condannare (l'eccessiva) aggressività di Marquez: “le polemiche delle ultime settimane non hanno avuto altro effetto che quello di caricare Marc Marquez. La lezione data ad Austin a tutti è stata imbarazzante. Al contrario la mia opinione è che Valentino sia arrivato in America scarico, esaurito proprio da questa situazione”.

Siamo d'accordo.

Il campione del mondo ha iniziato il mondiale con un secondo posto in volata a Losail, una pista che non gli piace. A Rio Hondo, senza lo spegnimento della sua Honda sullo schieramento di partenza il podio, se non addirittura il primo posto, non gli sarebbe sfuggito e qui, per dirla alla romana, ha vinto in carrozza.

Marquez, inoltre, ha dimostrato di essere impermeabile alle polemiche. Quelle che in passato hanno destabilizzato, in ordine crescente di talento e velocità, Gibernau, Biaggi e Stoner.

Ecco una cosa di cui preoccuparsi seriamente: altro che affermare di avere paura di ritrovarselo alle spalle.

Valentino Rossi è un supercampione. E non solo per i nove titoli mondiali vinti fino ad oggi. Essere ancora competitivo, come lui è, a 39 anni non è normale: è speciale. Ma Marquez bisogna batterlo in pista. E per riuscirci serve tutta l'energia del mondo. Ogni stilla.

E', Marc, nello stesso momento Muhammad Alì e Mike Tyson.

Leggero e potente. Cattivo alla bisogna, ma col sorriso sulle labbra.

La volete sapere una cosa? Non lo abbiamo mai, ripeto, mai visto preoccupato. O arrabbiato. Anche quando, nel 2013, il suo box a Phillip Island sbagliò clamorosamente facendolo rientrare un giro dopo quello imposto, errore che gli costò la bandiera nera, Marc rimase impassibile.

E' vero, era largamente in testa al mondiale e quello era il suo primo match point, ma lo svantaggio di Lorenzo sul connazionale passò da 43 a 18 punti, quando mancavano due gare al termine.

Può, uno così, essere il mostro che alcuni dipingono?

Il mondiale, comunque, è appena agli inizi e Marquez, come tutti, è battibile.

Il suo tallone d'Achille è proprio la sua incontenibilità. E' sempre al centro del ring, con la guardia bassa. Anche ad Austin è caduto due volte. Non si risparmia. Incassa bene, è di gomma, ma il montante che non vedi arrivare e ti lascia al tappeto è sempre dietro l'angolo.

L'unica cosa certa è che non arriverà perché Marquez si è girato ad ascoltare qualche urlaccio.

E' sordo alle critiche. E con quel sorriso indelebile sul volto fa paura come il Joker di Batman.

 

Questo commento è apparso martedì 24 aprile sul Corriere dello Sport

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