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Rossi e Dovizioso: chi si accontenta non gode ma rischia

Si legge in un modo, ma Vale ed Andrea gli daranno significato diverso. Sono caduti entrambi: il primo mentre cercava di non farsi sfuggire la vittoria, il secondo per essere finito nel Bronx delle ultime file. Per tutti e due il mondiale potrebbe aver preso un'altra strada  

Rossi e Dovizioso: chi si accontenta non gode ma rischia

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I momenti di massimo rischio in un Gran Premio sono due, forse tre. Il primo, sicuramente, è il giro a vita persa nelle qualifiche.

Non c’è equilibrio che tenga quando si cerca il limite facendo la barba al diavolo. E’ l’unico momento, forse, in cui i migliori piloti sconnettono il cervello affidandosi completamente all’istinto. Emuli tutti di quel Luke Skywalker che spegne il computer di bordo del suo caccia stellare per lanciare il missile e centrare il bersaglio.

Concentrati sul momento. Percepisci, non pensare. Usa il tuo istinto… E che la Forza sia con te!

Il secondo, probabilmente, è il via. Quel lunghissimo attimo in cui, con la visiera del casco abbassata, si attendo lo spegnersi del semaforo e si getta come una mandria dentro la prima curva.
E’ la statistica a dirlo: a rischiare di più sono quelli delle ultime linee. E’ il Bronx dello schieramento, il posto dove ti possono pugnalare ad ogni metro.

Il terzo momento, probabilmente, è quando vedi il tuo avversario scappare via verso la vittoria e decidi di non lasciarlo andare. E’ un moto dell’animo, questo, che appartiene alla logica eppure vi sfugge perché si scambia il certo per l’incerto. Come ad un tavolo di Texas Hol’em quando si punta l’intera posta

If we're gonna do it, let's do it. I’m all in.

Il campione si gioca tutto nel primo, per evitare il secondo, pensando che l’istinto lo preserverà da fare sciocchezze nel terzo. Ma non sempre è così.

La paura è la via per il lato oscuro. La paura porta alla rabbia, la rabbia porta all'odio, l'odio alla sofferenza.

A volte si commettono errori per propria colpa, e bisogna accettarli; altre per colpa di altri, ma dobbiamo pensare se, in qualche modo, siamo responsabili di ciò che ci è accaduto.

Questa riflessione è conseguenza dei destini uguali, eppure diversi, capitati oggi nel GP di Barcellona a Valentino Rossi e Andrea Dovizioso.

Il primo è caduto per averci provato, il secondo per essersi trovato in una situazione in cui non avrebbe dovuto essere. Ma queste sono le corse. Un recipiente in cui, dal giovedì inizi a versare qualcosa, ma è sempre l’ultima goccia a far traboccare il vaso.

Inseguivano sogni diversi, eppure eguali, Vale ed Andrea, a Barcellona. Rossi il 10°, Dovi il suo primo in classe regina.  E il Montmelò era, probabilmente, un punto di svolta. Purtroppo, come diceva Ernest Hemingway, ai più importanti bivi della nostra vita non c’è segnaletica.

 

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