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Brno: è il ballo dei debuttanti ma Sua Maestà Marquez non è in pista

In Repubblica Ceca brillano i giovani e le case decisioniste. Può essere l'inizio di una nuova era (Marquez assente permettendo), quel che è certo è che la moderna MotoGP non è fatta per i temporeggiatori

Brno: è il ballo dei debuttanti ma Sua Maestà Marquez non è in pista

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Se. Non bisognerebbe mai iniziare una frase con una congiunzione ipotetica, ma è la prima che ci è venuta in mente quando Brad Binder ha tagliato vittoriosamente il traguardo con la KTM nel GP della Repubblica Ceca.

E’ ingiusto e ingeneroso per i piloti che si battono in pista, pensare all’assente Marc Marquez anche nel momento in cui un pilota ed una casa raggiungono un traguardo così importante e agognato, qual’è la prima vittoria in MotoGP, ma quando Binder ha regalato al Sud Africa e alla casa di Mattighofen questo successo storico non abbiamo potuto non pensare a che gara avremmo visto con Marc in pista.

A Brno, lì davanti, in fuga c'era l'ombra di Marquez

Chiariamo subito: con ‘i se ed i ma’ non si fa la storia, e Brad oggi ha ripercorso le orme di due campioni tostissimi come Jon Ekerold e Kork Ballington, ma ci è parso, dannati come siamo a seguire le gare in remoto, che quello che abbiamo visto sia stato il Gran Premio degli ‘altri’. Quasi come se, lì davanti, in solitaria, ci fosse stata comunque in fuga l’ombra del campione del mondo.

Del resto Binder ha vinto con un tempo leggermente superiore, nelle realtà del 2018 e nelle proiezioni del 2019 che si è corso su una distanza leggermente inferiore, rispetto a quello delle vittorie di Dovizioso e Marquez. Ma è anche vero che non si possono fare confronti così diretti essendo cambiate, oltre allo stato dell’asfalto, le gomme e le temperature.

E’ pur vero però, come ci viene giustamente ripetuto, che ogni mondiale fa storia a sé, e questo non farà eccezione.

Ciò che abbiamo visto in queste prime tre, anomale, sfide ci è comunque sufficiente per esprimere alcuni giudizi che non riteniamo azzardati e che per cercare una difficile sintesi proviamo a dare in poche righe.

Quartararo & Morbidelli, il nuovo che avanza. E ci sono anche Binder e Bagnaia

I piloti che ci hanno impressionati di più in positivo sono stati i due della Petronas, Quartararo e Morbidelli. Sono entrambi cresciuti e cresceranno ancora. Un giudizio che ci sentiamo di dare anche su Pecco Bagnaia anche se è perseguitato dalla sfortuna. E’ il nuovo che, ineluttabilmente, avanza. A Brno Fabio ha preso una bella paga da Franco, ed è difficile capire quanto e se questo sia stato dipeso dalla diversa scelta della gomma posteriore, morbida per Morbidelli, dura per Quartararo. Di Binder si aspettava l’esplosione. Vedremo nei prossimi due Gran Premi, che si correranno nel cortile di casa della KTM, se arriverà la conferma, sia sportiva che tecnica.

Dovizioso e Petrucci irriconoscibili: nel box ora gli dicono di guidare come Bagnaia e Zarco

I piloti che invece ci hanno, purtroppo, impressionato in più in negativo sono la coppia di ducatisti ‘DOC’, Dovizioso e Petrucci. E’ vero che Andrea ha fatto un podio, ma al momento non sembra più il capobranco di Borgo Panigale. E forse questo riflette la sua difficile situazione contrattuale. Sentirlo dire che Bagnaia frena meglio, o ascoltare Davide Tardozzi che afferma che Johann Zarco, come Pecco, guidi meglio la Desmosedici con le nuove Michelin equivale ad una bocciatura. Ovviamente nell’anno della più grande opportunità per la casa bolognese non tutto è perduto. I punti di distacco dal leader, il francese del team Yamaha Petronas, sono appena 28. Ed è inutile ripetere che i prossimi due Gran Premi si correranno sull’autostrada austriaca del Red Bull Ring dove la Ducati domina dal 2016. Non ci stupiremmo se Dovi fosse in grado di arrivare in testa al mondiale nel GP di Misano.

Certo, dovrà darsi una svegliata, anche perché sarebbe veramente troppo se approdate in Stiria le Rosse dovessero ancora arrivare dietro alle Arancioni.

L'inverno agonistico di Rossi e i soliti alti e bassi di Vinales

Fra quelli sui quali il nostro giudizio è ancora sospeso c’è la coppia degli ufficiali Yamaha. Maverick Vinales alterna ancora grandi prestazioni a gare incolori, quindi nulla è cambiato, mentre Valentino Rossi, straordinario in questo suo inverno agonistico, paga fin troppo il non riuscire ad essere incisivo in qualifica. Ma dal punto di vista matematico con il punteggio è lì.

Due che non hanno ancora raccolto quello che meriterebbero, invece, sono Alex Rins e Pol Espargarò. Per motivi diversi. Il primo non è ancora al cento per cento, mentre il secondo paga una condotta di gara aggressiva e poco remunerativa, a volte.

E poi ci sono i fuoriquota, quei piloti, sicuramente veloci, sui quali però difficilmente scommetteresti. Pensiamo a Jack Miller, ma anche a Johann Zarco. Entrambi, alla guida di una Ducati quest’anno di difficile interpretazione, sono chiamati ad offrire prestazioni più costanti. E questo spiega perché la Ducati ci stia mettendo così tanto a scegliere il suo (nuovo?) leader.

Poche righe ancora per parlare delle Case in pista.

Yamaha è in testa al mondiale ma non ci dice nulla sui motori

La Yamaha ha tre moto nelle prime tre posizioni del campionato, ma su di lei pesa l’alea dei motori, sui cui problemi non ha ancora alzato il velo. Sicuramente però, dal punto di vista strategico, ha le migliori squadre. Lin Jarvis è stato bravo.

Honda inguardabile senza Marquez paga troppe scelte sbagliate

Parlare della Honda, invece, è imbarazzante. Che ne è dello squadrone creato da Livio Suppo? Nelle mani di Alberto Puig è finita, assente Marquez, alle spalle di Yamaha, Ducati ed anche KTM. E non ricordiamo due Repsol-Honda partire dall’ultima fila in un Gran Premio. E al momento il loro miglior pilota è Nakagami.

Ducati devi decidere, ma guarda avanti!

Ducati è difficilmente giudicabile. Non si riesce cioè a capire quanti dei problemi attuali vengano dalla moto e quanti dai piloti, dando per scontato la difficile adattabilità alle nuove Michelin. Detto questo due terzi posti, uno con un team satellite, sono una prestazione inaccettabile.

KTM ha preso il...toro per le corna

KTM, invece, ha fatto veramente un balzo in avanti, il cui merito va sicuramente in parte all’apporto come collaudatore di Dani Pedrosa che l’HRC, invece, avrebbe dovuto premiare con un contratto vitalizio, se non come tester come consulente. Gli austriaci si sono molto ispirati infatti alla RC213-V sia nel disegno del motore che nell’aerodinamica. Rimangono fedeli al loro telaio tubolare in acciaio, che però oggi ha struttura simil-deltabox ed alle sospensioni White-Power. Comunque, tanto di cappello.

Passo in avanti, non balzo fino a prova contraria, per l’Aprilia, orfana di Andrea Iannone. Finalmente Aleix Espargarò ha finito una gara, ed è ciò di cui a Noale avevano bisogno. Il tutto senza avere alle spalle un munifico sponsor come Red Bull.

Last but not least Suzuki: quest’anno sono stati tanto sfortunati, ma la moto c’è. E non dimentichiamo che sono l’unico team in pista a non avere un team satellite. Ormai si sa quanto conti poter disporre di un maggior numero di dati.

Il resto, è sotto-clou. E per riprendere il team iniziale del ‘se’, non vediamo l’ora che al centro del ring torni il campione in carica. Forse non vincerà il titolo, quest’anno, ma siamo sicuri che tornerà ad essere il riferimento per tutti. Sconfitto, ma non battuto.

 

 

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