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La Ducati che si accontenta non gode

Per battere Marquez non si può correre da ragionieri e ad Assen Dovizioso e Petrucci si sono marcati fra di loro. Dovi deve rischiare di più e Petrucci deve smettere di considerare Andrea un fratello da proteggere

La Ducati che si accontenta non gode

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La Ducati ormai lo ha capito: anche quest'anno il mondiale si vince l'anno prossimo.

Si può dare semplicemente la colpa alla GP19, che "è cresciuta meno in alcuni comparti delle rivali dirette", come fa clericalmente notare Andrea Dovizioso, a cui non sfugge che non si può sputare nel piatto in cui si mangia. Oppure ce la si può prendere con i fantasmi, come fa Petrucci, che quasi con le lacrime agli occhi confessa di sentirsi insicuro, "fra l'incudine ed il martello", per usare le sue parole, mentre lotta con l'amico e rivale Dovizioso senza aver la certezza di un posto in squadra il prossimo anno.

Due atteggiamenti entrambi criticabili: il primo perché non si può essere soddisfatti di "aver fatto il massimo possibile", come ha detto Dovi, dopo aver preso 14 secondi; il secondo perché, dopo le scuse per la vittoria al Mugello, di fronte al suo caposquadra, Petrucci dovrebbe aver capito che questo atteggiamento non paga. Cioè che fare la pecorella e l'obbediente seconda guida probabilmente gli migliorerà un po' il conto in banca, ma al prezzo di un'ulcera.

Insomma la solita situazione di ducatesca memoria che si ripete fra le coppie in rosso. L'alternativa, lo sappiamo, è una convivenza difficile, come quella che abbiamo vissuto dapprima con Andrea Iannone e successivamente con Jorge Lorenzo.

Convivenze difficili che però, ma questa è una opinione assolutamente personale - "da giornalista, perché voi non sapete molte cose", come dice Dovi - fanno progredire la moto perché non permettono di accontentarsi.

Ciò che invece sta accadendo quest'anno con Dovizioso che, non riesce a staccarsi dalla sua strategia attendista, pur rendendosi conto che non si batte Marquez  facendo il meglio possibile, cioè raccogliendo punti.

Il che riporta alla nostra affermazione iniziale: anche quest'anno il mondiale si vince l'anno prossimo. Mentre la domanda che Andrea dovrebbe porsi è: a cosa ci serve un altro secondo posto assoluto?

Non è vero che noi rimpiangiamo Jorge Lorenzo - Dovi il confronto con Jorge non l'ha ancora superato - ma è vero che il maiorchino non si accontenta. Non si è mai accontentato e preferisce fare stagioni di merda piuttosto che piegarsi alla logica del 'ho fatto tutto il possibile'.

Ora il forlivese ha fatto due belle stagioni, la prima soprattutto, contro Marquez, battendolo addirittura a volte nel confronto diretto, ma ciò accadeva quando si trovava in vantaggio tecnico. Marc dal canto suo ha sempre accettato lo scontro, rischiando fino all'ultimo metro, mentre avrebbe potuto accontentarsi del secondo posto.

Direte: ma il risultato è lo stesso. E' vero, ma i mondiali non si vincono facendo i ragionieri. O meglio, può anche accadere, ma per farcela l'avversario deve avere qualche problema.

E l'unico modo per crearglielo è stargli col fiato sul collo ogni metro.

Lo confessiamo, ma l'avrete già capito: qui ad Assen la Ducati non ci è piaciuta. Non però perché è finita quarta, ma perché i due ducatisti hanno individuato il limite in quello dell'altro.

E' ovviamente vero che c'è stato un peggioramento delle prestazioni per mancanza di grip, ma nessuno dei due piloti, per ragioni diverse, ha provato ad andare oltre. Dovizioso perché è nella sua natura, Petrux perché è terrorizzato a) di fare un errore mentre è in lotta con il compagno di squadra, oppure b) di non rispettare le gerarchie, od infine c) avendo paura nel caso di caduta o peggio, di non meritarsi il rinnovo.

Ora chiunque può ribattere ciò che vuole o fare come Davide Tardozzi che, nel suo ruolo, ci è venuto a spiegare in sala stampa che è nella logica di una azienda prendersi il tempo di cui ha bisogno per decidere quando rinnovare un accordo.

Tutto vero. Ma non è questa la Ducati che vogliamo.

 

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