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Silverstone: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi (anche ad Imola)

Dallo sciopero a Spa del 1979 a quello di Misano 1989. Quando a decidere erano i piloti. Oggi che manca l'avversaria - la FIM - è quasi peggio

Silverstone: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi (anche ad Imola)

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Non c'è nulla di più nuovo della carta stampata, si diceva, il che mi fa supporre che sia così anche per il web. Per questo motivo ripropongo, perché inutile riscrivere la medesima cosa con parole diverse, ciò che scrissi in occasione del 'no' a Silverstone, che troppo non è diverso al 'no' ad Imola di ieri.

Parliamo di due circuiti storici e, in fondo, in entrambi i casi di lavori fatti non propriamente ad arte. Ma non mi preme sottolineare questo, quanto il fatto che la decisione è sempre stata presa dai piloti. Come ieri ad Imola. Ed ora chi si è scagliato contro Bautista od altri, se la prenda contro Sheene, a cui largamente dobbiamo l'eliminazione del Tourist Trophy dal calendario mondiale nel 1977, Ferrari, Roberts, Lucchinelli, Rolando e altri. Anche loro erano cacasotto?

 

Era il 1979 quando, dalla torretta del circuito di Spa-Francorchamps Franco Uncini, attuale responsabile della sicurezza per la FIM, assieme a Barry Sheene, Kenny Roberts e Johnny Cecotto, arringò i colleghi sulla pericolosità di correre il Gran Premio del Belgio per via di un asfalto rifatto male.

Lo storico sciopero di Spa, si riconoscono Ferrari, Roberts, Sheene, Rolando

Ne originò uno storico sciopero che cambiò le sorti del motomondiale. Ve lo ricordate? L'avvocato-giornalista Barry Coleman, grande amico di Kenny Roberts, provò a lanciare le World Series. Non se ne fece nulla ma la Federazione internazionale, guidata allora da Nicolas Rodil Del Valle, si spaventò e le cose iniziarono a cambiare.

Così si arrivò nel 1989 a Misano – sempre l'asfalto sotto accusa - quando corse e vinse un solo top rider, Pierfrancesco Chili.

Lawson, Schwantz, Rainey lo guardarono dal box, sbeffeggiandolo, ma forse Frankie fu in un certo senso uno dei primi professionisti obbligati a gareggiare.

Vent'anni dopo, tempi moderni, una imprevedibile pioggia torrenziale (nel deserto!) rese impraticabile il circuito di Losail, in Qatar, ma i piloti non scioperarono. Non ce ne fu bisogno: il Gran Premio fu spostato al lunedì successivo.

Oggi lo stesso Uncini, assieme a Loris Capirossi, Mike Webb e Carmelo Ezpeleta, sono stati chiamati a gestire una situazione egualmente pericolosa, ma senza un piano B. Il Gran Premio di Gran Bretagna non è infatti recuperabile il lunedì. Cosa ne pensano i piloti di oggi, presi in un business che gli dà molti poteri ma gli toglie anche libertà?

Due giorni a parlare di buche, sobbalzi e perdite di aderenza improvvisa, con l'asciutto. I piloti concordi: riasfaltatura pessima. Poi, sabato è arrivata la pioggia durante la FP4, la sessione che i piloti utilizzano per provare il passo gara.

"La mia Suzuki ha iniziato a fare aquaplaning a 300 all'ora alla curva 7, la Stowe. Ho provato a controllarla ma, perso il riferimento per la frenata ho capito che non mi sarei mai fermato. Così mi sono buttato".

E' Alex Rins a parlare, e sì, avete capito bene: si è lanciato giù dalla moto in piena velocità. Un po' come facevano i piloti dei caccia durante la seconda guerra mondiale quando venivano colpiti: senza sediolino ejettabile, aprivano il cockpit, salivano sull'ala e si buttavano giù.

Una decisione coraggiosa che a Rins ha salvato la vita. Immediatamente dopo di lui, sorpreso dal medesimo problema, è caduto Tito Rabat, che è rimasto nella ghiaia della via di fuga ed è stato centrato dalla moto di Franco Morbidelli. Risultato: frattura scomposta ed esposta di femore, tibia e perone della gamba destra.

La mancanza dell'elicottero ambulanza che lo ha trasportato all'ospedale di Coventry ha causato un lungo ritardo al termine del quale sono iniziate le prequalifiche e poi le qualifiche, disputate con metà pista bagnata e metà asciutta, ma con gomme da pioggia.

Jack Miller, che non ha problemi di campionato, ha provato ad entrare con le slick, ma a centrare la pole, dopo un duello col compagno di squadra Andrea Dovizioso sul filo dei centesimi, è stato Jorge Lorenzo che ha tirato fuori il meglio dalla sua Ducati con una guida morbidissima. Non a caso il maiorchino usa sempre la metafora, per indicare il suo stile, di “martillo e mantequilla”. Questa volta ha riposto il martello e utilizzato il burro. Zarco con la sua Yamaha satellite ha chiuso la prima fila, davanti a Cal Crutchlow, Marc Marquez e Danilo Petrucci, in seconda fila.

Le Yamaha sono affondate: Vinales, che in queste condizioni si perde, ha fatto l'11° tempo, mentre una incomprensione ai box ha impedito a Valentino Rossi di sfruttare l'ultima gomma: è passato sul traguardo un secondo dopo la bandiera. Se avesse potuto proseguire sarebbe potuto risalire, forse, sino alla quinta posizione.

Ma questa è la cronaca di uno schieramento di partenza che oggi non abbiamo visto perché è apparso subito chiaro che, la pioggia ha creato condizioni di pericolosità tali da costringere gli organizzatori a posticipare di continuo il Gran Premio.

Il problema è l'inclinazione (il 'camber') nella curva 7, e nelle successive sino alla 11 che, unite all'ondulazione dell'asfalto favorisce il ristagno di acqua. Si formano delle grandi pozze sulle quali le velocissime MotoGP, anche equipaggiate con gomme rain, perdono aderenza improvvisamente.

Mike Webb, ieri, è stato chiaro.

"Non esiste un piano B: cercheremo di correre questo Gran Premio, ma se sarà possibile disputarlo in sicurezza altrimenti annulleremo la gara. Stiamo vivendo attaccati alle previsioni dei meteorologi che ci dicono che quello è l'orario in cui ci saranno meno precipitazioni. E' possibile che si debba arrivare ad annullare le altre classi, se non avremo la finestra idonea alla MotoGP, che è quello che interessa agli organizzatori".

Il bello di tutta questa storia è che Dorna e FIM conoscevano i problemi perché ne avevano addirittura parlato Lewis Hamilton e Sainz nel luglio scorso. Quest'ultimo aveva fatto espressamente riferimento alla MotoGP, mentre il campione del mondo della F.1 aveva paragonato Silverstone al Nordschleife, il vecchio Nurburgring.

"Lo hanno riasfaltato ma hanno buttato il loro denaro, non capisco come abbiano potuto fare un lavoro così pessimo – aveva detto Hamilton, e aggiunto - è il tracciato con più sobbalzi che abbia mai visto. In F.1 sembra di guidare un jet da combattimento, ti escono gli occhi dalle orbite dalle botte che prendi".

I lavori sono stati eseguiti da 'Aggregate Industries', la stessa ditta che asfaltò Silverstone 21 anni fa.

Tutti sapevano, nessuno ha fatto niente. Cosa vi ricorda questo fatto?

Sempre ieri Vito Ippolito, Presidente della FIM, ci ha detto: “pensiamo per il futuro di creare una commissione di controllo con veri esperti. Ingegneri, per verificare prima lo stato delle piste”.

Ottimo. Vedremo se sarà costituita veramente. Ma da chi sarà controllata?

Perché il problema, nell'attuale MotoGP, è sempre lo stesso: chi guarda le guardie?

Perché se tutti mangiano alla stessa greppia è quasi inutile.

Perché la FIM dovrebbe tornare a fare la Federazione 'super partes' e la Dorna l'organizzatore.

Non è una critica: è una costatazione. Ne guadagnerebbero entrambi.

La copertina di motosprint sullo sciopero di Francorchamps del 1979

Poi, certo, ci sono le situazioni eccezionali: nel 1980, al Salzburgring nevicò. Non c'erano nemmeno le condizioni per mettere le ruote in pista. Era il 26 aprile, solitamente faceva sempre molto freddo, ma si riusciva a correre.

La vecchia FIM, quella di Rodil, mandò tutti a casa dopo un breve conciliabolo ed il sottoscritto, tornato a Bologna, passò una piacevole e imprevista serata nella redazione di motosprint con una simpatica collega. A 26 anni ci divertivamo anche senza motomondiale.

Ma questa è un'altra storia.

 

Questo blog utilizza materiale pubblicato sul Corsport del 26 agosto

 

 

 

 

 

 

 

 

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