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Altri tempi, altri scontri: Senna vs. Schumacher

I campioni 'fiutano' sempre l'arrivo di un loro pari. Ma i piloti, alla domenica, pensano solo a correre

Altri tempi, altri scontri: Senna vs. Schumacher

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Magny-Cours, 1992, Gran Premio di Francia.

Questo fa parte dei miei ricordi di F.1, perché di moto, e di incidenti in sorpasso, si è anche parlato troppo.
Poi qui di moto ognuno ha i suoi ricordi, ed è inutile che io vi racconti i miei.

Per questo ritorno a quel 1992. I contorni di quel fatto erano sfumati, ho sempre amato più le due ruote che le quattro così rammentavo lo scontro, fra uomini, ai box ma non il dettaglio precedente così ho chiesto lumi all’amico e collega Alberto Sabbatini.

Dunque, partenza del Gran Premio di Francia ed il giovane Michael Schumacher, su Benetton-Ford, alla sua prima stagione piena alla staccata del tornante butta fuori nientemeno che Ayrton Senna che all’epoca aveva già vinto tre titoli. Bandiera rossa.

Ayrton, pilota riflessivo ed introverso, ma anche sanguigno all’occorrenza, non le manda a dire al giovane Schumi. Gli si para davanti ai box e nel suo più che eccellente inglese gli pianta un dito addosso spiegandogli in due parole non solo come si guida, ma anche cosa pensa di lui.
Li dividono.

Un Mito, ed uno che un Mito sarebbe diventato. Vi fa venire in mente Valentino Rossi e Marc Marquez?

In un certo senso, perché no? Il Più Grande era ancora il numero uno, ma in quel 1992 la McLaren cominciava ad andargli stretta. E quel ragazzino tedesco lo infastidiva e nel suo futuro si profilava la Williams-Rothmans e l’orrore di Imola.
La storia la conoscete.

Questo ricordo se ne porta dietro un altro. Zolder, 1984, o era Zandvoort l'anno successivo? prove libere se ricordo bene. Il giovane Senna, allora, fa qualcosa che non doveva fare con la sua Toleman Hart Turbo a Michele Alboreto che, come risposta, gli pianta il musetto nella scatola del cambio. Appositamente,  mica per sbaglio.

Michele era uno che si incazzava, e quando accadeva le cose te le diceva in faccia. Era così anche con i giornalisti.
Piloti.

Ho avuto la fortuna di conoscerne tanti, durante il mio lavoro. Alcuni abbastanza da essere considerato un loro amico.
Mi piaceva molto questo lato del loro carattere. Anche se erano in grado di fiutare da lontano un nuovo, giovane, campione lo affrontavano. Sempre.
Non facevano i piloti. Erano piloti.

Oh, poi, certo, noi su queste liti ci costruivamo le storie. Facevamo i titoli sui giornali, Internet però ancora non c’era e bisognava sempre aspettare 24 ore per conoscere il seguito ma alla gara successiva, quando si spegneva il semaforo l’episodio rimaneva nei ricordi.
Nei loro, nei nostri.

Correre era troppo importante per perdere tempo dietro a queste stronzate.

 

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