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Perché Vinales a Losail è al centro della sua 'comfort zone'

Frena, piega, scorri, accelera. Lo fanno tutti i piloti, ma sono le loro moto a dettare come e quando

Perché Vinales a Losail è al centro della sua 'comfort zone'

Frena, piega, scorri, accelera. Questo è quanto ogni pilota si ripete ad ogni giro di pista, su qualsiasi circuito del mondo.

Staccare nel miglior modo possibile, inserire la moto in curva al momento e nel punto giusto, cercare la massima velocità di percorrenza ed aprire il gas il prima possibile per fiondarsi via in accelerazione.

Facile no? Peccato che per farlo in modo perfetto bisogno erede avere una moto perfetta in ognuno di questi quattro momenti. Il che, francamente, è impossibile perché raramente la stabilità va d’accordo con l’agilità e la rapidità di inserimento a volte rende la moto meno piantata sull’asfalto in frenata.

Gli ingegneri lo sanno bene: l’assetto perfetto è una utopia ed il Sacro Gran è il miglior compromesso possibile perché la coperta è sempre troppo corta per coprire tutte le esigenze.

E questo spiega anche perché i valori delle moto in campo spesso si ribaltano a seconda del circuito sul quale si corre.

Quando si sente dire ‘questa è una pista per la Honda’, o ‘qui la Yamaha è sempre andata bene’, si fa riferimento a quelle che sono le caratteristiche costanti della RC213-V o della M1, più che quelle dei rispettivi piloti.

Questa breve introduzione ci serve per cercare di spiegare meglio quanto accaduto a Losail, negli ultimi test invernali che precedono il Gran Premio del Qatar, il 27 marzo prossimo.

Proviamo dunque a spiegare perché Maverick Vinales e Marc Marquez, il pretende al titolo 2017 e l’iridato in carica, si sono praticamente trovati ai due estremi opposti della cosiddetta ‘confidenza’. Ciò che i piloti chiamano ‘feeling’ e che è ciò che serve loro per guidare con fiducia nell’intero arco dei 22 giri di un Gran Premio.

Scacciate infatti dalla mente che i nostri vadano al 100% per l’intera gara. Al contrario essi guidano in una (seppur estrema) ‘comfort zone’, esattamente come il maratoneta Kimetto che a Berlino è stato capace di far segnare l’incredibile record di 2h02”57 sui 42,195 Km. Un tempo che equivale, su per giù, ad un po’ meno di 2’55” al chilometro.

Dunque cosa voleva dire Marc quando puntualizzava che Losail non è uno dei suoi circuiti favoriti?
Semplice: la Honda è favolosa dove ci sono delle esse strette. Punti dove bisogna frenare e spostare rapidamente la moto da destra a sinistra e quindi accelerare. E’ questo che intendeva quando parlava di circuiti con curve strette.
Un esempio? Austin. E non a caso in Texas Marquez sembra imbattibile.

D’altro canto la Yamaha invece predilige le curve lunghe, e a Losail ce ne sono tantissime. Per guidare al cento per cento la M1 bisogna portarla al centro curva alla massima velocità possibile e poi mantenerla, cosa relativamente facile grazie alla sua stabilità.

Ce l’avete presente lo stile di guida di Jorge Lorenzo? Bene, quello. Sul filo del rasoio, ma unto di burro. Su una pista Yamaha, alla guida di una moto molto simile alla sua ex Suzuki (guarda caso anche lei spinta da un motore quattro in linea) Maverick ha fatto scintille…metaforiche, mentre Marc ha illuminato la notte con quelle reali di tre scivolate.

Cosa accade infatti ai piloti quando provano a guadagnare velocità a centro curva con una moto fatta invece per guizzare nelle varianti?
Semplice, perdono l’avantreno non appena cercano l’angolo di piega necessario per mantenere traiettoria e velocità.
Chiedere a Iannone per conferma.

Non è dunque, solo una questione di stili di guida diversi (ai quali però i piloti si abituano), ma anche di filosofia costruttiva delle singole moto.
Questo è anche il motivo per il quale le varie marche hanno reagito differentemente alla proibizione dell’uso di spoiler: non tutte hanno bisogno del medesimo carico sull’avantreno.

Alcune di queste, infatti, richiedono per chiudere la curva di più peso sulla gomma anteriore, sia nella brutale fase della frenata, sia in quella più delicata della transizione, quando nell’attimo in cui si va a riprendere in mano il gas, c’è più bisogno di aderenza. Se questa non è abbastanza è un attimo: si chiude l’avantreno e si va in terra. Lowside viene definito, al contrario di highside, che tutti sapete cos’è.

Dunque chi vincerà in Qatar, fra due domeniche?

Ora che sapete che esistono due tipi di moto, e quattro momenti cruciali in ogni curva, su qualsiasi pista, pensate che a ciò vanno aggiunti decine (se non centinaia) di altri parametri per ‘arrotondare’ le transizioni fra un momento e l’altro: regolazione del freno motore, erogazione del motore, regolazione delle sospensioni, altezza della moto…e ci fermiamo qui.

Nei box ci sono sempre centinaia di ingegneri, ma l’assetto perfetto non è una scienza esatta. Si tratta sempre di decidere se sentire freddo ai piedi o alla testa.

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