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TECNICA: Ecco cosa faranno le Case MotoGP per migliorare nel 2021 - Parte 1

PRIMA PARTE La stagione 2020 si è conclusa da poco, abbiamo analizzato le diverse moto evidenziando le lacune riscontrate ed ipotizzando gli sviluppi in previsione dell’inizio del nuovo campionato.

MotoGP: TECNICA: Ecco cosa faranno le Case MotoGP per migliorare nel 2021 - Parte 1

Il 2020 è stata una stagione difficile sotto molti punti di vista.  Anche se il nuovo anno non è iniziato come il mondo sperava, i buoni propositi che solitamente si stabiliscono ad ogni principio offrono uno spunto di riflessione anche sull’anno appena concluso. E’ una pratica che permette di crescere e migliore. Vogliamo quindi, idealmente, applicarla alle sei Case costruttrici che compongono lo schieramento di partenza della MotoGp.

DUCATI: sottosterzo e mancato feeling con la nuova gomma posteriore sul banco degli imputati

Iniziando dalla vincitrice del campionato del mondo costruttori, Ducati, cerchiamo di analizzare eventuali aree di intervento e possibili soluzioni tecniche. La Ducati storicamente vanta il più prestazionale propulsore dello schieramento, sin dai tempi delle prime ottocento di cilindrata che sono state, ingiustamente, accusate di avere qualche centimetro cubico di troppo. Dietrologie a parte, dal punto di vista motoristico poco o nulla si può criticare al prestazionale ‘V4’ di Borgo Panigale. Da contraltare a tanta potenza, c’è l’altrettanta storica propensione a non ‘curvare’. Ovviamente è una iperbole per sottolineare una difficolta di Ducati, rispetto alla concorrenza, di seguire la traiettoria impostata in fase di percorrenza di curva. Ecco palesarsi il famigerato sottosterzo, fenomeno che tende a far allargare l’avantreno della moto verso l’esterno della curva. Negli ultimi anni, dalla GP15 in poi che ha segnato un taglio netto con il passato, questo fastidioso difetto è stato mitigato tanto da permettere ad Andrea Dovizioso di essere estremamente competitivo, non solo su singoli circuiti, ma per l’intero campionato. Per inciso ha conquistato consecutivamente il secondo posto finale nel triennio 2017-2019.  Dopo l’uscita di scena di Marc Marquez, causa infortunio, per la stagione passata il forlivese sembrava il naturale candidato numero ‘1’ al titolo iridato. La cronaca la conosciamo tutti e la stagione, nonostante la vittoria del titolo marche, è stata al di sotto delle aspettative per l’azienda bolognese. In particolar modo per l’alfiere ducatista. I motivi possono essere molteplici, leggasi attriti interni alla squadra tra piloti e dirigenza, ma in questo articolo vogliamo rimane su aspetti squisitamente tecnici.

Il maggior indiziato, per la mancanza dei risultati, sembra essere il mancato feeling tra la GP20 e la nuova gomma posteriore Michelin. Ricordiamo che Michelin è fornitore unico del campionato quindi tutte le squadre e tutti piloti si trovano nelle medesima situazione tecnica. La nuova copertura, rispetto alla stagione 2019, assicura un maggior grip. Caratteristica che non permette a Dovizioso di essere così incisivo in frenata, uno dei suo assi nella manica. La maggior aderenza, sembra non permetta al pilota di controllare la deriva dello pneumatico posteriore in direzione opposta alla curva, manovra che se ben realizzata permette un più efficace inserimento in curva. Il maggior allineamento longitudinale tra i rispettivi piani verticali passanti per le ruote, al contrario, tende a ‘spingere’ il mezzo verso la tangente della traiettoria sottoponendo ad un maggior lavoro lo pneumatico anteriore che non riesce a contrastare efficacemente l’inerzia. Il tutto si traduce in un aumento del sottosterzo. La condizione per cui si realizza tale fenomeno è quando l’angolo di deriva della ruota anteriore è maggiore di quello della ruota posteriore. Nella condizione ideale di puro rotolamento, la velocità (il vettore) deve essere contenuta all’interno del piano della ruota. Quando questo non si verifica si ha un determinato angolo di deriva definito come l’angolo formato tra la direzione di avanzamento e il piano della ruota. Le forze laterali che si generano durante una curva dipendono dagli angoli di deriva, dall’angolo di rollio, dai carichi verticali e dalla rigidezza degli pneumatici (rispetto al rollio e alla deriva). Interessante notare come maggiore siano le rigidezze degli pneumatici minore sarà l’angolo di deriva necessario ad effettuare la traiettoria imposta. In altri termini il pneumatico, non essendo infinitamente rigido, si torce a seguito delle sollecitazioni e questo conduce alla deriva dell’area di contatto rispetto alla direzione della ruota. La pressione di esercizio degli pneumatici influisce sulla deriva infatti aumentando la pressione (entro i limiti di utilizzo) il pneumatico sarà più rigido e la deriva diminuisce. Altro fenomeno che influenza la deriva sono le forze longitudinali (accelerazione e frenata). Aumentando l’entità di tali forze, aumenta la deriva. Questi fenomeni si possono traslare e verificare (con più facilità) in ambito automobilistico. Accelerando o frenando in curva si avverte distintamente l’aumentare della deriva. Così come sgonfiare (entro un determinato range) i pneumatici anteriori aumenterà nuovamente la deriva che si traduce in comportamento sottosterzante.

Tralasciando la trattazione accademica, il comportamento in curva di una moto può essere espresso in funzione del raggio di sterzata definito come il rapporto tra il raggio di sterza effettivo e quello cinematico. Il primo tiene conto della differenza tra l’angolo di deriva posteriore e quello anteriore. L’angolo di deriva cinematico si ottiene nella condizione di deriva nulla. Se i due angoli di sterzata sono uguali, significa che si ha il medesimo angolo di deriva per entrambe le ruote e quindi il rapporto di sterzata è uguale ad un uno. Il comportamento del veicolo è neutro. In questo caso il centro di curvatura effettivo si sposterà verso l’avantreno, lungo la circonferenza del raggio cinematico. Il raggio di curvatura si può approssimare costante ed uguale a quello cinematico, essendo il raggio di dimensioni molto maggiori rispetto al passo della moto. In questa ottica il comportamento è neutro, essendo influenzato solo dall’angolo imposto dal pilota ed indipendente da quello di deriva.

Nel caso in cui la deriva del pneumatico posteriore è minore di quello anteriore, il rapporto di sterzata è inferiore ad uno ed il comportamento è sottosterzante. Il raggio di curvatura sarà maggiore infatti la moto tenderà ad allargare la traiettoria. Nel caso contrario in cui l’angolo di deriva posteriore è maggiore (rispetto all’anteriore) il rapporto di sterzata è maggiore di uno. Il comportamento è sovrasterzante e lo slittamento del pneumatico posteriore riduce il raggio di curvatura (rispetto a quello cinematico) riuscendo a far percorrere la curva con una traiettoria più stretta. L’extra grip della gomma Michelin si oppone a tale comportamento che permetterebbe di essere più efficace in curva.

Definito il comportamento di un motociclo in curva, in funzione del raggio di sterzata, si sottolinea che esso dipende da svariati fattori geometrici – come l’avanzamento della forcella, passo, inclinazione asse di sterzo, dimensione delle ruote -, dalla distribuzione del peso e dalla rigidezza dei pneumatici. Le proprietà degli pneumatici sono fondamentali perché, come visto in precedenza, influiscono direttamente sugli angoli di deriva che a loro volta determinano l’angolo di sterzata effettivo. La maggior parte di questi fattori sono correlati tra loro e questo denota il classico fenomeno della ‘coperta corta’ che impedisce di risolvere un comportamento indesiderato in modo mirato. Nel caso in esame della Ducati, l’indesiderato sottosterzo. Vedremo se per il 2021, magari fin dai primi test invernali, i progettisti di Borgo Panigale riusciranno a trovare una soluzione efficace per migliore il comportamento ciclistico della Desmosedici tenendo conto dei tre fattori fondamentali che compongono il pacchetto moto-gomme-pilota.

HONDA: i miglioramenti in corso d’opera non sono stati sufficienti a colmare l’assenza di Marquez

Proseguiamo l’analisi, passando in esame la Honda, che nelle ultime stagioni ha dominato la MotoGp con il suo portabandiera Marc Marquez. L’assenza dello spagnolo ha destabilizzato i piani della Casa Alata per la stagione 2020, poiché i suoi compagni di squadra non sono mai riusciti ad avvicinare le sue prestazioni nemmeno nel passato. Mancando il punto di riferimento, la casa giapponese si è dovuta impegnare a rendere la moto efficace anche per gli altri piloti, che hanno uno stile di guida diverso e meno estremo di Marquez. Lo sfruttamento, a fondo, delle prestazioni della RCV213V da parte di un solo pilota, ha rappresentato nel recente passato probabilmente il limite maggiore del progetto. Infatti la moto è di per sé molto competitiva ma ugualmente complessa da portare al limite. Incentrare lo sviluppo su un solo pilota, seppur di fronte ad un campione plurivincente, può presentare il salato conto se per qualche motivo viene a mancare il suo apporto. Il discorso non è nuovo. E’ sufficiente andare a ritroso di qualche anno, per costatare le difficoltà affrontate dalla Ducati, nell’era dopo Casey Stoner, prima di risalire la china. Tornano alla Honda e al 2020, la stagione non era iniziata nel migliore dei modi nei test invernali. Lo stesso direttore dello sviluppo HRC, Takehiro Koyasu, ha così recentemente dichiarato: “Il 2020 è stato un vero disastro. Il motivo principale è che abbiamo faticato a far funzionare il nuovo pneumatico Michelin fin dai primi test invernali, ma con la situazione creata dalla pandemia di corona virus, è stato impossibile portare avanti il nostro programma di test. Inoltre siamo rimasti senza il pilota di punta, il che ha determinato il risultato di quest’anno.”

La mancata ottimizzazione tra moto e pneumatico si è ripercossa anche sulla capacità di accelerazione in uscita di curva con conseguente perdita di velocità di punta. Caratteristica fondamentale nella fasi concitate di gara che permette sorpassi ‘facili’ ai danni degli avversari. Prima dell’inizio della stagione 2020, l’obbiettivo in HRC era quindi di migliorare il comportamento generale della moto andando ad intervenire su diversi aspetti. Sia motoristici, cercando una maggior potenza senza andare a scapito della erogazione, sia ciclistici inseguendo un comportamento meno nervoso per rendere la RCV più facilmente sfruttabile. La ciclistica, ormai anche sul prodotto di serie, non può fare a meno di un adeguato pacchetto aerodinamico per essere sfruttata al meglio. Forse l’eccessiva carne al fuoco, ha creato della confusione in alcune aree di intervento, tant’è che nel corso del test si sono provate configurazione ibride tra materiale 2019 e 2020. La situazione alla partenza del campionato non era quindi rosea in casa HRC. L’infortunio di Marq Marquez, che comunque fino alla caduta nella gara inaugurale aveva una velocità in pista inavvicinabile dagli altri avversari, ha poi ulteriormente aggravato la situazione. Un miglioramento si ha avuto nel corso della stagione grazie a degli interventi effettuati sulla catena cinematica della sospensione posteriore per sfruttare al meglio la gomma Michelin. Questo ha portato ad un miglioramento dei risultati sia del miglior pilota Honda, Takaaki Nakagami, che ai podi dell’esordiente Alex Marquez. Per la nuova stagione 2021, la Honda sta lavorando per migliorare la gestione elettronica e per aumentare la potenza. Con il congelamento dello sviluppo non si può intervenire sui componenti omologati, quindi nessuna importante evoluzione motoristica è consentita. Le prestazioni saranno ricercate intervenendo su aspetti secondari quali aspirazione e scarico.

I quattro cilindri in linea di SUZUKI e YAMAHA sono la salvezza della Michelin. O il contrario?

Da quanto vista in precedenza sembra che la Michelin sia la causa dei ‘mali’ delle Case motociclistiche nella passata stagione. Non è così se l’architettura del motore adottata è quella in linea anziché a ‘V’ come si è visto per Honda per Ducati. Questo è il primo riscontro emerso dai test invernali ed in controtendenza rispetto alla stagione 2019. La nuova Michelin sembra si adatti meglio alle moto con i cilindri disposti linearmente. Suzuki e Yamaha, che condividono tale architettura, ringraziano. In effetti nel corso della stagione tale andamento si è confermato. Le sette vittorie Yamaha e la vittoria del campionato piloti della Suzuki sono incontrovertibili. Secondo Michelin, attraverso le parole di Piero Taramasso – responsabile della Casa francese sui campi di gara- non c’è alcuna motivazione tecnica che possa avvantaggiare una disposizione piuttosto che l’altra”.  A voler ipotizzare una motivazione tecnica, si può tener conto del minor ingombro longitudinale del propulsore in linea, rispetto ad un V4. Essendo più corto il gruppo motore-trasmissione primaria, si ha maggior libertà progettuale nella zona posteriore ad esso. Questo consente uno sfruttamento del maggior spazio offerto, per far lavorare al meglio la sospensione posteriore scegliendo l’opportuno dimensionamento degli organi meccanici che compongono la catena cinematica.

Non a caso, la Yamaha fa della ciclistica e delle qualità dinamiche i suoi miglior pregi. Questo le ha conferito il titolo di moto più ‘facile’ da guidare. La Suzuki, al suo rientro nella MotGP nel 2015, ha deciso di seguire la stessa filosofia prediligendo la ciclistica alla prestazione motoristica assicurata dal ‘V4’. Nelle stagioni passate però, i piloti Yamaha lamentavano anche una eccessiva usura dello pneumatico posteriore nella fasi finali della gara, fenomeno che grazie ad un lavoro di sviluppo e ad una miglior affinità con la nuova copertura è stato attenuato. Purtroppo per i tecnici di Iwata, nella stagione 2020, non hanno dovuto scontrarsi non con una carenza di prestazioni bensì con la mancata costanza delle stesse che poi di fatto ha impedito ai piloti Yamaha di vincere il titolo. La corona iridata dedicata alle marche sarebbe stata in realtà vinta se non fosse per la sanzione inflitta per il ‘caso valvole’. Sulla incostanza dei risultati è difficile trovare in maniera specifica il problema per risolverlo. Se il pacchetto moto-pilota è vincente in una gara, può capitare, dato il livello elevatissimo, che la gara seguente ci sia un peggioramento, ma non da giustificare posizioni ben oltre la decima posizione. In tal senso, una certa discontinuità del livello di performance dei piloti è stata ipotizzata e messa sul banco degli imputati. Il prossimo anno con lo scambio interno Rossi-Quartararo si spera che i piloti e le squadre possano trovare un migliore equilibrio per avere delle prestazioni sempre di alto livello. Accettabili i motivi di riduzione dei costi, però stride che il miglior pilota Yamaha 2020, Franco Morbidelli vice-campione 2020, sia l’unico a non avere nuovamente la moto con le ultime evoluzioni.

Altro problema storico, in comune con la Suzuki, è un certa mancanza di velocità massima rispetto alle moto con propulsore a ‘V’. Per chi volesse approfondire il confronto tra le due diverse architetture motoristiche rimandiamo a questo articolo. Come detto, a causa del congelamento dello sviluppo, non possono essere fatti stravolgimenti in tal senso. Per migliorare la velocità di punta occorrerà lavorare di ‘fino’ analogamente a quanto visto per la HRC, oppure concentrarsi sulla ricerca di una miglior penetrazione aerodinamica. Invece di erogare maggior cavalli si potrebbe risparmiare su quelli dissipati con l’attrito dell’aria. Ne abbiamo parlato approfonditamente qui , ma ricordiamo che la potenza assorbita cresce con il quadrato della velocità. Pertanto guadagnare anche solo una manciata di km/h in più (lasciando invariati gli altri parametri quale ad esempio la rapportata finale del cambio) è tutt’altro che semplice visto che gli attuali prototipi raggiungono e superano il 350 km/h. La Suzuki negli anni è stata vista come una Yamaha, condividendo parte della filosofia costruttiva, ma in generale leggermente meno competitiva. Complice l’ottimo bilanciamento raggiunto con la nuova gomma Michelin, e la costanza di risultati dei suoi giovani piloti (il campione del mondo Joan Mir e Alex Rins) nel 2020 ha colmato il distacco dalla rivale. Anche in rettilineo non viene più facilmente superata come in passato, a riprova del riuscito pacchetto gomme-ciclistica-taratura elettronica che permettono alla Suzuki di accelerare efficacemente in uscita di curva. Per il 2021 non ci sarà uno stravolgimento del progetto piuttosto sarà previsto un lavoro di affinamento per cercare di replicare i vincenti risultati della stagione appena conclusa.

Segue qui: SECONDA PARTE


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