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Prova Kawasaki W800: il fascino del classico (ben fatto)

LA PROVA – Ha quasi dieci anni (la moderna), ma continua una storia nata nel 1966 con la W1. La W800 nel 2019 è tornata a listino dopo un paio di anni di assenza ed ancora attualissima

Moto - Test: Prova Kawasaki W800: il fascino del classico (ben fatto)

Dopo alcuni anni di “discontinuità”, la W800 nel 2011 ha raccolto l’eredità della W650 che, a sua volta, alla fine degli anni ’90 aveva ripreso quei concetti introdotti nel lontano 1966 dalla mitica W1. Iconico modello della casa di Akashi, ebbe un successo planetario, partendo dal Giappone (ovviamente), ma per arrivare a conquistare anche il mercato americano e poi quello europeo. Da quella moto bicilindrica (dalla cilindrata di 650 cc) la attuale W800 eredita lo stile e non solo, sapientemente declinato in chiave moderna, con tutta la tecnologia che rende l’esperienza di guida all’altezza della migliore concorrenza. Le classic vanno di gran moda, il fascino del vintage ha portato quasi tutte le Case a sfoggiarne nelle loro gamme, ma la W800 è tra quelle di riferimento, tant’è che è una delle più amate per le realizzazioni di special (forse anche per il vezzo di non sfoggiare il logo nemmeno sul carter del motore). Intorno al suo telaio ed al suo bicilindrico ancora oggi si costruiscono opere uniche, che rendono la “W” quasi irriconoscibile, almeno agli occhi dei meno esperti. Sospesa a fine 2017 l’importazione in Italia, nel 2019 si è aggiornata (leggi Euro 4, ma non solo) ed oggi è declinata da Kawasaki in tre versioni: la essenziale Street, la Cafè dall’affascinante cupolino e questa “liscia”.

POCHE MOTO POSSONO VANTARE IL FASCINO DELLA SUA STORIA

Motore in bella vista (lucido e che simula esteticamente la “storica” distribuzione aste e bilancieri), telaio a doppia culla, ruote a raggi, parafanghi cromati in metallo, doppio ammortizzatore al posteriore, soffietti neri sugli steli della forcella anteriore, faro tondo, doppio strumento analogico, una lunga (e comoda) sella piatta trapuntata, l’elenco potrebbe continuare senza però portare ad identificare nessun modello specifico. Si, sono elementi comuni a tantissimi modelli, siano esse le antenate degli anni ’60 e ’70 o le moderne “Classic” che continuano a piacere ad una folta schiera di motociclisti. Allora cosa caratterizza la W800 rispetto alle concorrenti? Il fatto di interpretare alla perfezione il suo ruolo, senza troppi fronzoli e, soprattutto, senza alcuna caduta di stile. Poi, inutile dirlo, non nasce dal nulla, ma è figlia di una dinastia nata nel 1966, quindi dall’indubbio fascino rispetto ad una certa concorrenza che non può contare sullo stesso “Heritage”. Tornando all’estetica, gli unici dettagli concessi alla modernità sono quelli tecnici, come il disco freno sia all’anteriore che al posteriore o l’assenza dei carburatori (sostituiti dal sistema di iniezione ben celato anche agli occhi dei più attenti osservatori). Anche il filtro dell’olio è cromato e “tiene il gioco” di un aspetto davvero in perfetto stile. L’unica vera nota di modernità, anche se ormai è quasi un obbligo, è il faro a LED, oltre ad un piccolo LCD che integra i dati dei due strumenti (rigorosamente analogici e circolari). È posto all’interno di quello di sinistra, il tachimetro, offrendo solo i parziali del contachilometri, mentre per il resto ci sono una “manciata” di spie nel contagiri, incluse quelle della riserva e del folle. Altro non è (giustamente) concesso.

L’EVOLUZIONE DEL CUORE DELLA “W”

La “storica” W1, nel 1966 era potente ed innovativa, grazie al suo bicilindrico da 650 cc, un quattro tempi in grado di erogare 50 cavalli a 6.500 giri. Oggi la W800 è sempre bicilindrica parallela, con un propulsore a 4 valvole per cilindro, con una distribuzione che esteticamente simula quella ad aste e bilancieri, ma che in realtà ospita un alberino che porta il moto dal basamento alla testa, dove troviamo un singolo albero a camme. Il motore nel 2011 è salito a 773 cc (77 x 83 mm sono le sue misure di alesaggio e corsa) e vede (rispetto all’antenata W1) i carburatori cedere il passo (ovviamente) ai moderni iniettori (con farfalla di diametro da 34 mm), ma che resta fedele al cambio a cinque marce, oltre che alla lubrificazione a carter umido. La potenza è del tutto simile a quella dell’antenata, con 48 cv che vengono erogati a 6.000 giri e che oggi sono però un valore imposto anche dalla scelta di restare nella classe destinata a chi abbia la patente A2. La coppia è invece di 63 Nm (a 4.800 giri), mentre la W800 è oggi conforme alle norme Euro 4. Dopo oltre 50 anni di storia, anche se a qualcuno potranno sembrare simili nelle prestazioni e nell’aspetto, i motori della W1 e della W800 hanno ben poco in comune. Oggi il bicilindrico è fluido e regolare, perfetto per essere sfruttato fin dai 3 mila giri, senza giocare troppo con il cambio, come vedremo nelle nostre impressioni di guida.

CLASSICA E SEMPLICE NELLE SOLUZIONI, MA EFFICACE

Il telaio è un classicissimo doppia culla, realizzato con un tubolare in acciaio, abbinato all’anteriore ad una forcella con steli da 41 mm, mentre al posteriore la W800 adotta doppi ammortizzatori con regolazione del precarico della molla. Quant ai freni adotta dischi singoli, anche per l’anteriore, con un 320 mm ed un 270 mm dietro. Classiche anche le misure dei bei cerchi a raggi, che calzano pneumatici 100/90 19 all’anteriore, e un 130/80 18 al posteriore, di primo equipaggiamento solo le DUNLOP K 300 GP. Come per il resto della moto, si tratta di un compromesso che mette insieme un aspetto retrò con la moderna tecnologia, offrendo un ottimo grip. La W800 non è un peso piuma, non potrebbe esserlo alla luce del tipo di telaio e delle soluzioni adottate, con 221 kg in ordine di marcia, che però non si fanno mai sentire, grazie all’ottimo equilibrio generale ed a un’altezza della sella di soli 790 mm da terra.

NASCE PER PASSEGGIARE, MA SA FAR DIVERTIRE

Chi compra una W800 lo fa sicuramente perché gli piace come oggetto, per la sua estetica pulita, semplice e senza cadute di stile, non certo per guidarla “alla canna del gas” su una strada di montagna. Lei però è sicuramente in grado di stupire, perché è semplice, facile ed alla portata di tutti, ma anche efficace e senza alcun grosso difetto. Sa farsi amare un po’ da tutti, a sorpresa anche sa chi ama metterla un po’ alla frusta. Facciamo però un passo indietro, la W800 si fa subito apprezzare, è bassa di sella, comoda ed “a prova di donna” nella gestione del suo peso, dato che il motore è posto in basso ed il baricentro non la rende affatto impegnativa, anche da ferma. Il ponte di comando è decisamente in stile con la moto. Difficile capire che sia una moto prodotta nel 2020, se non per alcuni dettagli ben celati. I blocchetti sono essenziali e con tasti che sembrano venire da una moto di 50 anni fa, ma sono qualitativamente di buon livello. C’è solo l’essenziale: sulla sinistra indicatori di direzione, commutatore dei fari e clacson, sulla destra accensione e spegnimento. Manca perfino il tasto per lampeggiare con gli abbaglianti, in caso va usato il commutatore. Manubrio cromato, due strumenti circolari e contrasto tra il nero ed il lucido, queste sono le cose che si notato da subito e che appagano la vista di chi ami un aspetto senza tempo, come quello della W800. La accendi ed il bicilindrico gira regolare ed educato, in città lo ami perché è elastico e non impone un uso intenso del cambio, ma se lo si fa frullare un po’ non gli manca affatto il carattere.

Agli alti ha anche un bel sound, mentre in rilascio scoppiettano le due lunghe marmitte cromate che corrono lungo i fianchi della moto. A tratti (anche se tecnicamente non dovrebbe esserci un motivo) la sonorità in rilascio ci ricorda quella del “flat” del vecchio Maggiolino, proprio per il borbottio discreto degli scarichi. Cambio e frizione sono promossi con ottimi voti, con innesti morbidi e una leva morbida e precisa. Manca la sesta, ma la rapportatura è buona e non ne fa sentire l’assenza. Digerisce bene le asperità cittadine, ma la forcella non è troppo cedevole e la W800 si guida bene anche ad andature più sostenute. Ama ovviamente una guida tonda e fluida, è maneggevole nelle manovre a bassa andatura, mentre chi volesse divertirsi a cercare il suolo con i piolini delle pedane ha il divertimento assicurato. Senza strafare, ma godendosi un limite che è straordinariamente più elevato di quanto non si possa pensare.

Lo abbiamo scoperto, ad esempio, in un giretto serale, accompagnati da un collega in sella ad una moto decisamente più sportiva. Giunti a destinazione ha apprezzato sia l’andatura “allegra” che la W800 era riuscita a tenere, che l’effetto delle scintille in curva nel buio nei tornanti, mentre nemmeno ci eravamo accorti di essere “appoggiati” alle pedane. Difetti? Vibra un po’ ai medi, mentre la frenata è buona, ma quando servono spazi ridotti bisogna spremere la leva per ottenere un risultato comunque buono, ma non ottimo. Inutile dire che non nasce per questo, poi come lamentarsi pensando che nel passato, nemmeno troppo lontano, al posteriore c’era ancora il tamburo (la W800 del 2011 era “rinata” con questa soluzione che oggi – anche per una maggior semplicità di gestione con l’ABS – è praticamente scomparsa)?

IL PREZZO ED I CONSUMI

Quanto al prezzo, la Kawasaki W800 parte dalla Street, a listino sotto la soglia dei 10 mila euro (9.840), mentre sale a quota 10.640 euro la più “stilosa” Cafè, in una bella colorazione Metallic Magnesium Grey / Galaxy Silver e con un cupolino molto retrò. In mezzo la new entry 2020, la W800 “liscia” che abbiamo provato, che si attesta a 10.040 euro e che è disponibile unicamente in questa colorazione Metallic Dark Green.

Il serbatoio da 15 litri garantisce invece autonomie di tutto rispetto, dato che il bicilindrico è parco, non scendendo quasi mai sotto i 25 km/l. Le sue rivali dirette oggi si chiamano Triumph Bonneville e Guzzi V7, mentre la Honda CB 1100 sale in potenza (con i suoi 90 cv), ma anche nel prezzo, lasciando quasi solo lo stile estetico a fattor comune con le altre classic di fascia “A2”.

PIACE - Estetica, facilità di guida, equilibrio generale

NON PIACE - Qualche vibrazione ai medi, frenata buona ma migliorabile

Foto di Roberto Cassago

ABBIGLIAMENTO UTILIZZATO

Casco: Vemar Chopper 66 Sparkling Black

Maschera: Ariete Feather

Giacca: Alpinestars Crazy Eight

Guanti: Alpinestars Rayburn V2

Jeans: Alpinestars Copper V2

Scarpe: Alpinestars J-6 Waterproof

 

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