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MotoGP, Rossi & Alonso: 40enni d'assalto, quella voglia matta di correre

I destini incrociati di Valentino e Fernando, due campioni fra successi e sconfitte ma ancora in pista. La differenza tra fare il pilota ed esserlo

MotoGP: Rossi & Alonso: 40enni d'assalto, quella voglia matta di correre

Uno è nato a Tavullia nel 1979, l’altro a Oviedo due anni dopo, entrambi con lo stesso morbo, quello della velocità. Il primo lo ha  curato con le due ruote, il secondo con le quattro. Valentino Rossi e Fernando Alonso hanno molto in comune e no, non ci riferiamo all’attuale compagna dello spagnolo che lo fu anche dell’italiano.

I due hanno la stessa passione che brucia nelle vene, tanto da infischiarsene di età o risultati non più a livello della loro leggenda. Valentino e Fernando vanno per la loro strada, il più veloce possibile, consapevoli di non avere più niente da dimostrare e che si può essere egoisti continuando a fare divertire i tifosi ogni domenica e facendo orecchie da mercante alle inevitabili critiche.

Rossi ha vinto il suo ultimo titolo nel 2009, Alonso nel 2006 ma questo non li ha fermati. Hanno continuato a correre, incuranti delle difficoltà e delle nuove generazioni che volevano quello che era stato il loro palco per la ribalta. Un anno dopo l’altro fino ad arrivare a superare la soglia dei 40, limite mentale e sociale, forse solo un altro traguardo da tagliare. Il Dottore lo ha già fatto, Fernando lo farà, il prossimo anno, quando tornerà a correre in Formula1 dopo averla lasciata due anni fa.  Due splendidi quarantenni, per dirla con il Moretti di Caro Diario. Che per altro lo pensava andando in Vespa, casco sulla testa, come i due piloti.

Ed è la vecchia differenza fra fare il pilota ed esserlo. Innegabilmente i due appartengono alla seconda categoria. Valentino non ha rinunciato nella sua carriera a qualche scappatella con le auto, fra le tentazioni della Formula1, i rally e l’ultima puntata ad Abu Dhabi. Alonso ha risposto con la 24 Ore di Le Mans (vinta come il Mondiale Endurance), la Indycar (dove non è andata altrettanto bene) e perfino la Dakar. Basta che ci sia velocità e tutto va bene. Tanto che qualche mese fa, Fernando ha invitato il Dottore a sfidarsi sul circuito de la Sarthe, tanto per chiudere il cerchio. Ipotesi affascinante e per nulla impossibile in futuro.

Intanto ognuno pensa al suo futuro, non preoccupandosi troppo del passato. Che per entrambi (altra coincidenza) è stato in rosso, un colore che non ha portato fortuna. Alonso in Ferrari per il dopo Schumacher, Rossi in Ducati a sostituire Stoner, due storie che hanno fatto sognare i tifosi all’annuncio ma che si sono rivelate un incubo. Nel 2011 e nel 2012 si incrociarono perfino alla presentazione sulle nevi organizzata dal comune sponsor, foto e sorrisi, ma poi in pista le cose andarono male. Valentino decise di tornare al vecchio amore, la Yamaha, Alonso resistette un po’ di più (e con migliori risultati) prima di passare alla McLaren, senza più potersi esprimere ai livelli consueti.

Il ritiro però no, per nessuno dei due, anche in anni che avrebbero distrutto piloti senza i loro blasoni. Hanno continuato, lottato, cercato di fare vedere che il talento non si compra al mercato e che non invecchia. O forse sì, ma quando se ne ha così tanto ce n’è sempre ancora abbastanza, e poi la passione, che invece sembra continuare a crescere, si alimenta curva dopo curva e cerca ancora un altro traguardo, un’altra bandiera a scacchi sotto cui passare con i pugni alzati e il sorriso sotto la visiera.

Eccoli lì, negli anta con la voglia di un ragazzino, con forse qualche pensiero in più e la consapevolezza che i giri stanno finendo, ma desiderosi di farli tutti. Fino alla fine. Alonso ha già deciso, la Formula1 lo rivedrà. Rossi aspetta di partire con questa stagione della MotoGP per poi dire che vuole continuare. Un anno almeno, ma forse due, perché portare armi e bagagli in un’altra squadra è comunque un impegno e allora tanto vale allungare ancora un po’.

Però senza essere la guest star di un film con altri protagonisti, quello no, non piace a nessuno. Anche se lo specchio mostra qualche capello bianco, le fessure delle rughe intorno agli occhi, lo spirito è sempre quello. Con l’incoscienza dell’adolescenza che cerca ancora di farsi sentire, con l’amore per le corse che fa battere il cuore, con la maturità che dice loro di non preoccuparsi troppo di quello che gli altri pensano.

La visiera che si chiude, il semaforo si spegne, i giri del motore che si impennano. È tutto quello che conta, a 40 come a 20 anni. Un altro giro per Rossi e Alonso. Gentlemen start your engines.

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