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MotoGP, Pedrosa: "Statistiche? Ho vinto più di Rainey ma lui era un marziano"

"Ogni pilota ha la sua magia. Quando vincevo sentivo una sensazione di pace. Si vorrebbe che tutti i piloti fossero come Valentino nelle relazioni, a me costava tanto"

MotoGP: Pedrosa: "Statistiche? Ho vinto più di Rainey ma lui era un marziano"

Dani Pedrosa è stato protagonista, insieme al crossista Jorge Prado, di Carreras cruzadas, il nuovo podcat di Red  Bull condotto da Vanessa Guerra.

Per il collaudatore di KTM è stata l’occasione di ripercorrere la sua carriera e raccontare degli aspetti insoliti delle corse. A iniziare da cosa si prova a vincere una gara.

Non so tradurre in parole le sensazioni che si provano quando si vince - ha ammesso - Anche quando non riesci a vincere per un anno intero, per vari motivi, è una sensazione così speciale da continuare a cercarla anche se non arriva. Anche se è un qualcosa che dura poco, il tempo del podio o dell’ultimo giro. Posso descriverla come una sensazione di pace. Mi ricordo che la provavo in 125 e 250, quando ero in viaggio per tornare a casa, mi dicevo: il lavoro è stato fatto bene”.

Il passaggio alla classe regina cambia un po’ le cose, la pressione è totalmente differente.

A livello mediatico, quando arrivi in MotoGP, è come passare dal giorno e notte, è tutto più inteso - ha spiegato - In MotoGP non devi solo andare in moto, devi gestire la stampa, gli sponsor, e io sono un tipo introverso, mi costava molto. A volte mi chiedevano se avessi qualcosa, ma in realtà ero tranquillo. Valentino è un pilota che fa sempre divertire la gente, si vorrebbe che tutti fossero come lui, ma io ho sempre avuto il mio carattere.

Dani ha anche parlato degli inizi della sua carriera.

Ho discusso un anno con mio padre se continuare ad andare in moto o studiare, poi ho deciso per le moto, me lo diceva il cuore. Ma è stato più difficile convincere mia mamma - ha sorriso - Facendo il pilota perdi la giovinezza, quel periodo tra i 15 e i 20 anni quando tutti pensano solo a divertirsi, non vivi come tuoi amici. Viaggiavo, facevo altre cose, ero sempre concentrato e pensavo agli allenamenti. Non mi pento di nulla, ma maturi prima”.

Diventare pilota, per Pedrosa ha significato anche potere incontrare i miei idoli.

“Guardavo le gare con mio papà, agli inizi degi anni ’90 c’erano Rainey, Schwantz, Doohan, poi è arrivato Criville. Seguivo la 500, non conoscevo molto delle classi minori. Mi piaceva molto Mick e quando lo conobbi di persona, era ancora un pilota, lo trovai diverso da come me l’ero immaginato. Non parlavo molto inglese, non capii tutto  quello che mi diceva, ma lo trovai abbastanza serio. Rainey invece mi sorprese, lo vedevo sempre super concentrato ma di persona era l’opposto, molto aperto”.

Dani ha anche detto che non gli piacciono i confronti fra piloti, soprattutto di generazioni diverse.

Ogni pilota fa le cose a suo modo, ognuno ha la sua magia. Alla fine si guardano i numeri, ma non mi è mai piaciuto - ha affermato - Se mi dici ho vinto più gare di Rainey ti rispondo che non posso crederci, per me lui era un marziano”.

Pedrosa ha anche parlato dei tanti infortuni che ha avuto.

Perché i piloti vogliono tornare in pista il prima possibile? Perché non ci sono altri che prendono punti per te, il campionato non si ferma - ha spiegato - Molte volte ho avuto lesioni che ho tenute segrete al team e alla stampa, non era nulla di grave. Ci sono momenti in cui puoi forzarti, devi farlo anche a livello mentale, è importante porsi delle prove e passarle per tenersi forte di testa

Infine, Dani ha ricordato il suo primo e l’ultimo GP.

La prima volta non sai cosa succederà, l’ultima invece sì - ha sorriso - È triste, è il momento di smettere di fare quello che più ti piace ed è difficile”.


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