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Il cuore Wankel della 787B che fece innamorare Valentino Rossi

VIDEO E STORIA Wankel Mazda: dalla RX-7, fino alla RX-Vision, passando per la RX-8. Modelli che hanno fatto la storia del marchio giapponese e che, anche grazie al motore rotativo, hanno lasciato il segno nel tempo.

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Dopo la vittoria su Marquez nel Gran Premio d'Olanda, ad Assen, nel 2015, Valentino Rossi raggiunse un altro importante traguardo: una apparizione a Goodwood.

"Negli ultimi dieci anni – spiegò Lord March, il 10° duca di Richmond il cui padre dette il nome alle famose monoposto di F.1 - Valentino Rossi è sempre stato con noi in spirito, finalmente l'abbiamo qui in persona. E siamo veramente felici".

Lui più di tutti, però, visto che avendo la possibilità di scegliere cosa guidare si calò nell'abitacolo di una Mazda 787 B, il prototipo con motore rotativo Wankel che vinse la 24 Ore di Le Mans nel 1991 e sapete perché? Lo spiegò lo stesso Valentino "perché era la macchina che usavo per giocare con la Playstation quando avevo dodici anni. E fa un rumore incredibile".

L'INCREDIBILE NASCITA DI UN PROPULSORE CHE HA FATTO STORIA

La prima generazione della Mazda RX-7, debuttò nel 1978, adottando il particolare motore rotativo da cui prende il nome stesso dal suo inventore Felix Wankel. Felix era un giovane talento, che ebbe l’idea del propulsore rotativo e, all’età di 27 anni, ne registrò un primo brevetto nel 1929 (e morì ricco grazie a questa sua intuizione). Qualcuno lo considera uno dei flop della storia dei motori, sicuramente ha avuto una vita piuttosto travagliata.

La prima auto ad adottarlo fu la NSU Prinz nel 1966, in pochi sanno però che ebbe una carriera anche nel mondo delle due ruote. Siamo negli anni ’70, Yamaha ed Honda rinunciano prima di arrivare alla produzione, mentre nel 1974 arriva un prototipo Suzuki, la RX 5, che anticipa il modello di serie RE5. Problemi di affidabilità ne anticiparono l’uscita di scena nel 1976. Anche Norton si cimentò con il Wankel, verso la fine degli anni ’80, arrivando a portare in gara una moto con questo tipo di propulsore, che conquistò anche alcuni successi tra cui Steve Hislop che vinse il Senior TT in sella alla Norton RCW588, il 6 giugno del 1992.

Nel mondo delle auto il marchio che ha legato più di tutto il suo nome al propulsore rotativo è indubbiamente Mazda, con oltre 2 milioni di auto prodotte con questa motorizzazione. Tra queste indimenticabile è la RX-7. La prima coupé di Hiroshima a portare questo nome aveva un peso che superava di poco la tonnellata e la potenza del motore “12 A” era di circa 100-135 CV, a seconda del mercato.

In seguito il motore 12 A, ovvero il doppio rotore Wankel dalla cilindrata di 1.146 cm³, fu affiancato al turbo e raggiunse una potenza massima di 160 CV, disponibile solo per il mercato del Sol Levante.

La RX-7 aveva una straordinaria linea filante e vantava di un ottimo lavoro svolto sull'aerodinamica. Le prestazioni della vettura erano eccellenti. Infatti la trazione posteriore, unita alla maneggevolezza di guida, rendeva il tutto entusiasmate.

Nel 1986 si passò dalla piattaforma FB alla FC e la RX-7 (di seconda generazione) portò il proprio motore a 1,3 litri. Il propulsore sovralimentato con turbocompressore erogava una potenza di 150 CV. Successivamente una nuova versione a doppia turbina si spinse fino 180 CV e poi a 200. Questo propulsore riusciva a far segnare un tempo di circa 6 secondi per passare da 0 a 100 km/h e la velocità massiva raggiungeva i 240 Km/h.

La FD fu l’ultima generazione della RX-7, realizzata dal 1992 al 2002. Era di una bellezza incredibile, il design richiamava le tipiche vetture da “Fast & Furious” e, ancora oggi, esteticamente fa impallidire molte delle attuali sportive della concorrenza.

Il motore 13 B vantava una potenza di 239 CV e lo scatto da 0-100 avveniva in soli 5,3 secondi, per una velocità massima di 250 km/h. Una due posti che pesava solo 1.300 kg.

In Giappone il modello arrivò addirittura a 280 CV, mentre per gli altri Paesi le norme antinquinamento più esigenti determinarono il ritiro dal mercato.

La Mazda RX-7 rimarrà nella storia per essere la vettura rotativa più venduta, con oltre 800.000 unità prodotte tra il 1978 ed il 2002.

PERCHE’ SI' AL MOTORE WANKEL: POTENZA E ZERO VIBRAZIONI

Facciamo però un passo indietro. Senza entrare troppo nel tecnico descrivendone in dettaglio il suo funzionamento, possiamo sintetizzare rapidamente i suoi vantaggi rispetto ad un motore tradizionale.

Non vedendo la presenza di parti in moto alternato ed essendo molto leggero (non ha alberi a camme, valvole ed elementi di trasmissione del moto), il motore Wankel risulta essere poco rumoroso, ha vibrazioni bassissime e, soprattutto, eroga una potenza nettamente superiore a parità di cilindrata.

PERCHE' NO AL MOTORE WANKEL: CONSUMI E COMPLESSITA'

Gli svantaggi invece sono legati alla scarsa tenuta dei segmenti (anche se non è propriamente corretto chiamarli così, dato il funzionamento completamente diverso rispetto ad un motore con i classici pistoni), mentre l’efficienza non è mai stata molto elevata, con conseguenze negative sui consumi, oltre che sulle emissioni inquinanti e sulle temperature d’esercizio. Infine l’elevata complessità nella realizzazione del rotore e dello statore l’hanno reso di fatto un “vezzo” solo per Mazda, unica casa ad investirci e crederci così a lungo e seriamente.

La casa giapponese ha sempre creduto nel motore rotativo, sin dal 1967. La prima vettura Mazda a montarlo fu la Cosmo Sport 110S. Già in quegli anni il consumo eccessivo di carburante, unito alla crisi petrolifera, iniziò a far avere dei dubbi circa l’opportunità nel proseguire la strada con il Wankel. Nel 1974, l’allora capo di ricerca e sviluppo di Mazda, Kenichi Yamamoto, sostenne con forza che il motore rotativo fosse cruciale per l’azienda, anche come elemento distintivo. E fu così che la RX-7 divenne un successo.

In tutta sincerità poi, il motore Wankel non è stato così longevo e di successo rispetto a quanto non si sperasse a quell’epoca, ma con le dovute eccezioni e con uno dei successi più importanti che si possano ottenere.

LA VITTORIA ALLE 24 di LE MANS CON IL QUADRIROTORE

Il 23 giugno del 1991 infatti, l’equipaggio formato da Johnny Herbert, Volker Weidler e Bertrand Gachot, vinse la 24 Ore di Le Mans alla guida della Mazda 787B.

La 787B montava un quadrirotore Wankel. Ogni rotore era dotato di 3 candele di accensione e la cilindrata unitaria di 654 cm³ portava a quella totale di 2.616 cm³.

La potenza era di circa 700 CV e riusciva a spingere la 787B alla velocità massima di 340 km/h. Una vettura che pesava solo 830 kg, realizzata con una monoscocca in fibra di carbonio. Il cambio era meccanico sequenziale a 5 rapporti e la trazione posteriore. Una vittoria che resterà per sempre nella storia.

IL RITORNO CON LA RX-8: LA FINE PER LE NORME ECOLOGICHE

Il marchio nipponico si è sempre contraddistinto nel seguire le proprie tradizioni e, tutt’oggi, continua a produrre auto emozionali, non semplici mezzi di trasporto.

Ne è una dimostrazione il fatto che, nel 2003, presenta la RX-8 spinta da un nuovo motore Wankel. La cilindrata è sempre di 1.300 cm³. Il motore è anteriore e conserva la trazione posteriore. Di serie monta il differenziale a slittamento limitato. I due rotori da 654 cm³ sviluppano una potenza di 231 cavalli. L'auto spinge forte già dai 1.000 giri, fino ai 9.000 ed il cambio manuale a 6 rapporti è eccezionale. La velocità massima dichiarata è di 235 km/h e lo scatto da 0 a 100 km/h avviene in 6,4 secondi. Quasi come la cilindrata, anche il peso segna circa 1.300 kg.

Singolare e innovativo è il design della RX-8, curato da Ikuo Maeda. Una delle caratteristiche peculiari è l'apertura delle porte posteriori controvento, “a libro”. Anche in questo caso, le normative antinquinamento sempre più severe, specie in Europa, ne decretarono il ritiro dal mercato, ma la sua carriera durò fino al 2012.

Tra i suoi pregi ricordiamo la guida divertente, era un’auto turistica e confortevole, ma con una eccellente tenuta di strada, una grandissima facilità anche nella guida più sportiva in pista e con il vantaggio della ottima potenza del motore. Tra gli svantaggi invece, possiamo citare la scarsa comodità per i passeggeri posteriori, i consumi elevati ed il motore alquanto delicato. Di fatto però, più che avere problemi di affidabilità, il suo motore richiedeva una manutenzione piuttosto frequente e costosa, oltre che avere un ingente consumo di olio, che se non rabboccato, portava ovviamente a gravi danni.

Impossibile non citare infine la RX-8 Hydrogen RE, una versione bi-fuel dove il 1.3 Wankel Renesis era in grado di funzionare sia alimentato a benzina che ad idrogeno.

LA CONCEPT RX-VISION PER CONTINUARE A SOGNARE

Il motore rotativo è forse il simbolo più rappresentativo dello spirito “challenger” di Mazda. La Mazda RX-Vision, o meglio la Concept RX-Vision, mantiene il posizionamento del motore anteriore e la trazione posteriore. Grazie alla tecnologia SKYACTIV-R, il motore rotativo esprime la sua determinazione ad offrire ai propri clienti un’esperienza senza compromessi.

La RX-Vision, pur non avendola mai vista in azione dopo il suo debutto nel 2015, ha da subito collezionato tantissimi premi come, ad esempio, il premio “Most Beautiful Concept Car of the Year” al 31° Festival Automobile International ed è stata la vincitrice nella Car Design Award 2016 nella categoria Concept cars.

Merito anche della filosofia progettuale KODO – Soul of Motion. Sfoggia linee filanti, mentre il classico schema con motore anteriore e trazione sulle ruote posteriori lascia intuire senza alcun dubbio che le performance della RX-Vision sono da sportiva di razza. Sembra essere un felino che si appresta ad attaccare la preda.

IL FUTURO DI WANKEL IN MAZDA?

Dopo quasi un secolo dal primo brevetto, possiamo dire che il Wankel ha avuto una storia travagliata, con alti e bassi, forse non proprio quello che si potesse sperare, ma pur sempre interessante. Le ultime notizie sono che l’azienda di Hiroshima ha recentemente sviluppato il prototipo Mazda2 EV, dotata di un piccolo motore Wankel a singolo rotore, utilizzato come range extender per ampliarne l’autonomia “elettrica”.

Gli ingegneri giapponesi stanno attualmente studiando un sistema simile anche per la Mazda MX-30, il nuovo crossover che arriverà quest’anno nelle concessionarie con una versione elettrica.

Da alcune indiscrezioni sembra invece probabile che la futura RX-9, a discapito del suo nome, potrebbe montare un “classico” motore a benzina a sei cilindri in linea. Lo SkyActiv-X dovrebbe erogare circa 400 CV.

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